giovedì, Settembre 19

Il Testamento di Pietro il Grande

Spesso i falsi storici hanno contribuito a fare la Storia, quella vera. Queste fake news ante litteram sono stati scritte e propalate per alimentare odi e nazionalismi e quasi sempre per mobilitare l’opinione pubblica di fronte a guerre ed aggressioni unilaterali.

Di uno di questi falsi storici si servirà Napoleone Bonaparte, grande conoscitore della propaganda e della mistificazione per giustificare di fronte ai francesi l’invasione della Russia. Ma procediamo con ordine.

I suoi rapporti con lo zar, almeno a partire dal 1807, erano stati cordialissimi. Firmata la pace di Tilsit, passati i colloqui di Erfurt, Napoleone si era ormai convinto di aver trovato in Alessandro un amico sincero e il più affidabile alleato contro l’odiata Gran Bretagna. Poi le cose si erano progressivamente guastate in seguito al fallimento della politica dell’embargo delle merci britanniche. La Russia in una prima fase aveva appoggiato la strategia di Napoleone volta a strangolare economicamente il Regno Unito, ma l’imperatore corso aveva sottovalutato la sterminata ampiezza dell’impero coloniale britannico e come in un boomerang gli effetti più perniciosi di questa strategia si erano riversati sulla Francia e sulla Russia.

Quest’ultima si era sganciata dal folle tentativo francese e questa scelta aveva causato un forte inasprimento delle relazioni tra i due Stati. Napoleone si convinse, senza alcun dato oggettivo concreto, che si trattasse del preludio di un’aggressione russa. Per questo, fedele al suo stile, concepì l’ennesima “guerra preventiva“.

Napoleone non sentiva alcun bisogno di giustificare di fronte all’opinione pubblica internazionale l’aggressione ormai imminente, ma invece avvertiva fortemente la necessità di mobilitare l’opinione pubblica francese ed alimentare l’odio verso l’Orso russo. Per questo ricorse ad una campagna stampa che ribaltava i sentimenti di amicizia fino a pochi mesi prima manifestati per la Russia.

Nel 1812, la Campagna di Russia inizierà il 23 giugno, fece la sua comparsa in Francia un’opera anonima dal titolo asettico Des progrès de la puissance russe (Dei progressi della potenza russa), uno dei tanti libelli russofobi che gli ultimi scontri avevano fatto ritornare in voga. L’autore, Charles-Louis Lesur era uno storico abbastanza noto, impiegato al Ministero degli esteri e fondatore del celebre “Annuaire historique”.

Il libello è infarcito di tutti gli stereotipi classici anti russi, iniziando dal descrivere una società barbara e primitiva, inaffidabile quanto aggressiva. Un capitolo però introduce qualcosa di nuovo oltre alle consuete invettive contro la Russia: un capitolo dedicato alle “memorie segrete” di Pietro il Grande, una sorta di piano diabolico per dominare l’intera Europa e il mondo, datato 1725.

Si trattava di una sorta di “testamento politico” dello Zar che aveva regnato sulla Russia dal 1682 al 1725 nel quale Pietro invitava i successori a conquistare l’intera Europa con queste parole:

“In nome della Santissima e Indivisibile Trinità, Noi, Pietro il Grande, Imperatore e autocrate di tutte le Russie, parliamo a tutti i nostri discendenti e successori al trono e al governo della nazione russa”. L’appello prosegue constatando che le nazioni europee stanno avviandosi ad una fase di decadenza.

Da ciò risulta che esse potranno essere facilmente conquistate da una nuova razza di uomini, quando essa abbia raggiunto la propria massima potenza e forza. Guardiamo alla nostra invasione dell’Occidente e dell’Oriente come a un decreto della Divina Provvidenza, che ha già una volta rigenerato l’impero romano grazie a un’invasione di barbari“.

Il testo proseguiva con una dettagliata elencazione dei passi da seguire per questo progetto di conquista universale, “anticipando” quasi un secolo prima gli accadimenti della politica europea. Peccato che il “Testamento di Pietro il Grande” fosse vecchio appena di una decina di anni. Si trattava di un evidente falso che seguiva una moda ormai ampiamente consolidata ovvero raccontare il passato, retrodatandosi di qualche decina di anni, in modo da stupire con il proprio potere di “preveggenza” ingenui e sprovveduti.

Lesur non aveva dovuto neppure fare molta fatica, si era limitato a rendere pubblico, imbellettandolo, un documento che circolava da tempo negli ambienti diplomatici di mezza Europa. Un documento probabilmente “fabbricato” in Polonia e già portato a conoscenza nel 1797 da un esule polacco al Direttorio rivoluzionario francese.

E così, in quel 1812, alla vigilia della Campagna di Russia, viene orchestrata una poderosa strategia propagandistica anti russa il cui sunto è “non siamo noi gli aggressori ma la barbara Russia che attraverso un piano diabolico vuole conquistare il mondo“. Napoleone giustifica così di fronte all’opinione pubblica francese la sua “guerra preventiva“.

Sappiamo come andò a finire. La campagna di Russia si tramutò per il generale corso in un disastro militare senza precedenti. Alla fine della campagna, l’esercito napoleonico – costituito da oltre 600.000 soldati, di cui 450.000 nella massa principale guidata dall’imperatore – era ridotto a poco più di 100.000 uomini. Le perdite ammontarono a 400.000 tra morti e dispersi; 100.000 furono i prigionieri caduti nelle mani del nemico. Inizia da questa catastrofe la parabola discendente di Napoleone.

Se Napoleone uscirà definitivamente di scena due anni dopo circa, il Testamento di Pietro il Grande avrà vita lunga e prospera. Dopo il Congresso di Vienna e l’esilio definitivo a Sant’Elena dell’ex imperatore dei francesi, i rapporti tra gli alleati iniziarono a guastarsi.

Nel 1817 il generale e parlamentare sir Robert Wilson che aveva servito come osservatore britannico a San Pietroburgo, pubblicò “A Sketch of the Military and Political Power of Russia“, un pamphlet russofobo di enorme successo che tirava fuori il piano segreto portato avanti dallo Zar Alessandro, ispirato dal suo illustre predecessore, Pietro il Grande. Ed il Testamento di Pietro, riemergerà numerose volte, nel corso degli anni, durante lo scontro tra Inghilterra e Russia, per il dominio coloniale in Asia.

Passeranno i decenni ma questo clamoroso falso continuerà periodicamente ad infiammare la scena dei rapporti internazionali anti russi. Hitler lo fece ristampare in vista della nuova invasione, mentre in Italia Dino Grandi scriveva a Benito Mussolini il 21 aprile 1940: «Il testamento di Pietro il Grande che indicava l’Occidente ed i caldi mari del Sud come direttrice alla futura espansione delle razze slave è stato raccolto da Stalin, il nuovo “Piccolo Padre” di tutte le Russie».

Nel dopoguerra ci penserà il Presidente americano Truman a tirar fuori il Testamento di Pietro il Grande in funzione anti sovietica, all’interno del clima sempre più plumbeo della guerra fredda. E sempre questo falso storico evergreen sarà citato dalla stampa occidentale per giustificare la simpatia dell’Urss per la rivoluzione iraniana o l’invasione dell’Afghanistan. Scriveva persino l’autorevole “Time”, ai tempi della caduta dello scià di Persia: «[Le cose] non sono cambiate granché dai tempi dello zar. Nel 1775 [sic] fu pubblicato il Testamento di Pietro il Grande, in cui il sovrano consigliava ai futuri governanti della Russia: Avvicinatevi il più possibile a Costantinopoli e all’India. Chiunque governi lì sarà il vero sovrano del mondo… Nella decadenza della Persia, penetrate fino al Golfo Persico…”».

Fonte:

alcune voci di Wikipedia

Sarà vero di E. Buonanno

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