lunedì, Settembre 16

La scrittura nel MedioEvo

Fino all’anno Mille, con le dovute eccezioni, il monopolio della scrittura e della cultura fu esercitato da monaci e chierici. Per assistere alla formazione di una classe di intellettuali laici dobbiamo attendere il XII secolo e la nascita delle prime università. Fino a quel periodo la cultura era patrimonio dei monasteri secondo la regola di San Benedetto che prevedeva un equilibrio tra la vita contemplativa e la vita attiva dei monaci.

I benedettini quindi oltre alla preghiera e alla meditazione si dedicavano allo studio e alla copiatura di testi sacri e opere classiche da effettuarsi negli efficienti scriptoria, i locali riservati alla scrittura dei volumi. Oltre ai benedettini in quest’opera di diffusione e conservazione della cultura scritta si distinsero i monaci irlandesi a cui dobbiamo non soltanto la preservazione di importanti opere classiche che altrimenti sarebbero andate perdute ma anche la produzione originale di trattati, poesie e cronache.

Opere che si sono rivelate fondamentali per la cultura dei secoli a venire facendo meritare all’Irlanda il soprannome di “isola dei santi e dei dotti”. Se gli scritti di san Patrizio (come l’Epistula ad milites Corotici, i soldati pagani di un principe scozzese cristiano, e soprattutto le sue Confessiones), di Gilda (De excidio et conquestu Britanniae, De paenitentia, Oratio pro itineris et navigationis prosperitate) e di san Colombano ebbero un’importanza e un influsso davvero imponente su tutta la tradizione letteraria e monastica successiva, l’Antifonario di Bangor (databile alla fine del VII secolo e riscoperto nel Settecento dall’erudito Ludovico Antonio Muratori) rappresenta una delle prime e più belle raccolte organiche di preghiere e canti liturgici accompagnati da musica (non una sola nota, però, è stata salvata).

I manoscritti medievali erano scritti sulla pergamena. La carta conosciuta in Oriente fin dal II secolo a.e.v. si diffuse in Occidente non prima dell’anno Mille grazie agli Arabi che importarono la tecnica di fabbricazione. Il primo documento su carta di cui si abbia conoscenza risale al 1109, redatto in lingua araba e greca è un mandato della contessa normanna Adelasia, prima moglie di re Ruggero I, attualmente conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo.

Come si fabbricava la carta? Si prendevano stracci di stoffa e fibre di piante, li si metteva in una vasca di pietra e li si riduceva in frantumi con l’aiuto di magli in metallo, azionati dall’energia dell’acqua. All’impasto veniva aggiunta acqua. La poltiglia così ottenuta era poi riposta su un telaio a maglie fitte e messa ad asciugare: ed ecco il foglio di carta. Se si inseriva nel telaio un filo metallico con un disegno particolare, si otteneva un vero e proprio “marchio” in filigrana che ne garantiva provenienza e qualità: in questo campo, a distinguersi fu il territorio di Fabriano (Ancona) meritandosi una fama che dura ancora oggi. Col tempo si capì che la resa del foglio poteva migliorare ulteriormente se lo si spennellava di colla: così reso impermeabile, non assorbiva l’inchiostro e si evitavano le macchie. Da lì al definitivo trionfo sancito con l’invenzione della stampa – il primo libro stampato con la tecnica dei caratteri mobili fu la Bibbia: il 23 febbraio 1455, in Germania, da Johann Gutenberg – il passo sarebbe stato breve.

Dal dodicesimo secolo la carta soppianterà definitivamente la pergamena che invece era prodotta dalla pelle di ovini o vitelli. Il nome deriva dall’antica città di Pergamo, in Asia Minore, dove si racconta che si produceva già dal II secolo avanti Cristo. Il procedimento di produzione della pergamena era però molto costoso. Per questo il mondo antico preferì l’uso del papiro alla pergamena e tale supporto rimase diffuso finché fu possibile averlo in abbondanza.

Il papiro veniva prodotto dall’omonima pianta lacustre che cresce lungo i fiumi dell’area mediterranea. Con le invasioni barbariche e l’allentamento dei traffici nel Mediterraneo, la disponibilità di papiro in Occidente andò esaurendosi e dunque si ricorse sempre di più alla pergamena. Che divenne, di fatto, il veicolo su cui viaggiò tutta la cultura morale e materiale del Medioevo fino all’introduzione definitiva della carta.

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