giovedì, Settembre 19

La castellana Beatrice: una storia di sesso medievale

L’Età di Mezzo è stata per gran parte dei suoi 1.000 anni un’epoca di grande liberalità nel campo sessuale, soprattutto per gli uomini. Le donne invece soprattutto quelle delle classi dominanti e dell’aristocrazia erano soggette a un controllo sociale e familiare piuttosto rigido. Nondimeno le cronache raccontano i desideri e le avventure erotiche di molte donne intraprendenti che mal si assoggettavano a questo regime.

Una di queste vicende ci è giunta dal libro di uno storico francese “Storia di un paese: Montaillou, un villaggio occitano durante l’inquisizione, 1294-1324”. La protagonista di questa storia è Beatrice di Planissoles, una giovane donna figlia di un nobile minore della zona, sospettato di avere simpatie per l’eresia catara.

Beatrice va in sposa, a venti anni, al castellano di Montaillou che gestisce il territorio per conto del signore feudale della zona, il conte di Foix. Come spesso accade nei matrimoni combinati Beatrice non ama il marito e flirta con molti altri uomini. La giovane donna stava però ben attenta a limitarsi a un corteggiamento spinto quanto si vuole ma che non contemplava, l’effettiva consumazione del sesso.

Troppi erano i rischi che avrebbe corso se il marito si fosse accorto di una tresca che lo avrebbe disonorato, “costringendolo“, secondo i costumi dell’epoca, a punizioni severe che avrebbero stravolto la vita di Beatrice. Uno dei suoi corteggiatori più insistenti era l’amministratore del castello che però si spinse troppo oltre, cercando di portare la castellana a letto. Beatrice si spaventò e lo fece licenziare.

Qualche anno dopo, Beatrice non aveva ancora trent’anni il marito morì e lei ritenne di essere più libera di gestire le sue trame amorose. Ebbe relazioni con diversi uomini e anche col parroco del villaggio, Pierre Clergue. Non si trattava di un caso eccezionale, all’epoca il celibato dei preti esisteva soltanto sulla carta e gran parte dei sacerdoti vivevano con quella che la gente comune chiamava “la pretessa”.

Questo parroco però era un tipo particolare, non soltanto aveva un vero e proprio harem di donne ma era un faccendiere che teneva in pugno tutto il villaggio. Tutte queste notizie sono pervenute a noi grazie ad un’indagine svolta dall’Inquisizione nella zona per contrastare l’eresia catara. Probabilmente Beatrice si era confidata con altre donne, quasi tutte di umili origini, in quanto lei era l’unica nobile di Montaillou, durante le chiacchiere di fronte al focolare, mentre si spidocchiavano reciprocamente, pratica molto diffusa all’epoca.

L’inquieta Beatrice, a un certo punta molla il parroco e si trasferisce in un altro paese dove si risposa e fa due figlie. Quando ha poco più di quarant’anni rimane vedova una seconda volta, è già nonna in quanto le figlie hanno partorito dei figli, ma a Beatrice gli uomini piacciono troppo e allaccia una relazione con un uomo molto più giovane di lei, anche lui un prete.

Beatrice e il suo amante scapparono insieme ma l’Inquisizione li fece arrestare, non per la relazione in se, ma perché la stessa donna era sospettata di simpatie catare e nella sua borsa furono rinvenuti degli oggetti che la fecero sospettare di stregoneria. Si trattava di foglietti con delle formule incomprensibili; uno specchietto e un coltellino; panni intrisi di sangue mestruale secco, che dovevano servire per far innamorare gli uomini e tenerli legati alla donna che aveva fatto l’incantesimo. Poi c’erano molti semi di piante diverse e infine due cordoni ombelicali secchi.

Di tutto quest’armamentario ai frati dell’Inquisizione importa poco, il loro unico interesse è appurare se Beatrice è una buona cristiana o una catara. Beatrice ammise che in passato aveva avuto simpatie per i catari ma che adesso era sinceramente pentita.

Fu condannata a portare una croce gialla cucita sull’abito per tutta la vita. Era una tipica punizione dell’Inquisizione per chi veniva perdonato, ma doveva ricordarsi sempre dei suoi sbagli e stare attento a non ripeterli. Per tutto il resto fu assolta, e rimessa in libertà insieme al suo amante prete. Era una donna vedova, quindi “libera” e la sua libertà sessuale non era in discussione.

Fonti:

Dietro le quinte della storia, Angela-Barbero

1 Comment

  • Dante Iagrossi

    L’articolo è alquanto agile nella forma e piuttosto sostanzioso nei contenuti, rivelando dai fatti riportati lo spirito e certe caratteristiche sociali di un’epoca forse non abbastanza conosciuta. Forse un inizio di emancipazione femminile si è manifestato proprio a partire dalle vicissitudini e traversie della protagonista, capace di infrangere alcuni imposizioni maschiliste di ruoli tipici del suo tempo. La storia avrebbe potuto senz’altro far parte del Decamerone boccaccesco.

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