Ancora oggi non sappiamo quale sia esattamente il meccanismo che dopo circa 280 giorni di gestazione, induce la donna a partorire. Sappiamo solo che in un determinato momento X il corpo materno inizia a produrre prostaglandine, un ormone che di solito servono nella riparazione dei danni ai tessuti e che in gravidanza, invece, attivano l’utero dando inizio a una serie di contrazioni sempre più dolorose che spostano il neonato in posizione per la nascita. In ogni caso anche se è ancora da chiarire completamente cosa attivi questo fondamentale “orologio biologico”, il parto è uno degli eventi più straordinari dell’esistenza umana.
Quando si avviano le contrazioni, questa prima fase di preparazione al parto dura mediamente dodici ore per le primipare e molto meno per le successive gravidanze. Uno dei nodi critici del parto è la cosiddetta sproporzione “cefalo-pelvica”, per dirla in parole povere, la testa del neonato è decisaemente più grande dell’orifizio vaginale. In media ci sono due centimetri e mezzo di differenza e questa sproporzione è la causa principale dei dolori del parto.
Fortunatamente ci ha pensato la natura a rendere questo doloroso momento superabile e senza pericolose conseguenze sulla salute della madre e del nascituro. L’aiuto decisivo proviene dalla testa del piccolo le cui ossa craniche non si sono ancora saldate tra loro. Questo particolare consente una “deformabilità” della testa che facilita il passaggio del piccolo nel canale vaginale. Anche le contorsioni sono indispensabili da quando l’evoluzione per rendere possibile la postura eretta ha modificato l’anatomia umana. Questo spiega la lunghezza del parto umano anche rispetto ad alcuni primati che espellono i loro cuccioli in meno di 2 minuti.
Parto e dolore sono due elementi imprescindibili. Ancora oggi i “rimedi” per chi non regge certe soglie di dolore sono più o meno gli stessi delle nostre nonne: gas esilarante, iniezione di petidina (un oppioide) e l’anestesia epidurale. Fortunatamente, e lo confermano diversi studi, le donne non conservano a lungo la memoria dell’effettiva intensità della loro sofferenza. Anche in questo caso l’evoluzione ha prodotto una sorta di difesa mentale sull’esperienza vissuta, in modo da non pregiudicare successive gravidanze e in ultima analisi la riproduzione della specie.
Quando il nascituro transita dal canale vaginale riceve in dono il corredo microbico della madre. I bambini nati con il parto cesareo ne vengono privati, con conseguenze non del tutto piacevoli. Vari studi hanno dimostrato che sono sensibilmente più a rischio di diabete di tipo 1, asma, celiachia e addirittura obesità, e hanno un rischio otto volte maggiore di sviluppare allergie. In ogni caso quando raggiungono un anno di età anche i bambini nati con il parto cesareo hanno il loro corrdeo microbico. Diversi studi però sembrano indicare che la prima esposizione vanta una significativa differenza.
Come conseguenza della crescente importanza del microbiota materno adesso in molti reparti maternità non si pulisce più immediatamente il neonato per non privarlo di preziosi batteri protettivi. Allo scadere dell’anno di età ogni bambino possiede circa cento trilioni di microbi.
Il parto cesareo è in continua espansione. Pur costando molto di più di un parto naturale in certe aree del mondo è ormai il modo di partorire mrevalente. Le ragioni solo in minima parte sono legate ad effettivi rischi per la salute della madre o del nascituro e vanno ricercati nel volere evitare completamente il confronto con il dolore.
Oggi un terzo dei parti negli Stati Uniti è cesareo, oltre il 60 per cento più per comodità che per necessità medica. In Brasile quasi il 60 per cento dei parti è cesareo, in Gran Bretagna il 23 per cento e nei Paesi Bassi il 13 per cento. Se si usasse soltanto in caso di necessità, si scenderebbe al 5-10 per cento.
Il latte materno produce oltre duecento tipi di zuccheri complessi – gli oligosaccaridi – impossibili da digerire perché a noi umani mancano gli enzimi necessari. Gli oligosaccaridi sono prodotti a esclusivo beneficio dei microbi intestinali dei neonati. Oltre a nutrire i batteri simbiotici, il latte materno è anche pieno di anticorpi.
Mano a mano che gli studi scientifici dimostravano l’importanza di nutrire il nascituro con il latte materno, sale la quota delle donne che ricorre alla nutrizione naturale dei bambini. Se nel 1962 solo il 20 per cento delle donne americane allattava i figli al seno, nel 1977 lo faceva il 40 per cento. Oggi siamo quasi all’80 per cento, benché si scenda al 49 dopo sei mesi dalla nascita e al 27 dopo un anno. Il latte artificiale per quanto negli ultimi anni molto migliorato dal punto di vista nutrizionale non è in grado di riprodurre i benefici immunologici di quello materno.
Fonti:
alcune voci di Wikipedia
Bryson, Bill. Breve storia del corpo umano: Una guida per gli occupanti (p.329). Guanda. Edizione del Kindle.
Per saperne di più:
Bryson, Bill. Breve storia del corpo umano: Una guida per gli occupanti
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