giovedì, Settembre 19

Il nudo nichilismo in cui è immersa la vita. Il ciclo dei tre romanzi brevi di Cesare Pavese

Tre romanzi brevi, una sorta di trilogia. Si tratta di un ciclo di romanzi (tre, per l’esattezza) di Cesare Pavese sui quali, forse, la critica si è divisa di più e lo stesso autore ha guardato ad essi, nello scriverli e nel presentarli, quasi come a un ciclo letterario complesso e di non facile interpretazione.

La bella estate” è il primo dei tre romanzi – gli altri due sono “Il diavolo sulle colline” e “Tra donne sole” – che costituiscono il volume omonimo pubblicato nel 1949, e che sono impostati su temi precedenti toccati dall’autore ma che in questi tre romanzi brevi vengono approfonditi nel proprio sviluppo e, dunque, perfezionati nella strutturazione e nello stile.

La bella estate“, in particolare, riprende il motivo della solitudine, che Cesare Pavese aveva già trattato nel romanzo “Carcere“, ma adesso in una situazione del tutto diversa in quanto è la solitudine dell’adolescenza impersonata nella tenue e delicata figura della protagonista Ginia coi primi turbamenti e le prime speranze, coi primi timidi approcci, e perciò con l’esperienza dell’amore e del sesso, che alla fine di un’estate vissuta intensamente si trasformeranno in solitudine.

Quella solitudine che nasce a Ginia spontanea dall’amarezza del disinganno dopo che Guido, il pittore a cui l’aveva presentata un’amica, quando ha approfittato di lei, della sua innocenza, del suo sentimento puro, le mostra ormai soltanto noia e fastidio.

Il romanzo, scritto fin dai primi anni ’40, fu pubblicato solo anni dopo, forse perché Cesare Pavese capì che quei particolari temi dell’amore e della delusione, dell’innocenza e del peccato meritavano uno sviluppo più ampio e più complesso, che è quanto avviene negli altri due romanzi.

Un’efficace ricostruzione dell’alta società borghese, vista nel suo sfacelo morale di vizio, egoismo, di cinismo, è ciò che più colpisce ne “Il diavolo sulle colline” (il secondo romanzo). Le vicende, che sono varie e intricate, ruotano intorno al comportamento di due coniugi, Poli e la moglie Gabriella. Poli conduce un’esistenza corrotta fra alcool e droga dei quali, tuttavia, ne è disgustato e dice che aspira alla purezza e all’integrità morale.

Nella villa del Greppo, dove vive, si consumano momenti torbidi e spesso inquietanti fra la moglie Gabriella e tre giovani amici di Torino che vengono a trovarlo. Un mondo chiuso e oscuro fatto di corruzione e di disfacimento sul quale il diavolo ha impresso la sua orma con la strana fatalità di un destino contro il quale sembra non valere alcuna norma morale.

Infine, il terzo romanzo “Tre donne sole“. Anche qui aleggia, quasi sinistramente, il senso del destino: un’altra mirabile descrizione dell’alta società borghese dove, dietro la facciata del decoro e dell’eleganza esibiti, si nasconde in realtà un’esistenza di vizi e di colpe. La protagonista Clelia, nata povera, si è arricchita lavorando sodo. Ritornata nella sua città ha messo su un’elegante atelier.

La nuova condizione la mette in contatto con quel mondo dell’alta società in cui un tempo aveva sognato di entrare e che ora le si svela, in modo improvviso, in tutto il suo vuoto e in tutta la sua corruzione, in tutta la sua frivolezza e in una malcelata nausea nei riguardi dell’esistenza. L’intero romanzo non sembra essere altro che un contrasto continuo fra il buon senso e l’integrità popolana di Clelia, da una parte, e, dall’altra, le suggestioni (non sempre positive) che il mondo corrotto dell’alta borghesia suscitano in lei; un mondo che alla fin fine esige anche vittime umane, come Rosetta, nel cui destino di vuoto e di morte potrebbe intravedersi, in modo latente, il destino dello stesso Cesare Pavese.

Per cui non sono pochi i lettori più attenti e i critici più profondi che hanno percepito, proprio in questo romanzo, la ricostruzione nascosta della disperazione dell’autore di fronte al nudo nichilismo in cui sente immersa tutta la vita.

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