lunedì, Settembre 16

La nascita del Welfare State dopo la seconda guerra mondiale

Uno degli obiettivi della ripresa postbellica era la lotta alla disoccupazione coniugata al contrasto della recessione economica di paesi usciti distrutti dalla guerra. Era profondamente diffusa la convinzione che fascismo e comunismo si fossero affermati negli anni precedenti il conflitto grazie alle profonde disuguaglianze sociali che investivano gran parte delle società europee.

Se le democrazie volevano rilegittimarsi dovevano affrontare con rinnovato impegno il tema delle “condizioni del popolo“. Come aveva affermato un secolo prima Thomas Carlyle <<Se non si fa qualcosa, un giorno qualcosa si farà da sé in un modo che non ci piacerà>>. Il Welfare State, ovvero la pianificazione sociale, nel 1945 era ormai da due generazioni oggetto di dibattito e di primi interventi, in virtù dell’assoluta convinzione che la condizione fisica e morale dei cittadini fosse questione di pubblico interesse e quindi compito primario dello Stato.

E proprio la Germania prima del disastroso e criminale conflitto scatenato da Hitler era la nazione più all’avanguardia nel campo della protezione sociale. Fin dai tempi del cancellierato di Bismarck, tra il 1883 e il 1889, la Germania si era già dotata di un rudimentale sistema pensionistico, un piano di assicurazione sanitaria e un sistema di copertura per gli infortuni sul lavoro.

In Inghilterra il governo liberale presieduto da Herbert Asquith introdusse nei primi dieci anni del ventesimo secolo embrionali sistemi pensionistici e assicurativi. L’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione fu introdotta per prima nel 1911 in Inghilterra, in Italia nel 1919, in Austria nel 1920, in Polonia nel 1924, in Germania e Yugoslavia nel 1927. Tutti i paesi dell’Europa orientale introdussero sistemi pensionistici e assicurativi a cavallo tra le due guerre.

Nessuna di queste prime conquiste era però inserita all’interno di un quadro coordinato e generalizzato tipico dei moderni sistemi di Welfare. Inoltre si trattava di provvedimenti spesso non universali come i sistemi pensionistici e di assicurazione sanitaria introdotti in Inghilterra che erano applicabili soltanto agli uomini. La guerra cambiò tutto.

La fine della seconda guerra mondiale consegnò allo Stato un nuovo ruolo per rispondere a vecchie e urgenti aspettative. Se possibile il nuovo welfare iniziò a formarsi con la guerra ancora in corso, la generale mobilitazione di uomini e donni per sostenere una guerra totale e senza quartiere rendeva necessario approntare le misure sociali necessarie per mantenerli in condizioni di produttività.

I Welfare State che sorsero dopo la fine della guerra furono molto diversi gli dagli altri ma si possono rintracciare alcuni elementi comuni. La fornitura di servizi riguardava principalmente istruzione, abitazioni e assistenza sanitari, finanziamenti alla cultura e trasporti pubblici. La previdenza sociale concerneva essenzialmente le assicurazioni contro le malattie, gli incidenti, la disoccupazione e i pericoli della vecchiaia.

Le differenze più importanti stavano nei metodi scelti per finanziare questi ombrelli protettivi. Alcuni paesi scelsero la tassazione come metodo di finanziamento e fornirono servizi gratuiti o a costi politici, come ad esempio l’Inghilterra che in quella fase storica aveva una predilezione per i monopoli statali. In altri paesi si optò per concedere ai cittadini sussidi in denaro che poi erano spesi autonomamente da coloro che ne avevano avuto il diritto.

In Francia e in alcuni paesi minori il cittadino doveva anticipare le spese per le prestazioni mediche salvo poi chiedere il rimborso. Maturava pertanto un sistema assistenziale globale che per sua natura svolgeva anche una funzione redistributiva della ricchezza. Il Welfare State che nasceva all’indomani del 1945 rispondeva quindi a precisi criteri politici figli del contesto storico nel quale si trovava un’Europa devastata dalla guerra.

Nei paesi dell’Europa orientale per la natura dei regimi che andarono instaurandosi sotto la spinta e il controllo dell’Unione Sovietica furono adottate altre modalità per la redistribuzione della ricchezza, escludendone a volte i contadini per ragioni politiche. In Europa occidentale soltanto sei paesi Italia, Belgio, Norvegia, Austria, Germania Ovest e Inghilterra introdussero dopo il 1945 l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione. In altri paesi come l’Olanda ci si affido al volontariato sia pure incentivato fino al 1949 e in Francia addirittura fino al 1967.

Nei paesi dove tra le due guerre la disoccupazione fu una piaga particolarmente grave come in Inghilterra e in Belgio la spesa assistenziale si concentrò soprattutto nell’obiettivo di mantenere una piena occupazione. Non fu così in Italia e Francia che ebbero diverse priorità. I maggiori progressi paradossalmente furono compiuti nel Regno Unito che partendo quasi da zero realizzò uno dei Welfare più completi e avanzati di quel periodo storico. In parte questo fu favorito dalla schiacciante vittoria alle elezioni del 1945 del Partito Laburista che poté governare senza bisogno di alleati e realizzò gran parte del suo programma elettorale.

Alla base del Welfare inglese c’è senza ombra di dubbio il “rapporto Beveridge” formalmente intitolato Report on Social Insurance and Allied Services (Rapporto sulle assicurazioni sociali e sui servizi affini), un rapporto parlamentare britannico pubblicato nel novembre 1942. Scritto sotto la direzione dell’economista liberale William Beveridge, ebbe un’influenza nel determinare l’istituzione dello stato sociale nel Regno Unito dopo la seconda guerra mondiale. Il rapporto prometteva ricompense per i sacrifici di tutti. Costituì la base per le riforme del dopoguerra che includono l’espansione della National Insurance e la creazione del National Health Service.

Grazie all’affermazione generalizzata dei principi del Welfare State, al netto delle inevitabili differenze, i cittadini dell’Europa occidentale si poterono permettere un’alimentazione più completa e quasi sempre migliore, una vita più lunga e più sana, case più adeguate e soprattutto una rete di protezione contro i rischi e le avversità della vita. Ovviamente il Welfare costava e gli Stati iniziarono a destinare quote del loro bilancio sempre più importanti negli anni successivi al 1945: in Inghilterra si toccherà nel 1949 il 17% e oltre del bilancio statale, nello stesso tempo la Francia raggiunse l’8,2%, persino l’Italia paese più povero e uscito sconfitto dalla guerra in quell’anno destinava oltre il 5% del suo bilancio al mantenimento del Welfare State.

L’estensione dello stato sociale fu ben tollerato dalle classi dominanti dell’epoca perché se nelle prime battute furono le classi meno abbienti ad avvantaggiarsene a lungo termine i maggiori beneficiari furono professionisti e commercianti, ovvero quello che definiamo adesso classe media, che fino all’introduzione dello stato sociale dovevano pagarsi prestazioni mediche e assicurative di tasca propria. In altri termini si trattava di una politica di redistribuzione dei redditi “soft” che non aveva niente di rivoluzionario e che pertanto fino alle soglie degli anni Ottanta non sarà contestata seriamente neppure dai partiti e movimenti conservatori.

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