I grandi latifondisti del Meridione d’Italia avevano mantenuto i propri privilegi per tutto il ventennio fascista perpetuando le condizioni di sfruttamento secolare dei braccianti meridionali. Il dopoguerra consegnò all’agenda politica della neonata Repubblica l’esigenza di approntare una riforma agraria in grado di sanare le più macroscopiche ingiustizie sociali e avviare lo sviluppo economico del Mezzogiorno. Il parlamento italiano varò nel 1950 varò la legge stralcio n. 841 del 21 ottobre 1950. La riforma agraria si proponeva:
a) imposizione di un limite d’estensione alla proprietà terriera privata e l’assegnazione delle terre eccedenti il limite a coltivatori manuali della terra; b) bonifica e trasformazione fondiaria; c) formazione e potenziamento della piccola proprietà contadina e di efficienti organizzazioni cooperative; d) ricomposizione fondiaria, tutela della minima unità colturale; e) provvedimenti a favore delle zone montane; f) perfezionamento del credito agrario.
Finanziata in parte con i fondi del Piano Marshall la riforma fu osteggiata, fra gli altri, da esponenti conservatori dell’amministrazione americana. La riforma produsse alcuni effetti benefici quali una migliore resa delle colture che da estensive diventarono intensive e quindi un migliore sfruttamento delle superfici utilizzate e un aumento della redditività del lavoro agricolo.
Si trattò però di risultati che non furono tali da sanare completamente le arretratezze del settore agricolo meridionale né di fare dell’agricoltura uno dei pilastri della ripresa del Mezzogiorno. Buona parte delle terre espropriate ai vecchi latifondi era privi di acqua, strade e abitazioni, dei 74.000 ettari ridistribuiti in Sicilia il 90% era marginale o di scarsa qualità e non adatte alla coltivazione.
Gli assegnatari che avevano un reddito quasi inesistente non avevano i mezzi finanziari per effettuare i necessari investimenti in grado di incrementare la redditività di terre aspre e spesso isolate. Si può dire senza tema di esagerare che la riforma agraria italiana fallì quello che era il suo principale e ambizioso obiettivo, rappresentare la soluzione della “questione meridionale”.
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