giovedì, Settembre 19

La colonizzazione “verde”

Alle 07:15 UTC+0 del 14 novembre 1963, un cuoco del Ísleifur II, un peschereccio in navigazione al largo dell’arcipelago Vestmannaeyjar a sud dell’Islanda, vide qualcosa a sud-ovest della barca, che si scoprì essere una colonna di fumo scuro. I membri dell’equipaggio del peschereccio pensarono a una nave in fiamme, ma avvicinandosi per capire meglio cosa stesse accadendo si trovarono di fronte a eruzioni esplosive che producevano grandi colonne di polvere nera, chiara indicazione che un’eruzione vulcanica stava avvenendo sotto la superficie del mare.

Una stazione di rilevamento sismico islandese aveva notato, tra il 6 e l’8 novembre, segnali di deboli tremori provenienti da un epicentro a una distanza di circa 140 km a sud-est di Reykjavík. E subito dopo l’avvistamento del peschereccio, già lo stesso giorno, alle 11 di mattina tre bocche eruttive separate erano emerse dall’acqua. Nel pomeriggio le tre bocche si erano fuse in un’unica fessura eruttiva. Ancora pochi giorni e a 63.303 °N 20.605 °W una nuova isola, lunga più di 500 metri e con un’altezza di 45 metri, si era aggiunta alle altre dell’arcipelago delle Vestmannaeyjar. All’isola venne dato il nome di Surtsey, da Surtr, il gigante del fuoco della mitologia scandinava.

La spiaggia dell’isola di Surtsey “popolata” dalle Cakile

Le eruzioni continuarono fino ai primi di giugno del 1967, data nella quale l’isola raggiunse le sue massime dimensioni, circa 2,7 chilometri quadrati di terra brulla, desolata e priva di vita. Una distesa di cenere, pomice, lava e sabbia disegnavano un ambiente alieno e del tutto inospitale. In realtà questa condizione di desolazione e di assenza di vita durò veramente poco.

Le piante arrivarono subito, già nella primavera successiva all’inizio dell’eruzione. Nel 1965 la prima pianta vascolare, una Cakile arctica, cresceva su una spiaggia sabbiosa dell’isola. Le Cakile sono piante alofile cioè dotate di particolari adattamenti anatomici e fisiologici che le rendono in grado di prosperare su terreni ad alta salinità.

Cakile

Come se non bastasse l’evoluzione ha “regalato” altre potenti armi per la sopravvivenza di questa specie vegetale in particolare la speciale modalità di diffusione del seme. Dunque, quando i semi sono maturi, il baccello che li contiene si apre in due. Una metà cade vicino alla pianta madre seppellendosi nella sabbia e garantendo in ogni caso che qualche seme abbia buone opportunità di germinare. L’altra metà è portata via dal mare. Questi semi hanno una grande capacità di galleggiamento e possono rimanere in condizioni vitali in acqua per anni, dando così la possibilità alle correnti di depositarle su qualche spiaggia dove possa diffondersi.

Ed è quello che accadde con la “nuova” isola di Surtsey. Altre piante arrivarono utilizzando dei vettori alquanto singolari, ovvero le uova di alcuni pesci. In particolare le capsule tipiche che contengono le uova di razza (Raja batis) trasportarono, come ospiti imprevisti, semi di diverse specie erbacee. Naturalmente la maggior parte dei semi giunse sull’isola trasportati dal vento o dagli uccelli. Questi ultimi furono i responsabili dell’arrivo sull’isola, già nel 1967, di piante come il Polygonum maculosa (un bell’arbusto cosmopolita) e Carex nigra (una graminacea palustre).

Sottoposta prematuramente ad un’attenta osservazione da parte di naturalisti si scoprirà successivamente che di tutte le specie di piante vascolari registrate sull’isola, il 9% è stato trasportato dal vento per via aerea, il 27% via mare ed il restante 64% dagli uccelli. Alla fine del 1998 il primo esemplare di specie arborea, un Salix phylicifolia, attecchì finalmente sull’isola.

Nel 2008, a 45 anni dalla sua nascita, l’isola poteva vantare 69 specie di piante, di cui 30 stanziali. Ogni anno si stima che dalle 2 alle 3 specie nuove giungano sull’isola di Surtsey. Purtroppo la vita vegetale che ha così rapidamente conquistato il nuovo habitat ha gli anni contati. Dal lontano 1967 anno della sua massima formazione, il vento e le onde hanno eroso la sua superficie facendola diminuire costantemente: nel 2005 essa misurava 1,4 km². Nel 2012 la superficie si era ridotta a 1,3 km2. Il suo punto più elevato, misurato nel 2007, raggiungeva i 155 metri sul livello del mare. Se il trend continuerà con questo ritmo tra poco più di mezzo secolo, l’isola di Surtsey e le sue piante scompariranno dalla carta geografica e l’acqua riprenderà possesso di quel minuscolo punto in mezzo all’oceano che ha visto l’inarrestabile colonizzazione verde in azione.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

L’incredibile viaggio delle piante di S. Mancuso

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