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La lunga marcia dei vaccini a mRNA

Tra coloro che rifiutano la vaccinazione anti Covid19 c’è una quota di persone scettiche nei confronti dei vaccini messi a punto da Pfizer e Moderna, che si basano sulla tecnologia del RNA messaggero. L’accusa è che si tratta di farmaci immessi in mercato in un tempo brevissimo (meno di un anno), non sufficientemente testati e quindi poco sicuri.

In realtà la storia dei vaccini a mRNA è molto lunga ed il primo “vagito”, se così si può dire, risale al 1987 quando Robert Malone, un dottorando del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla miscelò filamenti di RNA messaggero con gocce di grasso ottenendo una sorta di zuppa molecolare. Le cellule umane immerse in quella zuppa genica iniziarono a sintetizzare le proteine codificate nel mRNA. Malone si rese conto subito dell’enorme potenziale che questa tecnologia, all’epoca rozza ed approssimativa, apriva in campo farmacologico.

Malone mise per iscritto i risultati dei suoi esperimenti e le sue supposizioni sugli scenari che essi aprivano, ma il percorso per mettere a punto questa tecnologia non fu né rapido né lineare. Per molti anni l’mRNA fu considerato molto instabile e costoso per essere la base di nuovi farmaci o vaccini. Particolarmente complesso era trovare il giusto mix tra grassi e acidi nucleici che sono i “mattoncini” dei vaccini a mRNA.

La messa a punto dei vaccini a mRNA che sono somministrati a centinaia di milioni di persone in tutto il mondo e che faranno incassare, per il solo 2021, alle case produttrici qualcosa come 50 miliardi di dollari è il classico esempio di una scoperta scientifica a cui hanno dato contributi fondamentali molti ricercatori per alcuni decenni, ma anche di fallimenti e vicoli ciechi, di perseveranza ed intuizione e naturalmente di rilevanti interessi economici.

Gli esperimenti di Malone non erano il frutto di una solitaria intuizione dell’allora giovane dottorando, già nel 1978,ovvero dieci anni prima alcuni ricercatori avevano utilizzato strutture lipidiche membranose (i liposomi) all’interno di cellule marine e umane allo scopo di indurre la produzione di proteine. All’epoca però nessuno pensava all’mRNA come un prodotto da utilizzare in campo medico.

La svolta si ebbe nel 1984 quando un team di biologi dell’università di Harvard riuscì a produrre mRNA biologicamente attivo in laboratorio a partire da un enzima a RNA (proveniente da un virus), metodologia che nelle sue linee fondamentali è quella usata per produrre i vaccini Pfizer e Moderna. L’RNA continuava però ad avere una reputazione di essere incredibilmente instabile.

Questa reputazione è probabilmente alla base della rinuncia a brevettare la tecnologia compiuta da Harvard che cedettero i reagenti utilizzati ad una società di forniture per laboratorio, la Promega Corporation, in cambio di una piccola percentuale sui diritti di brevetto ed una cassa di champagne. Con i suoi esperimenti Malone aveva introdotto nel cocktail genico un liposoma dotato di carica positiva che aveva un maggior potere di legarsi alla struttura portante dell’RNA.

Malone però non finì mai il suo dottorato, per un dissidio con il suo capo abbandonò gli studi ed andò a lavorare presso in una start up, appena fondata, la Vical. Il suo rapporto con questa società non durerà molto nel 1989 l’abbandonerà citando disaccordi scientifici e mancato riconoscimento del suo contributo intellettuale. Dopo alcuni anni di attività accademica non confortata, per mancanza di fondi, degli studi per la realizzazione di vaccini con questa tecnologia Malone, nel 2001, lasciò il mondo universitario per darsi ad un’attività di consulenza.

E’ singolare che proprio uno degli artefici dello sviluppo di questa tecnologia, forse come reazione al mancato riconoscimento del mondo accademico sul suo ruolo, sia diventato negli ultimi tempi uno dei critici più feroci dei vaccini a RNA messaggero accusati da Malone di scarsa sicurezza, con argomenti confutati dalla grande maggioranza di scienziati e ricercatori.

Per tutti gli anni Novanta ed almeno fino al 2005-2006 quasi tutte le aziende che lavoravano sull’mRNA decisero di investire i loro soldi in altri progetti. Si trattava per queste aziende di farmaci troppo costosi da realizzare e non sufficientemente stabili. Agli inizi del ventunesimo secolo due società tedesche Biontech e Curevac iniziarono ad investire decisamente su questa tecnologia. Nel 2007, all’altro capo dell’oceano, una piccola start up americana, la RNARx, ricevette una somma modesta dal governo federale, poco più di 97.000 dollari. I fondatori, due scienziati della Penn University, avevano scoperto che modificare una parte del codice mRNA aiuta l’mRNA sintetico a superare le difese immunitarie innate delle cellule.

Nel settembre del 2010 Derek Rossi un biologo delle cellule staminali descrisse un metodo per utilizzare l’mRNA modificato per trasformare cellule epidermiche in staminali simil-embrionali e successivamente in tessuto muscolare in grado di contrarsi. La scoperta fece scalpore e Rossi divenne il cofondatore di una startup chiamata Moderna con sede a Cambridge.

A questo punto molte grandi case farmaceutiche coglievano finalmente la potenzialità della tecnologia basata sull’RNA messaggero ed entravano sul mercato, da Novartis e Shire. Intanto nel 2015 Moderna aveva già raccolto un miliardo di dollari e soprattutto decise di concentrarsi su una sfida ambiziosa produrre vaccina a mRNA. Ad inizio 2020 Moderna era arrivata alla fase di sperimentazione sugli esseri umani con nove candidati vaccini mRNA per varie malattie infettive. Soltanto uno riuscì a passare alla fase successiva di sperimentazione.

L’arrivo di SARS-Cov-2 aveva però trovato l’azienda statunitense in uno stadio avanzato di progettazione tanto che Moderna fu in grado di produrre un prototipo di vaccino appena pochi giorni dopo la pubblicazione online del genoma del virus. Anche Biontech mettendo a frutto un’attività pluriennale in questo settore ed accelerando le fasi è riuscita a passare dai primi test sugli esseri umani all’approvazione emergenziale del suo vaccino in soltanto otto mesi.

Questa storia lunga trent’anni smentisce coloro che ritengono questi vaccini nati quasi dal nulla. Miliardi di dosi inoculate in tutto il mondo confermano che si tratta di una tecnologia sicura ed efficace, frutto di più di trenta anni di studi, ricerche e sperimentazioni.

Fonti:

Nature

Le Scienze, dicembre 2021, ed. cartacea

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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