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Il “Long Covid” un problema che affligge milioni di persone in tutto il mondo

Ci sono persone che dopo mesi dalla guarigione di una forma non grave di Covid19 si sentono sfinite anche dopo una breve corsetta, mentre prima facevano senza problemi ore di esercizio fisico, altre che dopo molti mesi non hanno ancora recuperato l’olfatto, o che se la hanno recuperato hanno la percezione di molti odori alterati.

Altri ancora si portano dietro per mesi una tosse fastidiosa che provoca fitte al petto e da una sensazione sgradevole di apnea. La sintomatologia di quello che popolarmente è chiamato Long Covid e che invece l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) preferisce definire sindrome post-Covid, colpisce anche la parte cognitiva di alcune persone con seri problemi di concentrazione e una grande fatica nel memorizzare nozioni e informazioni.

Non si tratta di casi rari purtroppo. Nel gennaio di quest’anno, l’Office for National Statistics del Regno Unito ha reso noto che il 2% degli abitanti del paese, circa 1,3 milioni di persone soffrirebbe di sintomi da Long Covid. Sintomi di un malessere non riconducibile ad altre malattie. Tra costoro il 60% riferiva sintomi che impedivano alcune attività quotidiane e un altro 20% lamentava una seria limitazione della propria autonomia.

La definizione della sindrome post-Covid è stata rilasciata dall’OMS soltanto nell’ottobre del 2021 e recita così:

la condizione post-COVID-19 è presente se una persona con un’infezione da SARS-CoV-2 probabile o confermata sviluppa sintomi entro tre mesi dall’infezione, se questi sintomi persistono per almeno due mesi e se non si riesce a spiegare la causa di questi sintomi con un’altra diagnosi. Secondo l’OMS, i sintomi più comuni includono: affaticamento (esaurimento), mancanza di respiro e deterioramento cognitivo (nebbia cerebrale)“.

Secondo l’OMS, i sintomi possono ripresentarsi dopo un iniziale recupero da COVID-19 o semplicemente persistere dopo la malattia iniziale. I sintomi possono manifestarsi a raffiche o tornare improvvisamente dopo quella che si crede sia una guarigione. La definizione del Long Covid è importante anche per differenziare questa dalla sindrome post terapia intensiva (PICS) che è comune nelle persone che hanno avuto infezioni da Covid19 gravi e che pertanto hanno necessitato di un lungo periodo di degenza nei reparti di terapia intensiva.

Allo stato attuale delle conoscenza il post-Covid sembra essere una complicazione più da adulti che da età pediatrica, soprattutto per la sintomatologia fisica, mentre per quella psichica anche i bambini tendono a soffrire di problemi di concentrazione seri, difficoltà a separarsi dai genitori anche per brevi periodi, cefalee e perdita d’appetito.

Oggi sappiamo che Covid19 è una malattia sistemica anche se le sue forme più gravi e letali sono in larga misura legate all’apparato respiratorio. Oltre appunto ai problemi respiratori si annoverano effetti cardiocircolatori anche gravi, alterazioni neurologiche che portano a deficit cognitivi, alterazione di odori e sapori, affaticamento e senso di spossatezza anche a mesi dalla negativizzazione, problemi dermatologici, tra cui la perdita di capelli (che fortunatamente lentamente ricrescono), ansia, depressione e alterazione del ciclo sonno-veglia.

Il post Covid in pneumologia

Come abbiamo già accennato nei pazienti gravi che hanno necessitato di un prolungato ricovero in terapia intensiva i sintomi del post Covid si “mescolano”, per così dire, con la sindrome post terapia intensiva. Programmi di riabilitazione polmonare (RP) personalizzati e multidisciplinari (in presenza o a distanza) hanno dimostrato efficacia nella capacità di eliminare la dipendenza da ventilazione meccanica, nel favorire la rimozione della tracheostomia e di altri presidi. Tali programmi si sono dimostrati efficaci anche sul recupero della fonazione nei pazienti sottoposti a intubazione orotracheale, del controllo del tronco, della deambulazione, dell’autonomia nelle ADL; sono inoltre efficaci nel ridurre la desaturazione e la dispnea indotte dallo sforzo, migliorare la tolleranza allo sforzo, ridurre la percezione di fatica, l’ansia e la depressione.

Il post Covid in cardiologia

Dolori al petto, aritmie e palpitazioni, senso di affaticamento, sbalzi di pressione sono i sintomi più frequenti del post Covid in ambito cardiologico. La spiegazione più plausibile è la persistenza di alcuni stati infiammatori della fase acuta che possono provocare la comparsa o il prolungarsi di miocarditi e pericarditi. Chi ha avuto una malattia grave può essere a maggior rischio di trombosi, tromboflebiti ed embolie polmonari. L’aspetto positivo per questi pazienti che sono stati ospedalizzati per forme gravi di problemi cardiaci che il tasso di mortalità sembra ridursi notevolmente poche settimane dopo le dimissioni.

Il post Covid in neurologia

I sintomi neurologici più diffusi che persistono dopo un’infezione di Covid19 sono: maggiore difficoltà a concentrarsi (si parla in questo caso di nebbia mentale), difficoltà di memorizzazione, un recupero incompleto o assente della capacità olfattive e degustative. Ancora oggi i meccanismi di questa sintomatologia e la genesi della sua evoluzione non sono del tutto chiari e quindi rendono difficile stilare una prognosi per le persone affette da un post-Covid di origine neurologica.

A studiare il legame tra Covid e quelle che si chiamano anosmia (perdita dell’olfatto) e ageusia (incapacità di sentire i sapori) sono, sin dall’inizio della pandemia, scienziati di tutto il mondo.
Perché il fenomeno è consistente: circa la metà dei pazienti colpiti dal virus lamenta difficoltà nel percepire gli odori; uno su quattro ha problemi con il senso del gusto. E spesso i disturbi si manifestano insieme: perché i sensi di gusto e olfatto sono strettamente interconnessi e perché altrettanto connesse sono le aree cerebrali che ne regolano il funzionamento.

L’allenamento olfattivo è l’unico intervento specifico per la malattia con prove consistenti di efficacia nel trattamento della perdita olfattiva post-virale, anche se produce risultati significativi soltanto nel 40% dei pazienti. Per ovviare a questo “arsenale curativo” molto limitato si segue la strada del contrasto della neuroinfiammazione persistente delle vie olfattive attraverso la somministrazione di neuroprotettivi e antinfiammatori come la Palmitoiletanolamide (PEA) e Luteolina (PeaLut); sostanze selezionate in base al loro meccanismo di diminuzione della neuroinfiammazione. Fortunatamente con l’avvento dei casi “Omicron” la perdita o l’alterazione di gusto e olfatto è diventato un sintomo molto meno frequente.

Il post Covid in dermatologia

In campo dermatologico la sintomatologia più frequente in alcuni malati Covid è la comparsa di eruzioni papulo squamose e di un abbondante caduta dei capelli. Inoltre si segnalano rash orticari pruriginosi di entità variabile che possono perdurare diversi mesi dopo la negativizzazione. Un primo passo per una corretta diagnosi è la comparsa del “dermografismo“, ovvero la possibilità di “scrivere sulla pelle“, cioè favorire la comparsa di segni sulla superficie cutanea esercitando una pressione lineare in movimento.

Facendo scorrere sulla superficie cutanea un oggetto dalla punta arrotondata o smussata, è possibile osservare la formazione di una stria in rilievo di colore bianca o rosso acceso. Una risposta di questo tipo indica che le cellule mastocite, presenti in molti tessuti, sono infiammate.

Conclusioni

Prendere coscienza della rilevanza e della complessità di trattamento del post Covid significa approntare nuovi modelli organizzativi, di monitoraggio, ricerca e infine terapeutici per venire incontro ai milioni di persone che in tutto il mondo sono costrette a questo “secondo round” con un’insidiosa malattia multisistemica.

In Italia a fine 2021 è stato avviato un nuovo progetto, finanziato dal ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), sulla sorveglianza del long Covid. Intitolato “Analisi e strategie di risposta agli effetti a lungo termine dell’infezione Covid-19 (long Covid)” si propone non solo di monitorare gli effetti a lungo termine dell’infezione per accrescerne le conoscenze e per uniformarne l’approccio e la gestione clinica a livello nazionale, ma anche di realizzare una mappa dei centri di cura.

Un aiuto involontario ci proviene dall’insorgere di nuove varianti come Omicron, che riducono sensibilmente alcune delle sintomatologie post Covid presenti negli altri ceppi virali, ma ne mantengono o introducono altre. Certamente il combinato disposto di vaccinazione, antivirali e anticorpi monoclonali associate all’inevitabile prudenza può determinare, come faticosamente sta avvenendo in queste settimane in Italia, un calo della platea dei soggetti infetti e conseguentemente della percentuale di coloro che svilupperanno forme di long Covid successivamente alla negativizzazione.

Una cosa è certa questa sindrome non scomparirà del tutto e soprattutto in autunno e in inverno troverà “brodo di coltura” nelle persone più anziane e fragili che si ammaleranno di Covid19.

Fonti:

Le Scienze, maggio 2022, ed. cartacea

nursetimes.org

alcune voci di Wikipedia

repubblica.it

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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