domenica, Settembre 8

La riproduzione non è un pranzo di gala

Mao Zedong, il grande Timoniere che fece della Cina un paese comunista dai tratti originali, nel suo celebre Libretto Rosso scrisse una delle massime politiche più famose di ogni tempo “La rivoluzione non è un pranzo di gala…”, ebbene neppure fare un figlio assomiglia ad un pranzo di gala.

Assicurare la continuazione della specie umana è infatti un epico confronto con le probabilità, quelle di rimanere incinta e quelle di partorire in tutta sicurezza. Ma vediamo le varie tappe di questa “corsa agli ostacoli” a cui ci sottopone l’evoluzione umana.

Gli spermatozoi

Gli spermatozoi che devono fecondare l’ovulo sono nuotatori lentissimi, privi di senso dell’orientamento e solo grazie alla forza dell’orgasmo maschile sono in grado di lanciarsi nella loro disperata missione. La stragrande maggioranza di loro fallisce clamorosamente ed esiste soltanto il 3% di probabilità che si riesca a concepire un figlio con un singolo amplesso.

Negli ultimi decenni moti studi hanno rilevato un preoccupante calo della conta spermatica. Un uomo “normospermico” eiacula tra 1,5 e 6 millilitri di sperma, contenente da 20 a 200 milioni di spermatozoi per ogni millilitro. Secondo una meta analisi pubblicata qualche anno fa, dal 1973 al 2011, nei paesi occidentali la conta spermatica si sarebbe quasi dimezzata.

Le cause di questo crollo del numero degli spermatozoi sarebbero ascrivibili al moderno stile di vita, all’alimentazione, a fattori ambientali e persino alle mutande troppo strette. La stima di quella meta analisi è oggetto di dibattito per l’entità di questo calo ma tutti i ricercatori sono concordi che esso esiste anche se con stime differenti.

Gli ovuli

Ogni donna nasce con un enorme scorta di ovuli. Gli ovuli infatti si formano nell’utero materno e aspettano anni nelle ovaie prima di essere chiamati in causa. Un feto “femmina” di 20 settimane ha già 6 milioni di ovuli. Alla nascita si ridurranno a un milione e nel corso della vita continueranno a diminuire. Quando una donna entra nell’età fertile ha circa 180.000 ovuli a disposizione.

Con il processo di invecchiamento non soltanto cala il numero di ovuli a disposizione ma anche la loro “qualità“. Per questo chi rinvia la maternità verso la fine del periodo fertile ha più difficoltà a rimanere incinta. Nei maggior parte dei paesi occidentali le donne concepiscono il loro primo figlio intorno ai 30 anni, gli Stati Uniti sono un’eccezione con i loro 26.5 anni di media.

Ci sono poi differenze anagrafiche all’interno degli stessi paesi dovuti alle diverse condìzioni socio economiche. In Gran Bretagna il primo figlio viene concepito mediamente quando la donna ha 28,5 anni, ma se è laureata questa media sale a 35 anni! A quell’età della scorta iniziale di ovuli ne rimane soltanto il 5% e molti di essi di non eccelsa qualità.

Il paradosso del concepimento

L’evoluzione associata al cambiamento dello stile di vita produce degli strani paradossi, mentre l’età del primo concepimento si allunga, raggiungendo e superando i trenta anni, il momento nel quale la donna diventa fertile si è sensibilmente accorciato.

Il ciclo mestruale che a fine XIX secolo compariva intorno ai 15 anni, adesso si manifesta verso i 12,5 anni, almeno nei paesi occidentali. Quello che preoccupa è che questo trend sembra subire un ulteriore accelerazione nel corso degli ultimi anni, abbassando di un ulteriore anno e mezzo la comparsa delle prime mestruazioni.

Negli Stati Uniti circa il 15% delle bambine vi si affaccia a sette anni, un motivo di grande preoccupazione, per la salute a lungo termine di queste ultra premature mini donne fertili.

Bersaglio centrato

Ma arriviamo al momento in cui un fortunato e solitario spermatozoo riesce ad imbattersi nell’ovulo che lo accoglie prontamente. Superata la barriera esterna, detta zona pellucida, si unisce all’ovulo, che attiva una sorta di campo di forza elettrico intorno a sé per impedire l’ingresso di altri spermatozoi. I due DNA si fondono in una nuova entità chiamata zigote e ha così inizio una nuova vita.

Non dobbiamo illuderci che questo lieto evento elimini ogni altro fattore di rischio e probabile che quasi la metà dei concepimenti non vada a buon fine, altrimenti l’incidenza delle malattie genetiche non sarebbe del 2% ma del 12%.

Circa l’1% degli ovuli fecondati invece che nell’utero finiscono nelle tube di Falloppio o in altre zone non preposte alla crescita del feto, questa condizione definita gravidanza ectopica, una volta dall’esito mortale e oggi comunque foriera di una gravidanza ad alto rischio.

La gravidanza

Se tutti questi rischi sono superati nel giro di una settimana lo zigote ha prodotto una decina di cellule staminali pluripotenti, sono queste cellule che organizzeranno e stabiliranno la natura dei miliardi di cellule che porteranno alla nascita di un neonato.

L’evento più importante della nuova vita in essere è la gastrulazione ovvero il processo che porta alla differenziazione cellulare indispensabile per formare il nuovo individuo. Capita a volte che questo collaudato processo “fallisca” è un ovulo fecondato si divida a formare gemelli identici (o monozigoti), che sono veri e propri cloni: hanno gli stessi geni e di solito si somigliano molto.

Esistono anche i cosiddetti “gemelli fraterni” quando quando nella stessa ovulazione due ovuli vengono fecondati da spermatozoi diversi. In questo caso la somiglianza tra i due gemelli non va oltre quella tipica tra comuni fratelli. Un parto naturale su 100 genera gemelli fraterni, uno su 250 gemelli identici, uno su 6000 tre gemelli e uno su 500.000 quattro gemelli.

Il parto

Affinché una nuova vita venga al mondo occorre superare l’ultimo ostacolo: il parto. Fino a poco più di un secolo fa la conoscenza sulla gravidanza e sul parto era estremamente limitata al punto che si utilizzavano pratiche o si suggerivano comportamenti che oggi consideriamo assurdi e in molti casi dannosi.

Morire di parto era, purtroppo, una realtà molto frequente. Per 250 anni la febbre puerperale ucciderà decine di migliaia di neo mamme. Per la prima volta documentata a Lipsia nel 1652, insorgeva dopo un parto senza particolari problemi provocando alla donna febbre altissime, deliri e molto spesso la morte. Nel 1847 il dottor Ignaz Semmelweis, che lavorava a Vienna, fu il primo ad intuire che essa era scatenata non da strani miasmi ma semplicemente dalla mancanza di igiene.

I medici infatti facevano partorire le donne senza neppure lavarsi le mani prima. Semmelweis non era però benvoluto dalla sua categoria e la sua intuizione non si propagò come meritava. Ancora negli anni Trenta dello scorso secolo la febbre puerperale uccideva 4 donne su 10 nei reparti di maternità di Europa e America. Con l’avvento della penicillina ed un’accresciuta igiene, la mortalità durante il parto precipitò. I paesi più virtuosi sono l’Italia con 3,9 decessi per parto ogni centomila donne, seguita con il 4,6 in Svezia, 5,1 in Australia, 5,7 in Irlanda e 6,6 in Canada.

Gli Stati Uniti ancora una volta mostrano tutta la fragilità del loro sistema sanitario con ben 16,7 donne morte ogni 1000.000 partorienti.

Conclusione

Se dopo questa autentica corsa ad ostacoli tutto va per il verso giusto, finalmente, viene alla luce un neonato. Sfortunatamente se per i paesi più ricchi e sviluppati del mondo questo lieto evento comporta tassi bassissimi di mortalità infantile, non è così per tanti altri paesi africani o asiatici, dove ancora oggi, in pieno ventunesimo secolo, a causa della fragilità dei sistemi sanitari, della scarsa educazione delle neo mamme e delle condizioni socio economiche complessive di quei paesi, il tributo che si paga a livello di mortalità infantile è inaccettabile.

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Per saperne di più:

Il parto

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Bryson, Bill. Breve storia del corpo umano: Una guida per gli occupanti

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