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La divisione dei cristiani e la caduta di Costantinopoli

E’ indubbio che la divisione tra i cristiani cattolici d’Occidente e i cristiani ortodossi d’Oriente giocò un ruolo non marginale nel declino dell’Impero bizantino e successivamente nella stessa caduta di Costantinopoli.

La decisione di Manuele II Paleologo di far appello all’Occidente per difendere Costantinopoli dall’assedio del Sultano Bayezid riaprì ferite mai cicatrizzate sia di ordine teologico che del comune sentire degli abitanti di Bisanzio. Più ancora che per le dispute dottrinali che comunque riguardavano soprattutto preti, monaci ed i ceti intellettuali, quello che infiammava gli animi dei bizantini era il ricordo di un evento catastrofico avvenuto circa due secoli prima, ma ancora vivido nella memoria storica di quella popolazione.

Nei primi giorni di aprile del 1204 una flotta veneziana aveva gettato l’ancora nel Corno d’Oro. Si trattava della quarta crociata che avrebbe dovuto liberare l’Egitto dai saraceni e recava a bordo un grande contingente di cavalieri francesi. In realtà questa crociata non approderà mai sulle sponde egiziane ma rimase coinvolta in una delle lotte intestine che caratterizzavano l’impero bizantino.

Quando Alessio IV Angelo, il pretendente sostenuto dai latini fu assassinato questo episodio scatenò la rabbia dei crociati che allestirono un attacco in piena regola alle mura marittime di Costantinopoli. Il primo attacco dei crociati venne sferrato il 9 aprile 1204 ma fu respinto e procurò solo forti perdite. Il 12 aprile venne compiuto un nuovo tentativo e questa volta veneziani e francesi ricorsero ad uno stratagemma e riuscirono a sciamare dentro la città.

Il saccheggio che ne seguì fu efficiente e brutale. Gli scatenati crociati entravano nelle case ed asportavano qualsiasi cosa di valore che avessero trovato, dopo aver ucciso chiunque si trovasse dentro. Tutte le chiese vennero spogliate dei vasi sacri, delle immagini, dei candelabri e quanto non si poteva asportare veniva semplicemente distrutto.

Anche la basilica di S. Sofia venne completamente saccheggiata, l’altare venne spezzato, gli arazzi fatti a pezzi. Queste profanazioni impattarono drammaticamente nella psiche dei superstiti quasi con la stessa intensità delle violenze, degli omicidi e degli stupri che la soldataglia latina commise senza alcuna pietà. Terminata la strage ed il saccheggio si venne alla spartizione del bottino che alcuni storici calcolano di circa 900.000 marche imperiali d’argento, oggi equivalente a molte centinaia di milioni di euro.

I latini procedettero quindi all’elezione di uno di loro come imperatore e chiamarono un ecclesiastico da Venezia per ricoprire il ruolo di Patriarca di Costantinopoli. Fu proclamata quindi la riunificazione dei cristiani, in un’unica chiesa, sotto l’autorità del Papa.

Ovviamente una riunificazione dei cristiani avvenuta attraverso lo spargimento di sangue di migliaia di bizantini, la profanazione delle chiese e la perdita della loro sovranità non poteva funzionare e quando nel 1261, Michele VIII Paleologo riprenderà Costantinopoli, le due chiese tornarono a dividersi.

Lo stesso Papa, che per altro non aveva mai autorizzato l’attacco e il sacco di Bisanzio, si rendeva conto che l’odio che i bizantini provavano per i latini era stato fomentato ed esacerbato da quel tragico episodio. Accanto a questi eventi per così dire di natura politica e militare, anche gli aspetti teologici contribuirono ad un’inasprimento dei rapporti non soltanto tra le due chiese ma anche e soprattutto tra i fedeli.

La chiesa cattolica negli anni aveva compiuto una svolta razionalistica nell’interpretazione della fede, grazie in particolare, al pensiero ed alle opere di Tommaso D’Aquino (1225-1274). La chiesa ortodossa invece aveva virato in maniera decisa verso una forma di teologia mistica (esicasmo).

La pratica dell’esicasmo divulgata da Evagrio Pontico (IV secolo) e da altri maestri spirituali tra cui nel VI secolo spicca Giovanni Climaco autore della Scala del Paradiso, ebbe un impulso decisivo dall’opera di Gregorio Palamas (morto nel 1359) e nei secoli successivi dagli scritti di teologi e mistici raccolti nella Filocalia.

In una prima fase le pratiche esicaste incontrarono una forte opposizione in una parte della chiesa ortodossa. Nel 1334 un monaco, Barlaam di Calabria, accusò queste pratiche come manifestazioni superstiziose ed irrazionali. La controversia teologica che ne seguì fu tanto aspra quanto duratura. Il contrasto teologico si risolse definitivamente nel 1351, quando un sinodo riunito nel Palazzo di Blacherna si pronunciò a favore di Palamas e degli esicasti, sancendo un ulteriore, profonda spaccatura con i cristiani d’occidente.

In conclusione ragioni storiche e politiche, oltre che teologiche e spirituali costituirono un ostacolo insuperabile che portò al fallimento della missione di Manuele II Paleologo in Occidente alla ricerca di aiuti militari e finanziari per contrastare l’assedio ottomano alla capitale del traballante impero bizantino.

Come sappiamo in quell’occasione non furono i latini a salvare Costantinopoli ma l’espansionismo dei mongoli di Tamerlano che sconfissero ad Ancyra il sultano Bayezid.

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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