Il ruolo delle forze corazzate tedesche nella II Guerra Mondiale

Il carro armato fu inventato nella Grande Guerra, ma soltanto nella Seconda Guerra Mondiale il suo ruolo assurse un livello decisivo e profondamente innovatore delle stesse tattiche di battaglia. In questo la Germania nazista si rivelò, almeno fin quasi alla fine del 1942, all’avanguardia sia tecnologica che di utilizzo delle forze corazzate.

Le forze corazzate tedesche alla vigilia del conflitto

La parola Panzer, abbreviazione di Panzerkampfwagen, cioè “mezzo corazzato da battaglia“, con la quale si indicavano comunemente i carri armati tedeschi, deriva da un termine del XVIII secolo che indicava un tipo di armatura indossato dai soldati di ventura tedeschi.

Quando il 10 maggio 1940 la Wermacht passò all’azione sul fronte occidentale, inaugurando una penetrazione veloce delle sue forze corazzate in Belgio, che passerà alla storia come Blitzkrieg, schierò sul campo sette Panzer-Divisionen agli ordini del generale Ewald von Kleist (divise nei tre Panzerkorps dei generali Hermann Hoth, Georg-Hans Reinhardt e Heinz Guderian) per un totale di circa 523 carri suddivisi nei modelli Panzer I, Panzer II, Panzer III, Panzer IV, Panzer 35(t) e Panzer 38(t).

Nella campagna polacca del 1939, l’esercito tedesco utilizzò il 50% delle forze corazzate disponibili, ovvero circa 1.445 unità, mentre per l’occupazione della Norvegia, iniziata il 9 aprile del 1940, furono sufficiente due dozzine di carri armati.

Le tattiche di battaglia delle Panzer-Divisionen

Nei primi anni di guerra l’utilizzo delle forze corazzate tedesche fu concepito quasi esclusivamente per compiti di natura offensiva. I motivi del successo del loro impiego dipendeva da diversi fattori, uno dei principali era la capacità di generare una notevole pressione durante le fasi di rottura del fronte successive all’attacco, grazie anche ad un ottimo coordinamento con le forze aeree della Luftwaffe. Un altro elemento era il grado di addestramento degli equipaggi dei carri, ufficiali e graduati.

Per sviluppare la “giusta pressione” in grado di sfondare le difese nemiche, l’attacco doveva concentrarsi su un fronte non più largo di 5 chilometri. Durante la marcia di avvicinamento le Panzer-Divisionen dovevano assumere una forma a cuneo (keil), mentre durante l’attacco vero e proprio sarebbero stati divise in due ondate conosciute come Treffen (colpire) o in due gruppi paralleli detti Flügel (ala). La suddivisione delle unità corazzate in quattro parti era stata appositamente studiata, dato che ogni colpo o ala sarebbe stato responsabile di una specifica parte dell’attacco.

Dopo lo sfondamento

L’attacco principale veniva portato nel settore del fronte che intelligence e ricognizione consideravano il più debole. Aperta la breccia, il resto delle Panzer-Divisionen vi si incuneava, per primo passava il battaglione corazzato esplorante, per raggiungere al più presto l’avanguardia e sopravanzare le colonne di alcuni chilometri.

Quindi seguivano i reggimenti di fanteria motorizzata, dal 1942 denominati Panzergrenadier, che si sarebbero occupati di circondare o eliminare i residui centri di resistenza avversari e di occupare le più importanti aree catturate; quindi i reparti controcarri, schierati per il contrasto degli eventuali contrattacchi nemici; le batterie di artiglieria meccanizzata, pronte ad appoggiare i carri armati agendo contro specifici obiettivi che stessero rallentando l’avanzata; infine le unità logistiche divisionali, responsabili dei servizi di rifornimento, manutenzione e rimpiazzo.

Questa tipo di guerra basata sul movimento e accompagnata da adeguate concentrazioni di carri, in stretta comunicazione tra loro e di una larga autonomia operativa affidata ai comandanti di compagnia e giù fino ai singoli capocarro, facevano delle forze corazzate tedesche un’arma quasi invincibile, almeno fino al 1942. Per impedire che la spinta in avanti subisse rallentamenti, di fronti a posizioni difensive estremamente munite, l’ordine per le Panzer-Divisione era di aggirarle e proseguire, lasciando il compito di espugnarle, alle divisioni di fanteria che seguivano l’offensive delle forze mobili corazzate.

La gestione delle controffensive

In caso di contrattacchi nemici, le forze tedesche si raggruppavano ulteriormente con il maggiore impegno difensivo assegnato ai Pz.Kpfw. III e, nei primi anni, anche ai più piccoli Pz.Kpfw. 35(t) e 38(t) di produzione ceca. Nel caso le cose si mettessero piuttosto male, la dottrina militare tedesca prevedeva che i carri armati ripiegassero dietro lo schermo di cannoni controcarri, per tornare all’attacco una volta che questi avessero scompaginato o arrestato l’attacco nemico.

Queste manovre codificate erano possibile grazie all’addestramento degli equipaggi, ad una vasta diffusione delle comunicazioni radio su gran parte dei carri tedeschi, alla già citata ampia autonomia decisionale degli ufficiali e all’importanza riconosciuta agli ordini verbali, piuttosto che a quelli dati per iscritto.

Natale Seremia

Appassionato da sempre di storia e scienza. Divoratore seriale di libri e fumetti. Blogger di divulgazione scientifica e storica per diletto. Diversamente giovane. Detesto complottisti e fomentatori di fake news e come diceva il buon Albert: "Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi."

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