Categories: Astronomia

La rivoluzione di 51 Pegasi b


E’ il 6 ottobre 1995, a Firenze si sta svolgendo un congresso di astronomi, due astrofisici svizzeri dell’Observatoire de Genève, Michel Mayor, professore all’università di Ginevra, e Didier Queloz, allora dottorando, annunciano la scoperta di un pianeta attorno alla stella 51 Pegasi. Si tratta del primo pianeta extrasolare attorno a una stella di sequenza principale, come sono definite le stelle simili al nostro Sole. I due studiosi pubblicarono poi l’articolo scientifico con la descrizione della scoperta di 51 Pegasi b (come fu catalogato il pianeta) su Nature una delle più importanti riviste scientifiche internazionali, nel numero del 23 novembre 1995.

Una scoperta da Nobel

La loro scoperta che frutterà ai due ricercatori il Premio Nobel per la Fisica 2019 costituirà l’avvio di una vera e propria rivoluzione nell’ambito della ricerca dei pianeti extra solari o esopianeti. 51 Pegasi b spingerà molti giovani astrofisici a diventare dei veri e propri “cacciatori di pianeti“. Da allora, in un quarto di secolo sono stati scoperti oltre 4500 esopianeti in orbita intorno a circa 3500 stelle, il 20% delle quali ospita sistemi planetari multipli.

Se ci limitiamo al nostro “vicinato spaziale” nell’arco di 30.000 miliardi di chilometri ad oggi sono 18 le stelle conosciute che ospitano più di un pianeta. Fra le tecniche utilizzate per scoprire “strani, nuovi mondi” quelle che hanno dato maggior frutto sono il metodo dei transiti fotometrici e quello basato sulle velocità radiali. Entrambe sono tecniche indirette perché permettono di scoprire la presenza di un pianeta senza una sua osservazione diretta.

Il metodo delle velocità radiali

Il pianeta extrasolare 51 Pegasi b fu trovato applicando una tecnica osservativa che sfrutta l’effetto Doppler. Il metodo si basa sull’analisi spettroscopica della luce che proviene da una stella misurando i piccolissimi effetti gravitazionali del pianeta (che non vediamo) sul suo astro che perciò non è fermo al centro del sistema stella-pianeta, ma compie una piccola oscillazione intorno al punto di equilibrio delle rispettive attrazioni, detto “baricentro comune del sistema”. Dalla Terra si può pertanto notare che le righe spettrali mostrano uno spostamento ciclico in maniera alternata verso lunghezze d’onda ora più alte (spostamento Doppler verso il rosso, in inglese redshift), ora più basse (spostamento Doppler verso il blu, in inglese blueshift). La presenza dello spostamento Doppler segnala quindi l’esistenza di un corpo di massa planetaria in orbita attorno alla stella anche senza vederlo direttamente.

Il metodo del transito

In questo caso si misura la diminuzione di luminosità di una stella quando un suo pianeta le passa davanti rispetto al nostro punto di osservazione. Questo metodo ci consente anche di misurare il raggio del pianeta in questione, mentre con il primo metodo, quello delle velocità radiali siamo in grado di stimare la massa del pianeta perché, com’è facile intuire, maggiore la massa del pianeta, maggiore è la velocità radiale dell’oscillazione della stella attorno al baricentro comune del sistema. Il metodo dei transiti ha permesso di individuare il maggior numero di esopianeti, grazie soprattutto al telescopio spaziale Kepler, ormai inoperativo ed a quello ancora funzionante del satellite TESS, sempre della NASA.

Le super Terre

Grazie a Kepler oggi sappiamo che esistono pianeti di tutte le “taglie”, gassosi o rocciosi, fino ad arrivare ad una tipologia molto comune ma fino a poco tempo fa sconosciuta perché assente nel Sistema Solare: le Super Terre. La super Terra è un pianeta extrasolare di tipo roccioso che abbia una massa compresa tra 1,9–5 e 10 masse terrestri (M); questa classe di pianeti è dunque una via di mezzo tra i giganti gassosi di massa simile ad Urano e Nettuno ed i pianeti rocciosi di dimensioni simili alla Terra.

Questi mondi hanno un raggio compreso tra 1,5 e 4 volte quello terrestre ed in base a quello che conosciamo su di loro si ipotizza che molti di essi siano mondi d’acqua, ovvero siano ricoperti da oceani profondi. Questo è quanto si evince dai modelli ricavabili conoscendo raggio e massa di un esopianeta. Il termine “super Terra” si riferisce esclusivamente alla massa del pianeta, e non considera altre proprietà quali condizioni in superficie o eventuale abitabilità. I primi pianeti appartenenti a questa categoria furono scoperti nel 1992 attorno ad una pulsar; fu però a partire dal 2005 che si iniziarono ad individuare delle super Terre attorno a stelle di sequenza principale, con la scoperta di Gliese 876 d.

Raggio e massa

Fondamentale per un “cacciatore di pianeti” è cercare di misurare con la massima precisione possibile il raggio e la massa dell’esopianeta. Avere a disposizione una misura precisa della massa ci permette ad esempio di poter effettuare un’analisi quantitativa dell’atmosfera di pianeti piccoli transitanti. Ancora una volta, il James Webb Telescope, che ci auguriamo dopo numerosi rinvii, possa essere lanciato entro la fine di quest’anno, sarà prezioso per continuare la rivoluzione iniziata con 51 Pegasi b.

Fonti:

Le Scienze, ottobre 2021, ed. cartacea

alcune voci di Wikipedia

labottegadelbarbieri.org

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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