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La spericolata vita di Cagliostro

Il suo vero nome era Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Franco Balsamo, noto con il nome di Alessandro, conte di Cagliostro o più semplicemente Cagliostro ed era nato a Palermo il 2 giugno 1743 da genitori poverissimi.

Rimasto giovanissimo orfano di padre Cagliostro in pochi anni si cucì addosso una biografia fantasmagorica grazie alla sua vita di avventuriero spregiudicato ed alla sua personalità carismatica. Secondo un memoriale redatto nel 1786 dallo stesso Balsamo in giovane età avrebbe visitato l’Egitto, Malta e Rodi. Raccontava di aver trascorso la giovinezza alla Mecca dove aveva appreso i segreti degli antichi sacerdoti egizi ed imparato a trasmutare i metalli.

Non deve stupire che le pratiche esoteriche ed alchemiche del tempo fossero associate all’Egitto, quel paese era per il resto dell’Europa misterioso e sconosciuto, almeno fino a che la campagna di Napoleone (1798-1801) non farà un po’ di luce sulla sua civiltà e sulle condizioni attuali di quei territori.

Questa presunta esperienza egiziana indusse Cagliostro a fondare una loggia massonica di rito egiziano di cui si nomino Sommo Sacerdote. La personalità magnetica di questo imbroglione sedusse intellettuali e potenti di mezza Europa.

Nel 1768 troviamo Balsamo a Roma dove in seguito ad una rissa viene imprigionato. Lo tira fuori dalle segrete papaline il cardinale Orsini grazie all’intercessione del suo maggiordomo che Cagliostro aveva frequentato fino a diventarne amico.

Sempre quell’anno il nostro presunto conte di Cagliostro sposa una giovane diciassettenne analfabeta e poverissima Lorenza Serafina Feliciani. La giovane particolarmente avvenente non esita a prostituirsi per mantenersi. Il matrimonio si celebra nella chiesa di San Salvatore in Campo  ed il certificato di matrimonio tuttora conservato attesta che il Nostro si chiami effettivamente Giuseppe Balsamo ed è figlio del fu Pietro, palermitano, non vi è traccia di alcun titolo nobiliare, né in particolare del nome di Cagliostro con il quale si fa abitualmente chiamare.

Cagliostro e Lorenza agiranno spesso in combutta con imbrogli e ricatti come avvenne a Londra nel 1771 quando organizzano un ricatto ai danni di un ingenuo quacchero che, spinto ad amoreggiare dalla compiacente Lorenza, viene sorpreso da Balsamo che, fingendosi scandalizzato per il tradimento della moglie, pretende soddisfazione con un duello all’ultimo sangue “accontentandosi” poi di un risarcimento morale con un’abbondante somma di denaro.

La fine di Cagliostro sarà però terribile. Dopo essere sfuggito decine di volte alla giustizia di mezza Europa, cade nel tranello teso dai servizi segreti papali. Avvicinato un giorno da due spie dello Stato Pontificio, tali Matteo Berardi e Carlo Antonini, che gli chiesero di accoglierli nella Massoneria, Cagliostro, senza sospettare di nulla, fece loro compiere le cerimonie iniziatiche, violando così la norma dello Stato pontificio che vietava, pena la morte, l’organizzazione di società massoniche. I due iniziati, soddisfatti di quanto avevano visto e ascoltato, sparirono prima di versare la quota di adesione.

Stavolta Lorenza, la moglie che lo aveva seguito in tutte le sue spericolate imprese per mezza Europa, fiutò il serio pericolo che gravava su di loro e denunciò Cagliostro ad un parroco che immediatamente informò il Sant’Uffizio. Il 27 dicembre 1789 Cagliostro viene arrestato e rinchiuso nelle segrete di Castel Sant’Angelo, la moglie spedita in domicilio coatto presso il convento di Sant’Apollonia.

Le accuse contro il Balsamo sono pesantissime: consistono nell’esercizio dell’attività di massone, di magia, di bestemmie contro Dio, Cristo, la Madonna, i santi, contro i culti della religione cattolica, di lenocinio, di falso, di truffa, di calunnia e di pubblicazione di scritti sediziosi. Più che sufficienti per mandarlo sul patibolo.

Cagliostro viene però difeso da un brillante avvocato Carlo Costantini che lo dipinge come un povero imbroglione, un ciarlatano di limitata intelligenza, privo della cultura teologica per fomentare qualsiasi eresia. Dipinge poi la moglie, principale accusatrice come una volgare puttana, immorale e senza scrupoli, la cui parola non vale niente.

Grazie a questa strategia difensiva Costantini salva la vita di Cagliostro e riesce a far commutare la sentenza emessa il 7 aprile 1791 da una con pena capitale ad una con la carcerazione perpetua. Cagliostro viene trasferito nella terribile fortezza di Rocca San Leo sull’appennino tosco-romagnolo. La cella che gli era stata assegnata era però una vera e propria anticamera dell’inferno, chiamata il Pozzetto perché priva di porta – il detenuto fu calato da una botola del soffitto – di dieci metri quadrati, munita di una finestrella appena più larga di una feritoia, con una triplice serie di sbarre da cui si potevano vedere le due chiese di San Leo e a stento un fazzoletto di cielo.

Cagliostro in quel luogo orribile inscenò l’ultima recita della sua vita. Nella speranza di impietosire i guardiani che ogni tanto si affacciavano dalla botola, si faceva trovare spesso inginocchiato in preghiera oppure intento a tracciare immagini sacre sul muro. Arrivò perfino a rifiutare il cibo come penitenza per i suoi peccati.

Ma quest’ultimo disperato stratagemma non sortì alcun effetto e Cagliostro scivolò progressivamente in una reale follia dal quale lo liberò la morte avvenuta il 26 agosto 1795 all’età di 52 anni.

nella foto un ritratto di Cagliostro

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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