lunedì, Settembre 16

La scoperta dei Rotoli del Mar Morto

I Rotoli (o Manoscritti) del Mar Morto sono un insieme di manoscritti rinvenuti tra il 1947 ed il 1956 nei pressi dell’antico insediamento di Khirbet Qumran, sulla riva nord-occidentale del Mar Morto. Sono testi con grande significato storico e religioso, in quanto comprendono alcune fra le più antiche copie superstiti note dei libri biblici e dei loro commenti, e conservano la testimonianza della fine del tardo giudaismo del Secondo Tempio. Essi sono scritti in ebraico, aramaico e greco, per lo più su pergamena, ma con alcuni scritti su papiro.

Prima della loro scoperta la versione più antica della Bibbia risaliva ad almeno 1000 anni dopo e fu rinvenuta nascosta nella stanza sul retro di una sinagoga al Cairo, in Egitto. I Rotoli del Mar Morto più antichi risalgono al III secolo a.e.v., i più recenti al I secolo e.v. Questi manoscritti furono nascosti in grotte nelle pareti rocciose sulla sponda occidentale del Mar Morto, nell’odierno Israele, con buona probabilità durante la prima guerra giudaica contro Roma, tra il 66 e il 70 e.v.

Secondo alcuni studiosi questi manoscritti facevano parte della biblioteca del vicino insediamento di Qumran che probabilmente era abitato dagli Esseni, uno dei tre principali gruppi ebraici dell’epoca (gli altri erano i sadducei e i farisei). Secondo Filone e Plinio il Vecchio questi ebrei praticavano la castità e rifiutavano la proprietà individuale, in altri termini conducevano una vita da monaci ante litteram. Chiunque fossero vivevano in uno dei luoghi più caldi e più secchi del pianeta.

I primi di questi rotoli, che oggi sono in totale oltre novecento, furono ritrovati nel 1947 da tre giovani beduini, solitamente descritti come cugini. Stavano portando le greggi di pecore e capre ad abbeverarsi nella vicina sorgente di Ein Feshkha quando uno dei ragazzi si allontanò dagli altri, forse in cerca di una capra smarrita. In preda alla noia, raccolse un sasso e cercò di lanciarlo in una grotta che vedeva in alto sulla parete rocciosa. Dopo vari tentativi riuscì a centrare l’apertura, e udì un forte schianto, come di ceramica che andava in frantumi.

Andò quindi a chiamare gli altri due ragazzi ed il giorno dopo i tre cugini si decisero ad esplorare la grotta. Rimasero delusi non trovando niente di prezioso a parte dodici giare, una delle quali rotta (probabilmente quella colpita dal giovane beduino con il sasso). Dentro la giara infranta rinvennero diversi rotoli fatti di cuoio. Presero con sé i rotoli ma lasciarono i recipienti nella grotta. Il giorno dopo alcuni anziani della tribù a cui appartenevano i tre giovani beduini andarono a Betlemme con l’intenzione di vendere i manoscritti in cuoio. Qui la storia si fa un po’ nebulosa e ci sono almeno due varianti, sta di fatto che la notizia del ritrovamento giunse anche a uno studioso ebreo a Gerusalemme, Eliezer Sukenik, che salì sul primo autobus per Betlemme e acquistò tre di questi rotoli per poi fare ritorno a Gerusalemme a poche ore dallo scoppio della guerra arabo-israeliana del 1948.

Sukenik una volta tradotti i manoscritti rimase sbigottito nel constatare come uno di essi fosse una copia del Libro di Isaia della Bibbia ebraica. Confrontandola con la copia ritrovata nella sinagoga del Cairo e datata quasi un millennio dopo lo studioso né constato la quasi totale identicità. Uno degli altri due, detto Rotolo del Ringraziamento, conteneva inni e preghiere inediti. Anche il terzo, detto Rotolo della Guerra, era sconosciuto: riportava il fatto che gli abitanti di Qumran, stavano aspettando l’Armageddon: la battaglia finale tra il bene e il male. Di li a poco sul mercato delle antichità apparvero altri quattro manoscritti messi in circolazione dall’arcivescovo Samuel del monastero siriano ortodosso di San Marco a Gerusalemme, che a sua volta li aveva comprati da un antiquario di Betlemme, a quanto si dice per la somma di 250 dollari.

Samuel li offrì a Sukenik ma i due non trovarono l’accordo sulla cifra. L’intraprendente arcivescovo però non si perse d’animo e nel gennaio del 1949 introdusse illegalmente negli Stati Uniti i manoscritti. Per alcuni anni li nascose accuratamente finché il 1 giugno del 1954, mise un annuncio commerciale sul «Wall Street Journal», che diceva: «I quattro Rotoli del Mar Morto – Vendonsi manoscritti biblici risalenti come minimo al 200 a.e.v. Regalo ideale per un’istituzione scolastica o religiosa da parte di singoli individui o gruppi. Box F 206, The Wall Street Journal».

L’ennesimo colpo di scena a sorpresa di questa vicenda vuole che uno dei più importanti archeologi israeliani dell’epoca, Yigael Yadin, si trovasse negli Stati Uniti per un ciclo di lezioni alla John Hopkins University. Venuto a sapere dell’annuncio, con l’ausilio di un intermediario di New York, Yadin acquistò i quattro manoscritti per conto dello Stato d’Israele, per un quarto di milione di dollari. Fu così che i sette rotoli furono riuniti. Oggi sono conservati al Museo d’Israele a Gerusalemme, in un padiglione apposito chiamato «Santuario del Libro».

L’elenco delle straordinarie coincidenze di questa storia però non finisce qui. Yigael Yadin ad un certo punto della sua vita aveva cambiato legalmente cognome. Alla nascita si chiamava Yigael Sukenik: era figlio di Eliezer Sukenik, l’antiquario che aveva messo le mani sui primi Rotoli e che si era lasciato sfuggire quelli offerti dall’arcivescovo Samuel. L’eco di questa scoperta agitò profondamente il mondo degli studi biblici e tra gli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo una moltitudine di archeologi e pastori beduini scatenarono una vera e propria caccia nella regione alla ricerca di altre grotte e di altri manoscritti.

E in effetti ne trovarono di nuove, una dopo l’altra, almeno undici in totale. Finite le ricerche, erano state rinvenute diverse copie di quasi ogni libro della Bibbia ebraica, escluso quello di Ester, nonché numerosi altri manoscritti di carattere non religioso.

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