giovedì, Settembre 19

La grande fusione

Il tempo: circa 5 miliardi di anni nel futuro. Il nostro sistema solare: il Sole si sarà espanso fino a diventare una stella rossa che fagociterà l’intero spazio fino all’orbita terrestre. In questo scenario che vedrà la scomparsa del nostro pianeta, uno straordinario evento completerà il “rimescolamento cosmico” della nostra regione dell’universo.

La nostra galassia si scontrerà con la più vicina delle grandi galassie nei dintorni, Andromeda. Mano a mano che la gravità le attrarrà l’una verso l’altra le stelle saranno strappate dalle loro orbite formando code spettacolari, mentre gas e polveri verranno schiacciati verso i nuclei in avvicinamento. Alla fine i centri delle galassie si fonderanno e il gas che si riverserà verso il nuovo centro innescherà un nuovo processo di formazione stellare in grado di produrre nuove stelle ad un ritmo 100 volte superiore a quello attuale.

I buchi neri al centro della nuova galassia si accresceranno emettendo una tempesta di particelle e radiazioni così ricche di energia da superare tutta la luce delle stelle delle due galassie messe insieme. Dopo 100 milioni di anni dall’inizio del processo di fusione i due grandi buchi neri della Via Lattea e di Andromeda si fonderanno in uno spaventoso cataclisma che genererà una “tempesta” di onde gravitazionali che si diffonderanno per lo spazio profondo.

Nonostante tutto quello che abbiamo descritto, l’incontro “ravvicinato” tra la Via Lattea e Andromeda non sarà una vera e propria collisione. Le galassie sono per lo più fatte di spazio vuoto. Per avere un’idea i circa 300 miliardi di stelle della Via Lattea sono separate tra loro, in media da quasi 5 anni luce. La maggior parte delle stelle passeranno una accanto all’altra senza provocare “scontri cosmici”.

Lo studio delle fusioni galattiche sono molto importanti per comprendere l’evoluzione dell’universo. Le simulazioni effettuate fanno ritenere che negli ultimi dieci miliardi di anni la nostra galassia sia stata interessata da cinque importanti fusioni che l’hanno portata ad essere la grande spirale di oggi.

Nel tempo grazie ad esempio a strumenti osservativi come IRAS (InfraRed Astronomical Satellite, in italiano Satellite Astronomico Infrarosso) che ha cessato di essere operativo nel 1983, a computer più potenti ed altri telescopi di nuova generazione gli scienziati hanno potuto osservare e comprendere meglio diversi fenomeni connessi alle collisioni tra galassie.

Ad esempio le galassia starburst ovvero galassie  in cui il processo di formazione stellare è eccezionalmente violento, se comparato al normale tasso di formazione nella gran parte delle galassie. Le galassie mostrano un picco nella formazione di nuove stelle specialmente dopo una collisione o un incontro ravvicinato con altre galassie. Questo tasso di formazione stellare è talmente elevato per una galassia che ne va incontro, che, se il tasso è sostenuto, le sue riserve di gas si esauriranno molto più in fretta rispetto a quella che è la normale scala evolutiva della galassia ospitante; per questa ragione, si pensa che i fenomeni di starburst siano temporanei. Galassie starburst molto note sono M82, le galassie Antenne, IC 10 e l galassia Baby Boom.

Alla fine degli anni Ottanta ci furono progressi nella comprensione di cosa accade nei nuclei delle galassie in fusione quando fu chiarita la correlazione tra le fusioni ed un’altra categoria di corpi celesti i quasar, che sono alimentati da buchi neri supermassicci attivi. L’enorme luminosità dei quasar (più di 1000 volte quella del Sole) è spiegata con l’attrito causato da gas e polveri che cadono in un buco nero supermassiccio formando un disco di accrescimento, meccanismo che può convertire circa la metà della massa di un oggetto in energia, contro i pochi punti percentuali dei processi di fusione nucleare, anche se i meccanismi esatti di questa enorme produzione di energia sono sconosciuti.

Nel 2004 è stato avviato il Great Observatories All-sky LIRG Survey (GOALS) che combina i dati degli osservatori Spitzer, Chandra, Hubble e GALEX della NASA, insieme ai dati a terra in un’indagine spettroscopica e di imaging completa di oltre 200 galassie a infrarossi luminosi (LIRG) a basso spostamento verso il rosso.  Questi strumenti forniscono una visuale su più lunghezze d’onda del ciclo di vita della fusione.

GOALS ha raccolto dati su oltre 200 oggetti, tutti entro 1,3 miliardi di anni luce, rendendo possibili gli studi più dettagliati ad oggi sulle galassie luminose all’infrarosso. GOALS ha chiarito definitivamente alcuni dubbi come ad esempio che le “starbust” sembrano fonti più importanti di energia dei buchi neri. Pare che circa un quinto di tutte le galassie luminose all’infrarosso in GOALS ospiti buchi neri supermassicci attivi ma anche in queste galassie il contributo energetico delle stelle è particolarmente significativo.

Si tratta però ancora di ipotesi non del tutto consolidate e i cui dati potrebbero dipendere da una diversa cronologia di crescita tra stelle e buchi neri. Recentemente è stato scoperto che la maggior parte della formazione stellare nelle LIRG (galassie all’infrarosso) avviene in regioni di starbust estremamente compatte ed energetiche.

Queste regioni hanno un tasso di formazione stellare dieci volte superiore a quello delle galassie normali. Un ottimo esempio di questo fenomeno è ARP 220 la galassia ultra luminosa all’infrarosso (ULIRG) più vicina alla Terra. La sua emissione di energia fu scoperta da IRAS proprio in quanto collocata soprattutto nello spettro del lontano infrarosso. Spesso considerata come il prototipo della ULIRG, è stata oggetto di molti studi. Si suppone che gran parte dell’emissione di energia sia il risultato di una massiccia attività di formazione stellare (starburst), probabilmente innescata dall’interazione di due galassie più piccole.

Sebbene le fusioni galattiche siano immense fabbriche di stelle, gli ammassi stellari che si formano nella collisione potrebbero avere vite sorprendentemente brevi. Osservazioni in questo senso hanno evidenziato un drastico calo del numero di ammassi in funzione dell’età dell’ammasso, tanto da ipotizzare che un numero significativo di ammassi stellari venga distrutto poco dopo la nascita dalle galassie che si fondono.

Il telescopio spaziale James Webb lanciato il 25 dicembre 2021 potrà ampliare notevolmente la conoscenza sul fenomeno di fusione delle galassie. Il James Webb Telescope cinquanta volte più sensibile di Hubble e dieci volte con il potere di risoluzione di Spitzer ci fornirà immagini nitide delle galassie nel vicino e nel medio infrarosso. Grazie anche a questi nuovi strumenti capiremo sempre meglio come nascono e vivono le galassie.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Le Scienze, febbraio 2022, ed. cartacea


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