giovedì, Settembre 19

La battaglia di Süntel

Lo scontro tra i Franchi e i Sassoni che si consumò nell’estate del 782 è probabilmente la battaglia che conosciamo meglio di tutto il periodo in cui regnò Carlo Magno e stranamente fu una delle due perse dall’imperatore dei Franchi.

Lo scontro avvenne ai piedi di un massiccio montuoso chiamato Süntel, presso il fiume Weser, dove nell’estate del 782 si raccolse un esercito sassone per l’ennesima ribellione contro i dominatori franchi. Carlo mandò dei messaggeri ad un forte contingente militare in Sassonia dove stava preparando un’offensiva contro gli slavi. Ai comandanti di questo esercito il camerario Adalgiso, il connestabile Geilone e il conte di palazzo Worad, fu dato l’ordine di invertire la marcia e attaccare le forze sassoni nel luogo dove si stavano radunando.

Questo esercito era stato messo su per cercare e distruggere una grossa banda di razziatori e pertanto era costituito in larghissima misura dalla cavalleria. Nel frattempo mentre questa armata marciava verso il concentramento dei ribelli, Carlo aveva inviato una nuova colonna che aveva frettolosamente reclutato nella zona del Reno al comando di un suo parente, il conte Teodorico.

Gli esploratori franchi individuarono l’accampamento sassone sulle montagne oltre la Weser. I comandanti delle due colonne che nel frattempo si erano ricongiunte decisero di chiudere ogni possibilità di fuga dei sassoni, sicuri della loro ingente superiorità numerica. Teodorico pose il suo campo di fronte al campo nemico, restando però dall’altra parte del fiume, mentre la seconda colonna compì un movimento aggirante, attraversò la Weser e andò ad accamparsi alle spalle dei sassoni.

Si trattava di una manovra impeccabile che chiudeva i ribelli in una morsa, senza alcuna possibilità di scampo. Eppure quella che appariva una vittoria annunciata e scontata si tradurrà in una disfatta. Cosa accadde per ribaltare un esito della battaglia che appariva largamente scontato?

Una delle ipotesi più credibili è quella che i Franchi avrebbero sperimentato la difficoltà di coordinare a distanza il movimento e soprattutto l’attacco di diverse formazioni militari. Le fonti coeve invece attribuiscono questa sconfitta alla volontà della colonna che si era accampata alle spalle dei sassoni di “appropriarsi” dell’intera gloria di una battaglia che si preannunciava facile, rapida e soprattutto scontata.

Quindi la colonna di cavalleria caricò baldanzosamente verso il campo avversario sicura di costringere i sassoni ad una fuga precipitosa e disordinata. I sassoni che combattevano a piedi, secondo l’uso germanico, li attirarono probabilmente in una zona di non facile accesso per i cavalli e dopo aver respinto la prima carica, iniziarono a contrattaccare a loro volta, fino a circondare e poi annientare gran parte dei nemici.

Adalgiso e Geilone morirono in battaglia e con loro ben quattro conti; solo pochi fuggiaschi riuscirono ad attraversare la montagna e il fiume e raggiungere l’accampamento del conte Teodorico a cui toccò l’ingrato compito di avvertire il re della sconfitta. In risposta a questo smacco, Carlo Magno (presumibilmente nel massacro di Verden) ordinò la decapitazione di 4.500 sassoni, sorpresi a praticare il paganesimo dopo la conversione alla fede cristiana. Witichindo, il capo sassone, riparò nuovamente in Danimarca. Su questo massacro, moderne ricerche hanno avanzato dubbi, poiché nessuna prova archeologica è stata trovata ed esiste il sospetto che la fonte originale riporti erroneamente il verbo decollabat (decapitava) in luogo di delocabat (esiliava).

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Carlo Magno di A. Barbero

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