La Chiesa e il Big Bang

Siamo nei primi anni Cinquanta, Albert Einstein è ancora vivo, morirà infatti il 18 aprile del 1955. La Chiesa Cattolica cerca di utilizzare l’espansione dell’universo e il Big Bang come prova se non dell’esistenza di Dio, quale elemento indiscutibile della creazione.

Tutto inizia con un discorso tenuto il 22 novembre 1951 dall’allora settantacinquenne Papa Pio XII alla Pontificia Accademia delle Scienze. È probabile che a preparare una traccia del discorso sia stato uno degli accademici, Edmund Whittaker (1873-1956), un fisico-matematico inglese già avanti negli anni, interessato ai rapporti fra scienza e fede. In soldoni la tesi che suscita un grande clamore è quella che le recenti scoperte astronomiche costituivano la conferma della pagina iniziale del libro della Genesi, quando quest’ultimo descrive la creazione dell’universo come un Fiat lux

Davanti alla più prestigiosa istituzione scientifica cattolica presieduta da padre Agostino Gemelli, Pio XII afferma fra l’altro: «Una mente illuminata ed arricchita dalle moderne conoscenze scientifiche, la quale valuti serenamente questo problema, è portata a rompere il cerchio di una materia del tutto indipendente e autoctona, o perché increata, o perché creatasi da sé, e a risalire ad uno Spirito creatore. Col medesimo sguardo limpido e critico, con cui esamina e giudica i fatti, vi intravede e riconosce l’opera della onnipotenza creatrice, la cui virtù, agitata dal potente “fiat” pronunziato miliardi di anni fa dallo Spirito creatore, si dispiegò nell’universo, chiamando all’esistenza con un gesto d’amore generoso la materia esuberante di energia. Pare davvero che la scienza odierna, risalendo d’un tratto milioni di secoli, sia riuscita a farsi testimone di quel primordiale “Fiat lux”, allorché dal nulla proruppe con la materia un mare di luce e di radiazioni, mentre le particelle degli elementi chimici si scissero e si riunirono in milioni di galassie».

In altri termini il Papa indicava nel Big Bang, quel momento primordiale di densità infinita, come l’istante del tocco creatore di Dio così come esemplificato allegoricamente nella Genesi. E qui entra in scena Georges Edouard Lemaître (Charleroi, 17 luglio1894 – Lovanio, 20 giugno1966), fisico, astronomo e gesuita belga. Anche Lemaître  fa parte della Pontificia Accademia delle Scienze ma quel giorno è assente per altri impegni scientifici precedentemente assunti.

Venuto a conoscenza delle parole di Pio XII, il presbitero belga, il primo a capire che lo spostamento verso il rosso della luce delle stelle era la prova dell’espansione dell’universo e a proporre la relazione di proporzionalità fra la distanza delle galassie e la loro velocità di recessione, poi confermata da osservazioni sperimentali con la legge di Hubble, ne comprende appieno la pericolosità per la stessa sopravvivenza della fede cattolica.

Lemaître che nel 1927 aveva pubblicato la teoria dell’atomo primigenio, oggi nota come teoria del Big Bang capì immediatamente che il tentativo di manipolare le recenti scoperte astronomiche per avvalorare la presenza di un Dio creatore rischiava di trasformarsi in un pericoloso autogoal. Da uomo di fede e scienziato chiese pertanto di incontrare Pio XII prima che questi tenesse un nuovo discorso nel settembre del 1952 di fronte all’Assemblea Generale dell’International Astronomical Union (IAU).

Il colloquio non sarà facile e pur non avendo precisi riscontri storici del suo esito è estremamente probabile che Lemaître  sia riuscito a convincere il Papa che interpretare il Big Bang come il momento iniziale della creazione divina avrebbe dato alla Chiesa, nell’immediato, un indubbio vantaggio propagandistico ma avrebbe esposto la cristianità a pericolose smentite con il progresso della scienza, fino ad arrivare al più drammatico degli autogoal: la prova dell’inesistenza di Dio.

Comunque sia andato l’incontro tra il celebre astronomo e gesuita belga e il conservatore Pio XII il testo del discorso tenuto a Castel Gandolfo il 7 settembre 1952 davanti ai membri dell’Unione Astronomica Internazionale alla presenza dello stesso Lemaître è una vera e propria marcia indietro. Del nuovo discorso di Pio XII chiunque può cogliere bene l’idea di fondo: la scienza progredisce a grandi passi, ma essa non sarà mai in grado di rispondere alla domanda finale, quella circa l’origine di tutte le cose.

Così grazie ad un gesuita belga, amico di Einstein, con il quale però ebbe un forte contrasto scientifico proprio sulla teoria del Big Bang che si risolse a suo favore, la Chiesa rinunciò a mettere il suo cappello sull’espansione dell’universo, lasciando campo libero alla ricerca scientifica non creazionista e salvando se stessa da un cul de sac nel quale si stava cacciando da sola.

nella foto George Lemaitre.

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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  • bellissimo articolo , conoscevo l’ intuizione di lemaitre ,sull espansione dell’ universo , ma ero all’ oscuro circa il discorso di Pio xii, e sul fatto che Lamaitre gli apri gli occhi, facendogli notare che mettere in relazione il Big Bang con ” E fu la luce” , era alquanto azzardato e pericoloso per la chiesa stessa

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