Incuria del territorio, assenza di un’oculata pianificazione, effetti dei cambiamenti climatici, incapacità della politica di assumere provvedimenti lungimiranti e ambientalmente sostenibili sono tutti fattori alla base del dissesto idrogeologico del nostro Paese.
Gli ultimi dati sono decisamente sconfortanti. Il 2022 è stato l’anno contrassegnato dal maggior numero di eventi estremi in Italia: ben 310 , con l’aumento del 55% rispetto all’anno precedente. In particolare, si sono avuti: 104 allagamenti, 81 trombe d’aria, 29 grandinate, 28 siccità, 18 mareggiate, 14 danni infrastrutturali, 13 inondazioni e 11 frane. Il Mediterraneo risente molto dei cambiamenti climatici e in esso l’Italia, dal territorio geologicamente “giovane”, con rocce più friabili, è a forte rischio idrogeologico.
Le regioni più colpite da alluvioni autunnali sono state le Marche, l’Emilia Romagna e la Sicilia, mentre in Campania, se ne sono avute molto gravi ad Ischia. Inoltre la siccità si è fatta sentire anche durante i mesi freddi e autunnali. Non soltanto per la scarsità delle precipitazioni ma anche per la diminuzione di neve e ghiacciai alpini (emblematico il caso della Marmolada) con conseguente notevole abbassamento dei libelli abituali di grandi fiumi e laghi. Una trentina sono state le persone morte, tra adulti e bambini, a causa di disastri ambientali.
Circa 25 anni fa a Sarno (Sa) e Quindici (Av), nel maggio del 1998 molte colate di fango per le forti piogge provocarono la morte di 161 persone e la distruzione di centinaia di case. Nelle alture sovrastanti il centro abitato, costituite di un uno strato inferiore calcareo compatto e di uno inferiore di piroclasti sciolti (da eruzioni vesuviane), la vegetazione naturale e coltivata faceva da collante al terreno. Essa però era stata progressivamente abbandonata e persino bruciata, per cui le forti precipitazioni, in 72 ore, dai 240 ai 300 mm, causarono lo scivolamento rovinoso del secondo strato sul primo. Nell’agosto 2018 la piena improvvisa del torrente Raganello in Sicilia causò la morte di 10 persone, quasi un intero nucleo familiare, e il ferimento di undici.
In generale, le cause fondamentali vanno ricercate da un lato nei cambiamenti climatici, che causano in certe zone improvvise e ingenti precipitazioni e dall’altro dagli interventi incauti, e non certo lungimiranti, dell’uomo sul territorio: cementificazione ed abusivismo edilizio , deforestazione ed errori di pianificazione, agricoltura intensiva, alterazioni e mancanza di pulizia di corsi d’acqua, abbandoni di terreni, estrazioni da cave.
Frane, per crollo, scivolamento e colata del suolo, per la gravità esercitata da notevoli masse d’acqua. Alluvioni, inondazioni a volte violente, dovute allo straripamento di corsi d’acqua per le piogge intense. Arrivate in centri abitati, la pressione di acqua e fango è così alta da provocare persino crolli di case, spostamento di auto e persone.
Bisogna evitare assolutamente la cementificazione degli argini dei fiumi e l’asfaltatura di vaste zone con costruzioni. Non disboscare i terreni, soprattutto quelli in forti pendii, e anzi riforestare quelli più sfruttati o distrutti da incendi. Non scavare i letti di fiumi, ma ripulirli periodicamente dai rifiuti accumulati Non costruire case presso corsi d’acqua, o in zone ad alta intensità sismica o franose.
Dobbiamo cambiare una volta per tutte e radicalmente la mentalità autodistruttiva di prendere provvedimenti tardivi e assai costosi solo di fronte ai disastri già avvenuti. Esiste da tempo una precisa mappatura del territorio italiano per il rischio idrogeologico, ma essa purtroppo non è stata abbastanza considerata, se non ignorata del tutto.
Secondo il geologo Mario Tozzi, intervistato più volte in occasione di vari avvenimenti gravi, i consigli degli esperti non vengono seguiti perché l’abusivismo edilizio è sul momento più conveniente da un punto di vista economico. Con la notevole incidenza dei cambiamenti climatici, il territorio andrebbe minuziosamente pianificato, ma questo non è stato fatto. Le persone che abitano in zone rischiose dovrebbero spostarsi in altre più sicure ed evitare nuove costruzioni in quelle a rischio. Dunque gli eventi estremi trovano campo facile in certe zone in cui l’illegalità sconsiderata e il timore di assumere provvedimenti impopolari fanno da moltiplicatore dei rischi connessi all’intrinseca fragilità del nostro territorio.
Per saperne di più:
Gli eventi estremi dei cambiamenti climatici
Foto di Saiful Mulia da Pixabay
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