lunedì, Settembre 16

La questione polacca all’indomani dell’Operazione Barbarossa

Dopo la sciagurata spartizione della Polonia tra la Germania nazista e l’Unione Sovietica di Stalin, il premier polacco aveva trovato asilo in Francia, insieme al suo governo e a una parte delle truppe scampate alle invasioni russo-tedesche.

Nel giugno del 1940 il tracollo francese aveva indotto il primo ministro polacco Władysław Sikorski e il suo entourage a riparare in Gran Bretagna. Qui accompagnato dal deputato conservatore Victor Cazalet, veterano della prima guerra mondiale, che aveva ripetutamente messo in guardia dal pericolo rappresentato dalla Germania di Hitler, effettuò una serie di ispezioni alle unità militari polacche che si stavano riorganizzando in Inghilterra.

Quando la Germania lanciò l’Operazione Barbarossa, affossando unilateralmente il patto Molotov-Ribbentrop, la Polonia si trovava “tecnicamente” dalla stessa parte dell’Unione Sovietica. I polacchi non potevano dimenticare il “tradimento” sovietico, né scordare che 2 milioni di connazionali, compreso l’equivalente di svariate divisioni dell’esercito, erano stati deportati come prigionieri verso est o erano semplicemente scomparsi.

Il recente passato pesava come un macigno sulla possibilità di una cooperazione militare congiunta contro l’aggressione nazista. La “questione polacca” pareva un ostacolo insormontabile sulle relazioni di due paesi che si trovavano per l’ennesima piroetta della storia dalla stessa parte della barricata.

Churchill era consapevole degli ostacoli che si frapponevano ad un’alleanza militare tra il governo in esilio polacco e la Russia di Stalin. Nonostante questo invitò caldamente l’ambasciatore sovietico a Londra, Majskij e il governo di Sikorski perché nel luglio 1941 intavolassero delle trattative che portassero in primis a riallacciare delle relazioni diplomatiche e di conseguenza a stabilire una cooperazione militare.

I polacchi posero due pre condizioni precise: la dichiarazione che la spartizione nazi-sovietica della Polonia era nulla e priva di valore, il che significava che al termine della guerra sarebbero stati ripristinati i confini pre-1939; e la liberazione di tutti i militari e i civili imprigionati e deportati, cosa che avrebbe consentito la formazione in Unione Sovietica di unità dell’esercito polacco pronte a unirsi per combattere i tedeschi.

L’ambasciatore sovietico fece però capire subito che Stalin aveva altre idee circa i confini. Stalin tramite il suo ambasciatore a Londra trasmise al premier polacco che i futuri confini sarebbero stati disegnati intorno alle aree abitate esclusivamente dai polacchi. Si intendeva così mantenere il possesso di gran parte dei territori occupati dall’Urss, dove era avvenuta una forzata russificazione di quei territori e una conseguente “pulizia etnica”.

Nonostante le opposizioni presenti all’interno dell’entourage del primo ministro, Sikorski intendeva raggiungere un accordo. Qualcuno nel governo polacco in esilio riteneva che l’accordo in discussione non avrebbe avuto effetti concreti sul futuro assetto della Polonia ritenendo l’Unione Sovietica prossima al tracollo militare.

Secondo l’ambasciatore polacco in Gran Bretagna, il conte Edward Raczyński «la definizione dei nostri confini orientali non dipenderebbe dall’Unione Sovietica» bensì «i nostri confini saranno in caso decisi dagli Stati vincitori e con ogni probabilità in primo luogo dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti».

Naturalmente l’aristocratico ambasciatore sarà smentito dalla Storia. Le pressioni britanniche alla fine indussero il 30 luglio Sikorski a firmare il trattato polacco-sovietico, tre dei suoi ministri si dimisero per protesta e anche alcuni dei suoi più fedeli sostenitori ebbero la sensazione che li avesse traditi. La Russia di fatto non aveva concesso niente sui futuri confini, limitandosi a dichiarare nullo il patto Molotov-Ribbentrop e annunciando l’amnistia per tutti i prigionieri polacchi.

Paradossalmente Churchill che era entrato in guerra a causa dell’invasione della Polonia, sacrificò le giuste aspirazioni di questo Stato alla superiore esigenza di puntellare l’indispensabile alleato orientale, la Russia di Stalin. Così scrisse il primo ministro inglese: «ci toccò la sgradevole responsabilità di consigliare al generale Sikorski di fidarsi della buona fede sovietica nello sviluppo futuro dei rapporti polacco-russi, e di non insistere in quel momento per avere alcuna garanzia scritta sul futuro».

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