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Inquinamento e igiene nel Medioevo

Quando pensiamo all’Età di Mezzo il nostro immaginario si orienta verso una natura incontaminata, dominata dalle foreste, con (soprattutto nell’Alto Medioevo) poche città degne di questo nome e molti villaggi costituite da venti o trenta casupole fatte di fango, terra e paglia. L’inquinamento ci pare, oggettivamente, una problematica incompatibile con una simile descrizione. Le cose non stanno esattamente così e soprattutto a partire dall’XI secolo, segmenti non marginali della società medievale, erano molto preoccupati del degrado ambientale e dell’inquinamento che affliggeva la loro vita.

Il naso di un Re

Un episodio descritto da Jean-Pierre Leguay, monaco del convento di Saint Denis, è illuminante sul degrado ambientale che non risparmiava neppure i sovrani. Siamo durante il lunghissimo regno di Filippo Augusto, settimo sovrano della dinastia capetingia. Così racconta la cronaca del monaco:

“Una volta che incedeva nel suo palazzo […], il re si appoggiò a una finestra per prendere aria. Ora, i carretti che passavano sulla strada smossero e rimestarono sia il fango sia le immondizie di cui essa era piena, tanto che si esalò una puzza appena sopportabile che salì fino alla finestra ov’era affacciato il re. Il quale, quando annusò quel terribile odore, si spostò subito di lì, quasi aveva un mancamento di respiro”.

Questa situazione era molto comune nelle città e nei borghi medievali. A parte i ricchi e l’alta aristocrazia nessuno possedeva in casa delle latrine che per altro erano di fattura alquanto rudimentale. Per i bisogni corporali la maggior parte degli abitanti usava secchi o pitali che poi smaltiva semplicemente svuotandoli dalle finestre, soprattutto di notte per aggirare i divieti che diventavano sempre più pressanti, soprattutto quando si colse il collegamento tra questa sporcizia che insozzava vicoli e strade e la propagazione di micidiali epidemie.

Ancora nel 1374 la piazza di Chatelet è ostruita dalla “melma, dal sudiciume e dalle immondizie che vi si trovavano e che affluivano sempre più di giorno in giorno”.

Animali in libertà

Cittadine e villaggi medievali sono percorse tutti i giorni da cani, gatti e cavalli, che lasciano le loro deiezioni sulle strade strette e tortuose, aggiungendosi a quelle umane. Non di rado negli agglomerati urbani ci sono contadini che curano orti e allevano maiali e animali da cortile che contribuiscono all’inquinamento ambientale.

Inoltre quando uno di questi animali, soprattutto se si tratta di randagi, muoiono, le carogne rimangono per giorni ad imputridire lungo le strade dove sono spirati. Questi animali vaganti sono causa anche di incidenti, come ci riportano le cronache. Nel 1131, il cavallo di Filippo, primogenito di Luigi VI il Grosso, si scontra con un maiale, disarciona il cavaliere e lo getta contro un pietrone e poi lo calpesta con gli zoccoli.

Attività inquinanti

Macellai e salumieri esercitano la loro attività nei centri cittadini. La rarità di macelli collocati nelle aree più periferiche della città fa si che essi sgozzino e macellino le bestie di fronte alle loro botteghe. A Parigi, intorno alla metà del XIV secolo non sono rare le lamentele di cittadini e istituzioni come l’università.

“I macellai uccidono le loro bestie in casa, sicché il sangue e gli escrementi di questi animali li gettano sia di giorno sia di notte nella via di Sainte-Geneviève, e spesso il sangue e gli escrementi delle succitate bestie li tenevano nelle fosse e nelle latrine che avevano in casa, in tale quantità e così a lungo che essi si corrompevano e imputridivano, dopodiché li gettavano nella suddetta strada, di giorno e di notte, per cui quella strada, la piazza Maubert e tutta l’aria dei dintorni era corrotta, infetta e puzzolente”.

Le città non sono esenti neppure dall’inquinamento chimico. I laboratori che colorano i tessuti spesso sono collocate presso le rive dei fiumi, a monte della città e l’allume che utilizzano viene scaricato nelle acque che poi attraversano l’insediamento urbano. È inoltre già presente l’inquinamento da piombo che riguarda non soltanto i fabbricanti di vasi e tubi, ma anche i loro utilizzatori.

Igiene personale

A questo quadro sommario si deve aggiungere la scarsa e addirittura inesistente igiene personale della maggior parte degli abitanti di una città. I motivi sono sia di ordine per così dire “infrastrutturale” sia di errate convinzioni mediche. Poche case avevano una tinozza per il bagno e di massima ci si limitava nel migliore dei casi a lavarsi viso e mani in una bacinella.

Più ci allontana dal periodo dei regni romano-barbarici e dall’epoca carolingia e meno ci si lava. Fare il bagno era considerato peccato e dannoso per la salute. Ad esempio, San Girolamo vedeva il bagno quotidiano come una dissolutezza. Per questo motivo i monaci dei monasteri lavano il loro intero corpo solo due o tre volte l’anno.

Fonti:

Verdon, Jean. La vita quotidiana ai tempi del Medioevo

Natale Seremia

Appassionato da sempre di storia e scienza. Divoratore seriale di libri e fumetti. Blogger di divulgazione scientifica e storica per diletto. Diversamente giovane. Detesto complottisti e fomentatori di fake news e come diceva il buon Albert: "Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi."

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