Food

Il pepe nella storia

Il pepe, ricavato dalla pianta tropicale Piper Nigrum, è senza dubbio la spezia più usata al mondo. Il pepe prodotto nei territori tropicali dell’India, del Brasile, della Malaysia e dell’Indonesia si ricava da una liana, sublegnosa, che può superare i sei metri di lunghezza. Il pepe ha avuto un ruolo fondamentale nella storia politica, economica e sociale del mondo. Ripercorriamola brevemente.

I “mille” colori del pepe

Fra i due ed i cinque anni comincia a produrre i frutti, delle piccole drupe a forma quasi sferica di colore rossastro e nelle condizioni ottimali la pianta continuerà a produrli per circa una quarantina d’anni. Una pianta produce ogni stagione circa dieci chilogrammi di pepe.

Circa tre quarti della produzione mondiale viene venduto come pepe nero, prodotto da una fermentazione fungina delle bacche non ancora mature. Il pepe bianco che viene prodotto dall’essiccazione dei frutti a cui sono stati tolti buccia e polpa costituisce gran parte della restante produzione. Molto marginale è invece la produzione di pepe verde.

Quello che chiamiamo invece pepe rosa è il frutto di un’altra pianta (lo Schinus molle) ed è una spezia dal sapore molto più delicato usata prevalentemente per le sue qualità decorative. Altri tipi di pepe in commercio, con colorazione diverse sono in genere colorati artificialmente.

Gli arabi introducono la spezia in Europa

Si ritiene che il pepe sia stato introdotto in Europa dagli Arabi arrivando attraverso la via delle spezie che transitava per Damasco e per il Mar Rosso. Il pepe era già noto in Grecia nel V secolo a.e.v. In quei tempi il pepe era usato prevalentemente come medicinale, ma soltanto pochi secoli dopo i romani lo imposero come elemento indispensabile della loro tavola.

Nel I secolo dopo Cristo circa la metà delle importazioni provenienti dall’Asia e dall’Africa Orientale nei paesi che si affacciavano sul Mediterraneo erano spezie e gran parte di queste spezie era costituito da pepe proveniente dall’India.

Il pepe veniva utilizzato nel cibo per tre ragioni fondamentalmente. Esaltarne i sapori e per la conservazione degli alimenti o per “coprire” gli aspetti più sgradevoli dell’irrancidimento del cibo. Il pepe ed altre spezie infatti coprivano il sapore di cibi guasti o irranciditi e allo stesso tempo rendevano più gradevoli gli alimenti essiccati (il modo principale per conservare il cibo prima dell’avvento della refrigerazione).

Un monopolio soffocante

Nel Medioevo gran parte dei traffici commerciali con l’Europa giungevano attraverso Baghdad e Costantinopoli, seguendo la riva meridionale del Mar Nero. Da Costantinopoli le spezie venivano imbarcate verso Venezia che fonderà sul commercio delle spezie la sua fortuna politica ed economica per diversi secoli.

Nel Quattrocento il monopolio veneziano sul commercio delle spezie e del pepe in particolare era così dominante e i margini di profitto così ampi che altri Stati Europei iniziarono a comprendere che non potevano lasciare la gallina dalle uova d’oro soltanto alla Repubblica di Venezia. Nel XV secolo, i prezzi di questa spezia ,dai molti definiti come l’oro indiano,  salirono vertiginosamente verso cifre astronomiche, come le bolle speculative finanziarie dei giorni nostri.

Road to India

Screenshot

Proprio questa bolla speculativa sul prezzo del pepe indusse alcune nazioni europee a cercare una nuova rotta marittima per le Indie che le affrancasse dal monopolio, veneziano, arabo e persiano. L’unica via per raggiungere l’obiettivo, era di trovare una rotta attraverso il mare verso l’India. Così le case regnanti del Portogallo e della Spagna decisero di inviare i loro Capitani finanziando le ricerche per circumnavigare il continente Africano. Gli Spagnoli puntarono su Cristoforo Colombo, e i Portoghesi, su Vasco da Gama.

Iniziava così il periodo delle grandi esplorazioni geografiche del pianeta. Nel 1483 il navigatore portoghese Diago Cao si spinse fino alla foce del fiume Congo e quattro anni dopo Bartolomeu Dias circumnavigò il Capo di Buona Speranza e Vasco de Gama, seguendo la rotta tracciata da Dias raggiunse l’India nel 1498.

Nascita di un impero

I sovrani di Calicut, una regione dell’India sudoccidentale con cui De Gama entrò in contatto pretendevano oro in cambio di pepe, un prezzo che il portoghese non era intenzionato a pagare. De Gama tornò in patria e due anni dopo alla testa di un piccolo esercito ben armato approdò di nuovo a Calicut, sconfisse i re della regione e il Portogallo divenne il principale importatore di pepe. Questa audace spedizione fu l’avvio della nascita dell’impero coloniale portoghese.

La Spagna non rimase a guardare e nel 1492 finanziò la spedizione del genovese Cristoforo Colombo che era convinto che navigando verso Occidente sarebbe arrivato in India. Come sappiamo Colombo scoprì il Nuovo Mondo.

Il pepe da un punto di vista chimico

Ma cosa c’è nel pepe per rendere questa spezia così attraente tanto da spingere l’uomo a temerari viaggi esplorativi ed a consentire la nascita e il progresso di imperi fondati sul suo commercio come Venezia prima ed il Portogallo successivamente?

La sostanza attiva è la piperina la cui formula chimica è C17H19NO3 un alcaloide contenuto nel pepe che rende la spezia stimolante, tonica e stomachica e, stimolando la secrezione di succhi gastrici, facilita il processo digestivo e agevola l’assorbimento dei nutrienti traendo il massimo beneficio dal cibo ingerito.

Il calore che sentiamo quando ingeriamo del cibo “pepato” non è un sapore, bensì una risposta dei centri del dolore. Non conosciamo esattamente il meccanismo attivatore di questa sensazione dolorosa, probabilmente la piperina si fissa con una proteina che fa partire un segnale chimico in grado di attivare la sensazione di dolore.

Ma torniamo per un istante a Cristoforo Colombo, se la ricerca del pepe fu fallimentare perché non raggiunse mai l’India il Nuovo Mondo riservò al navigatore genovese la scoperta di una nuova spezia ancora sconosciuta: il peperoncino che ben presto si diffuse nella vecchia Europa.

Per saperne di più:

Vasco de Gama

Natale Seremia

Appassionato da sempre di storia e scienza. Divoratore seriale di libri e fumetti. Blogger di divulgazione scientifica e storica per diletto. Diversamente giovane. Detesto complottisti e fomentatori di fake news e come diceva il buon Albert: "Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi."

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