domenica, Settembre 8

La biblioteca di Alessandria

La prima cosa che i marinai dell’epoca classica scorgevano avvicinandosi da est  ad Alessandria era la colossale torre in pietra che sorgeva su una piccola isola di nome Pharos, all’ingresso del porto della città. Alta più di cento metri per i marinai era l’unico  punto di riferimento della costa egiziana per il resto totalmente piatta ed uniforme.

Ma la torre non era soltanto un riferimento per la navigazione: annunciava ai viaggiatori che stavano per giungere in una delle grandi città del mondo antico. Fondata nel 331 a.C. tra la palude Maryut ed il Mar Mediterraneo dal grande generale  macedone Alessandro Magno era collegata per mezzo dell’Eptastadio, una sorta di diga lunga circa 1200 metri  che serviva anche da acquedotto e che permise inoltre la creazione di due distinti porti.

Dopo la morte di Alessandro a Babilonia nel 323 a.C. le spoglie del grande  condottiero furono furono trasportate e seppellite ad Alessandria da uno dei suoi generali, Tolomeo, che diede vita  ad una dinastia che governerà Alessandria e l’intero Egitto per circa 300 anni. La città  si estendeva a forma di clamide, la  mantellina rettangolare indossata da Alessandro e dai suoi generali ed era al crocevia del mondo conosciuto. 

Da ovest la città accoglieva i mercanti e i trafficanti provenienti dai grandi porti del Mediterraneo e dalla Sicilia, acquistava ricchezza grazie agli scambi commerciali con la potenza in ascesa di Roma. Da nord riceveva le influenze culturali di Atene e delle altre città-stato greche. Accoglieva di buon grado gli influssi ed i commerci provenienti dai grandi regni persiani a est, mentre da sud assimilava le ricchezze del fertile delta del Nilo e le smisurate rotte commerciali degli antichi regni dell’Africa subsahariana. 

 Ma Alessandria non era soltanto un prospero centro commerciale essa divenne ben presto il centro della  cultura e dell’erudizione del suo tempo. Di tutti i maestosi monumenti che la adornavano nessuno superò la straordinaria Biblioteca fondata dai Tolomei intorno al 300 avanti  Cristo

Concepita allo scopo di conservare una copia di ogni manoscritto conosciuto in lingua greca, oltre alle traduzioni di volumi scritti in altre lingue dell’antichità, in particolare in ebraico la biblioteca ospitava migliaia di opere vergate su rotoli di papiro, tutte catalogate e consultabili.

L’immenso patrimonio di conoscenza custodito nella Biblioteca  attrasse studiosi ed eruditi da tutto il  mondo classico. Da Euclide a Callimaco, da Eratostone ad Archimede era impossibile  per  le menti più brillanti di ogni disciplina sottrarsi al fascino di tutto  il sapere custodito nella più grande biblioteca del mondo classico. 

Un decreto dei Tolomei stabiliva che ogni libro che entrasse in città fosse sequestrato dalle autorità e copiato dagli scribi della biblioteca prima di essere restituito ai legittimi proprietari. Secondo una stima prudenziale la Biblioteca di Alessandria arrivò ad ospitare  almeno 100.000 volumi, mentre alcuni fonti affermano che i testi raccolti fossero quasi 500.000. 

Il  sovrintendente della Biblioteca era di nomina reale ed il primo fu Zenodoto di Efeso.   Questi dirigeva una squadra di preparatissimi grammatici e filologi che avevano il compito di annotare e correggere i testi delle varie opere.

Nei resti di quella che era stata la grande  Biblioteca alessandrina intorno al  150 d.C. l’astronomo Claudio Tolomeo scrisse un trattato intitolato Geographikē hyphēgēsis, ovvero “Guida alla geografia”, che sarebbe diventato noto semplicemente con il nome di Geografia. Un testo che avrebbe definito la cartografia per i due millenni successivi.

La grande Biblioteca reale di Alessandria andrà distrutta probabilmente più volte tra il 48 a.C. ed il 642 d.C. e con essa è andato  perduto un inestimabile  patrimonio di conoscenze e cultura  del mondo antico.

 

 

 

 

 

 

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