giovedì, Settembre 19

Joseph Conrad: scrittore, viaggiatore, avventuriero

Mai vi fu scrittore più viaggiatore e più avventuriero di Joseph Conrad, (1857 – 1924) pseudonimo di Jozef Teodor Konrad Korzeniowski, non solo nel panorama letterario di lingua inglese di fine Ottocento e inizio Novecento, ma forse nell’intera letteratura mondiale, cioè di ogni epoca e di ogni paese.

Il suo romanzo più conosciuto e più tradotto è “Cuore di Tenebra” (Heart of Darkness), indubbiamente un capolavoro che descrive minuziosamente la triste realtà coloniale africana, continente immenso e dalle risorse quasi infinite, spartito tra potenze europee e dilaniato, perciò, da molteplici contraddizioni. 

Nel giugno 1889, dopo aver comandato per quattordici mesi la sua prima e unica nave, “l’Otago“, nei mari dell’Oriente, Joseph Conrad sbarca e torna a Londra. Vive in camere d’affitto, in una condizione – anche psicologica – piuttosto precaria e di abbandono.

In autunno inizia a scrivere “Almayer’s Folly“, ma si da anche da fare per trovare un nuovo imbarco. Dopo qualche tentativo andato a vuoto, tramite conoscenti e amici, entra in contatto con Albert Thys, amministratore delegato della Société anonyme belge pour le commerce du Haut – Congo, che gli permette il comando di uno dei battelli a vapore della Società in servizio sul fiume Congo, in Africa.

Tornato a Londra via Bruxelles, Joseph Conrad ne riparte subito e, dopo un’ulteriore sosta a Bruxelles, si imbarca a Bordeaux sulla “Ville de Maceio” diretto a Roma. Dovrebbe rimanere in Congo tre anni. Nel corso della traversata, che toccò le Isole Canarie, Dakar, Conakry, Freetown, Grand Bassan, Grand Popo e Libreville, Joseph Conrad scrisse numerose lettere, di cui alcune sopravvissute, che testimoniano il suo stato d’animo e lo spirito con cui egli affrontava l’avventura africana e sono un elemento indispensabile per capire questo strano e inquieto scrittore forse addirittura meglio che la lettura delle sue opere.

Nessuna felicità o gioia vi traspare, bensì “l’angoscia di una lugubre e assurda allucinazione”. La sua sensibilità urta amaramente con la realtà che riscontra nel suo osservare attento e profondo: una realtà fatta di miseria, di sfruttamento delle risorse della terra e dell’uomo che la abita, di schiavitù permanente.

Non basta e non serve la bellezza dei paesaggi e della natura selvaggia di un continente immenso e grandioso, qual’è l’Africa, a lenire la tristezza e il rammarico della sua anima riguardo a ciò che vede, nota, sente. Il suo animo, sì decisamente inquieto, e la sua indole non sedentaria sembrano talvolta trovare conforto, ma non placarsi, nella scrittura di romanzi spesso esotici, molto più spesso permeati dalla luce quasi sinistra del disincanto e della coscienza critica che fanno delle sue opere un grido di denuncia e insieme di sottesa disperazione.

Il viaggio e l’avventura sono stati, per Joseph Conrad, latente metafora della vita e dell’uomo in sé la cui ansia di scoprire, di conoscere, di conquistare e anche di distruggere sembrano essergli connaturate, a volte turbandolo, a volte rendendolo onnipotente, di sicuro preda di una endemica inquietudine esistenziale e comunque sempre lontano dal raggiungere una felicità piena e appagante.

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