giovedì, Settembre 19

La battaglia di Dienbienphu – seconda ed ultima parte

La situazione della piazzaforte francese sotto il comando di Christian de Castries si fece drammatica quando Giap contravvenendo agli schemi dell’epoca collocò gli obici sui versanti anteriori delle montagne che circondavano Dienbienphu, così che i fusti guardavano dall’alto in basso le postazioni di de Castries, a una gittata sufficiente per raggiungerne la maggior parte.

Nonostante l’esposizione sul versante visibile delle montagne l’artiglieria di Giap era però quasi invulnerabile perché i cannoni erano custoditi dentro grotte profonde e venivano trascinati all’aperto soltanto quando dovevano fare fuoco. Alla metà di febbraio, nonostante ancora non si fosse registrato alcun attacco Vietminh, il bombardamento dell’artiglieria di Giap mise fuori combattimento il 10% delle forze francesi.

A partire dai primi di marzo ogni atterraggio o decollo sulla pista di Dienbienphu avveniva sotto il cannoneggiamento nemico. Le postazioni francesi si concentrarono su nove colline dell’area di Dienbienphu, a ciascuna delle quali fu attribuito un bel nome di donna. Isabelle e Béatrice erano ritenute le più forti,

Il 13 marzo, alle 17.05 la 312ma divisione di Giap, preceduta da una tempesta di granate e colpi di mortaio, si apprestò all’attacco di Beatrice. Il bombardamento si accanì contro le antenne radio che segnalavano i posti di comando e controllo. All’imbrunire le comunicazioni tra le diverse colline fortificate di Dienbienphu erano praticamente interrotte. Beatrice era tenuta da un battaglione di 450 uomini della Legione Straniera, a corto di ufficiali. Dopo alcune ore di attacchi i Vietminh presero il controllo della collina infliggendo oltre 100 perdite ai francesi e catturandone più del doppio, in gran parte feriti. Soltanto un centinaio di legionari riuscì a fuggire.

Giap si apprestò a replicare il suo successo contro Gabrielle, più a nord, difesa dal 7º reggimento dei tiratori algerini. Alle 18 del giorno 14, appena prima del tramonto, gli uomini della 308a divisione del Vietminh si scagliarono in avanti. Appoggiati dall’artiglieria, i difensori resistettero alle ondate di vietnamiti che si scagliavano contro i contrafforti della collina, fino a quando poco dopo le 3 del mattino, una granata centrò in pieno il posto di comando, uccidendo o ferendo, tutti i suoi occupanti.

A quel punto gli algerini iniziarono a vacillare e alle sette di mattina, anche Gabrielle cadde in mani nemiche. Sconvolti dalla perdita di due tra le colline ritenute più forti in meno di 20 ore il Comando francese non trovò niente di meglio che accusare gli ufficiali comandanti della debacle.

Al terzo giorno di battaglia, era già andata consumata la metà della scorta della guarnigione, ventisettemila proiettili. I francesi avevano perduto le loro postazioni di osservazione avanzate, cosicché i cannoni che restavano loro erano costretti a sparare pressoché alla cieca,

La notte del 15 marzo iniziarono le diserzioni di massa dei reparti thailandesi e vietnamiti che facevano parte della guarnigione di Dienbienphu. Le colline Anne-Marie 1 e 2 caddero quasi senza spargimento di sangue nelle mani di Giap, il quale senza perdere tempo riposizionò lì i propri mortai e cannoni senza rinculo.

Il morale dei francesi si era completamente sbriciolato ed ormai si attendeva di ora in ora l’assalto finale. Giap però in onore alla sua meticolosità ed alla sua prudenza, attese l’arrivo di rimpiazzi. Le conquiste di Beatrice e Gabrielle infatti erano costate care ai Vietminh, in termine di vite umane perse. Nel frattempo la sua artiglieria aveva impedito ogni sorta di collegamento aereo per i difensori di Dienbienphu. Fra gli ultimi ad atterrare e decollare dalla pista martoriata della piazzaforte francese furono i piloti mercenari americani della compagnia aerea CAT, di proprietà della CIA (Central Intelligence Agency) che operarono un numero considerevole di missioni di rifornimento.

L’utilità della pista d’atterraggio era ormai giunta al termine: il “ponte aereo”, su cui si era basato l’intero piano di Dienbienphu, era fallito e la piazzaforte era di fatto isolata. Il 29 marzo iniziarono una serie di piogge torrenziali che si protrassero per tutta la durata della battaglia, trasformando quel territorio in un desolato panorama di morte e di fango.

I pochi rifornimenti che arrivavano provenivano da lanci aerei notturni, imprecisi al punto da finire spesso nelle aree controllate dalla forze di Giap. Gli ultimi rimpiazzi, 4.306 soldati, vennero paracadutati tra il 14 marzo e il 6 maggio e non riuscirono nemmeno a compensare le perdite sofferte in quel periodo, che ammontavano a 5.500 uomini. A quel punto, gli uomini ancora in grado di reggersi in piedi erano meno di un migliaio.

Dopo l’ultima inefficace controffensiva dei francesi avvenuta il 4 maggio, Giap lanciò l’assalto finale. Dopo due giorni di aspri combattimenti gli ultimi capisaldi francesi, “Huguette”, “Dominique”, “Claudine” ed “Elaine”, caddero entro il 7 maggio 1954. Il posto di comando del colonnello de Castries venne attaccato alle ore 17.30 del 7 maggio dalla squadra d’assalto guidata dal capitano Ta Quang Luat ed il comandante delle forze francesi ed i suoi ufficiali furono fatti prigionieri.

La bandiera rossa dei Vietminh venne innalzata sul pennone del posto di comando sostituendo la bandiera bianca issata dai francesi qualche minuto prima. L’ultimo caposaldo a cadere fu “Isabelle”. Là continuarono a battersi ancora mille uomini della Legione straniera che rifiutavano di arrendersi, posti sotto la guida del colonnello Lalande. Dopo aver esaurito tutte le scorte di munizioni, i sopravvissuti tentarono un’ultima sortita con il favore del buio, ma furono uccisi tutti quanti.

Dopo 56 giorni si concludeva la battaglia di Dienbienphu. Un’area insignificante dal punto di vista strategico, era costata 5.500 morti ai francesi (contro i circa 8.000 dei Vietminh) ma soprattutto consegnato a Ho Chi Minh e Giap un’inaspettata vittoria morale e mediatica, che sancirà l’espulsione della Francia dall’Indocina.

La battaglia di Dienbienphu – prima parte

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