Moreno Burattini è uno dei più importanti e acclamati autori di fumetti italiani. Colonna della casa editrice italiana più importante delle nuvole parlanti, la Sergio Bonelli Editore è da moltissimi anni il principale autore e curatore dell’amatissimo Zagor. Moreno è anche saggista, autore teatrale e romanziere, ha concesso a Wiki Magazine Italia un’intervista nel corso della quale ci ha parlato ovviamente di Zagor e del mondo del fumetto, ma anche delle sue letture e dei programmi per un futuro, per nostra fortuna, ancora lontano.
MB) Nel maggio del 1991 è stata pubblicata la mia prima storia di Zagor, che in realtà ho cominciato a scrivere fin da quando ero un ragazzino e sognavo, da grande, di poter fare lo sceneggiatore dello Spirito con la Scure. Perché quello volevo fare: non genericamente l’autore di fumetti, ma proprio lo scrittore dell’eroe di Darkwood che tanti sogni ha alimentato durante la mia crescita (e non ha ancora smesso di farlo). Quando, nel 1987, mi sono proposto a Sergio Bonelli con un mio soggetto, avevo quella storia nel cassetto da anni, elaborata attraverso tanto fantasticare. Dopo una serie di aggiustamenti, il plot di “Pericolo mortale” (questo il titolo della mia avventura d’esordio) venne approvato nell’ottobre del 1989 e sceneggiato durante il 1990. Le mie primissime storie vennero scritte, oggi me ne rendo conto, con verve da “lettore”: poi, dopo gli iniziali entusiasmi, mi accorsi che sceneggiare Zagor con il piglio del professionista non era per niente facile e di come la stoffa dello sceneggiatore non si misurasse solo su un paio di exploit, ma sulla distanza. Credo che più o meno tutti gli appassionati abbiano una storia “ideale” nel cassetto, magari due, ma lavorando alle prese con un fumetto seriale si tratta di tirar fuori dal cilindro un coniglio dopo l’altro, ininterrottamente per anni, cercando ogni volta di stupire il pubblico. Così, dopo due o tre storie iniziali abbastanza brillanti, ho avuto uno sbandamento e ci sono voluti due o tre anni perché rientrassi in carreggiata, con nuove consapevolezze, convinto dei miei mezzi. Nel 2001 Sergio Bonelli mi ha chiesto di venire a lavorare in redazione a Milano, facendo da assistente a Mauro Boselli, curatore di Zagor. Ho imparato da Mauro i segreti del mestiere di redattore e a seguire tutte le elaborate fasi della lavorazione degli albi. Nel 2007 sono stato promosso sul campo “editor” del personaggio (Boselli ha così potuto occuparsi di Tex e di Dampyr), e da allora sono al timone. Faccio il mio lavoro con grande entusiasmo perché Zagor non è ciò che “mi tocca” fare, ma ciò che ho sempre sognato di fare. Lo considero un po’ il mio fratello maggiore a cui faccio da segretario. Quali rischi comporta sceneggiare nuove storie dopo tanti anni? Due: tradire il personaggio stravolgendo più del dovuto ciò che fa parte della tradizione, oppure non rinnovarlo abbastanza e non riuscire a stare al passo con i tempi.
MB) Secondo Francis Lacassin, il fumetto è la “nona arte”, dopo l’Architettura e la Musica (le arti più antiche e fondamentali), la Pittura e la Scultura (declinazioni dell’architettura), la Poesia e la Danza (nate dalla musica), il Teatro e il Cinema. Esiste anche, a Catania, un museo privato chiamato “Il tempio della Nona Arte”. E’ comunque soltanto un’espressione come un’altra, al pari di “Letteratura disegnata”, proposta da Hugo Pratt. Tranne nel caso di opere realizzate da un autore unico, che si occupa di testi e disegni (figure abbastanza rare, almeno nelle produzioni seriali), di solito le storie a fumetti nascono dall’interazione fra uno sceneggiatore e un disegnatore (talvolta sono un matitista e un inchiostratore a realizzare i disegni), a cui si aggiungono figure come il colorista e il letterista. Se fra chi scrive e chi illustra ci sono intesa e sintonia, comunanza di background e di esperienze, condivisione di modelli di fonti di ispirazione, tutto risulta più facile (penso a coppie di autori famosi come Magnus e Bunker, Uderzo e Goscinny, Berardi e Milazzo). Credo che nella squadra di autori chiamati a disegnare lo Spirito con la Scure, tutti siano appassionati del personaggio al pari mio, per cui è facile intendersi. Se proprio devo indicare un nome dello staff attuale, essendo io molto legato allo Zagor della tradizione, nessuno si meraviglierà se indico Marco Verni, il cui tratto ricorda da vicino quello del maestro Gallieno Ferri e al quale sono legato da pluridecennale amicizia. Senza nulla togliere agli altri, con ciascuno dei quali mi trovo comunque molto bene.
MB) Venire chiamato a sceneggiare Tex è, per uno che fa il mio mestiere, come per un giocatore di una squadra di Club essere convocato in Nazionale. Grande soddisfazione ma anche grande responsabilità. Per fortuna conosco bene il personaggio, per averlo sempre letto fin da ragazzo e avergli dedicato numerosi articoli, saggi e libri. La mia prima storia pubblicata sulla serie regolare è in realtà la sesta di Tex da me scritta, dopo quattro episodi brevi e un racconto pubblicato nel formato “a striscia” uscito in occasione di un evento particolare. Ho avuto dunque il tempo di prendere confidenza con la difficile gestione di Aquila della Notte.
Difficile perché bisogna stare attenti a non deragliare dai binari di una ortodossia sedimentata in settantacinque anni di avventura, per cui Tex ha dei precisi rituali da seguire. In ogni caso, essendo io fondamentalmente un nolittiano, cioè legato alla gradevolezza e alla maggiore umanità delle storie di Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli, il cui stile era riconoscibile anche su Tex, diverso com’era da quello del padre Giovanni Luigi, ho potuto proporre qualcosa di simile: ne è venuto fuori un Tex “alla Sergio”.
MB) Quando mi fanno questa domanda il mio primo istinto è quello di fingermi morto, per essere giustificato dal non riuscire a dare una risposta sensata e ragionevole. La chiusura delle edicole è sotto gli occhi di tutti, per cui è chiaro che non si potrà più contare sulla distribuzione capillare nelle piazze di ogni paese, come accadeva fino a una decina (se non una ventina) di anni fa. Vero è che in altre nazioni, come la Francia, il fumetto vive grazie alle librerie (ma da noi non c’è ancora questa cultura). D’altro canto, la crisi della carta stampata è generalizzata e non riguarda soltanto i fumetti: la gente legge meno perché distratta dai social, dalle piattaforme multimediali, dai nuovi mezzi di comunicazione. Stiamo attraversando un periodo di transizione epocale, e da un certo punto di vista siamo fortunati a esserne testimoni, noi che abbiamo conosciuto la gioia di andare in edicola e di collezionare albi di carta, e adesso possiamo sfogliare libri e fumetti un click. Tutto sta nel vedere come si evolverà la fruizione della fiction e della narrativa scritta nei prossimi anni. Ci saranno sempre i vecchi nostalgici amanti della carta, come il sottoscritto, ma inevitabilmente finiremo per essere sempre di meno. Del resto, però, il teatro non ha smesso di esistere perché sono arrivati il cinema e la televisione. Quindi per un po’ di anni convivranno carta e digitale. Poi, chi lo sa. Io comunque sarò già in pensione. Immagino che serviranno comunque persone con il dono dell’affabulazione che si occuperanno di raccontare storie.
Fortunatamente non soffro di quella che scherzosamente chiamo la “sindrome di Rocco Siffredi”. Mi spiego. Immaginiamo la scena del noto pornodivo che per tutto il giorno è impegnato sul set di un film hard dove si esibisce nel tipo di defatiganti performance che sono previste dalla sua attività professionale. La sera, stremato, torna a casa e la moglie (peraltro bellissima) gli propone, languida: “caro, facciamo l’amore?”. Mi figuro la faccia sgomenta del povero Rocco mentre risponde: “no, ti prego, no!”. Io, al contrario, lavoro tutto il giorno scrivendo sceneggiature o revisionando tavole a fumetti e quando, al ritorno dall’ufficio, mi getto sul letto in posa vitruviana, penso: “ah, adesso mi voglio proprio rilassare”. E prendo dal comodino un albo fra quelli in attesa di lettura. Ovviamente non riesco a leggere tutto, anche perché le uscite sono troppo numerose per poter essere seguite sistematicamente. Rileggo i classici (per esempio, i volumi dei supereroi che escono come collaterali del Corriere), compro regolarmente Alan Ford, seleziono materiale Disney, non mi perdo niente di Leo Ortolani, vado in fumetteria procurandomi cartonati francesi, vecchi nuovi, accetto consigli per sperimentare nuove letture, manga compresi.
6) Quando arriverà la conclusione della tua carriera in casa editrice, quali progetti per il futuro ha Moreno Burattini? In altre parole cosa farai da grande?
MB) Se la salute mi assisterà, mi riposerò, farò camminate nel bosco, leggerò, vedrò vecchi film e viaggerò. Seguirò le nuove scoperte scientifiche, che mi appassionano parecchio (ho la fissa per la fisica quantistica e la cosmologia). Metterò in ordine le mie collezioni e andrò in giro per fiere e mercatini cercando di trovare i pezzi che ancora mi mancano. Se mi verrà chiesto, continuerò a scrivere qualche sceneggiatura, ma senza l’ansia di doverne portare avanti dieci per volta. Mi terrò il più possibile lontano dai social. Forse pubblicherò “Le mie memorie”.
Fortunatamente per noi lettori, il momento di appendere “la penna al chiodo” per Moreno è ancora relativamente lontano e abbiamo ancora di fronte diversi anni di storie indimenticabili, soprattutto su Zagor, il suo (e il nostro) fratello maggiore.
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