giovedì, Settembre 19

La tragedia dell’Armir – parte prima

L’Armir (Armata Italiana in Russia), costituita dall’Ottava Armata del Regio Esercito era l’evoluzione e l’implementazione del CSIR, il Corpo di Spedizione in Russia, fortemente voluto da Mussolini, per ragioni di discutibile prestigio verso l’alleato nazista, fin dal 1941.

La sua tragica epopea iniziò negli ultimi giorni del gelido novembre del 1942 in conseguenza dei rovesci subiti dalla Quarta Armata tedesca e dalla Terza Armata romena. Grazie ad una geniale manovra a tenaglia, che aveva chiuso in una sacca a Stalingrado anche la Sesta Armata nazista, le forze sovietiche avevano dato una spallata decisiva a tutto il fronte del Don dove erano schierati anche gli italiani.

Tra l’Armir ed il gruppo armato del Caucaso si era aperto un vuoto pauroso. Soprattutto l’ala destra dell’Armir era appoggiata alla Terza Armata romena, un’unità ormai in procinto di totale dissoluzione. Per avere un’idea della disperata collocazione difensiva dell’ARMIR, per tutto il lunghissimo fronte, ogni soldato italiano era separato da un altro da ben sette metri.

L’armamento in dotazione alle forze italiane è drammaticamente carente. L’arma base individuale è il fucile mod. 91. Le armi di reparto, automatiche, sono persino eleganti nelle loro finiture, peccato che alle rigidissime temperature dell’inverno russo si inceppino in continuazione. Le bombe a mano in dotazione alla truppa di carattere offensivo, fanno molto rumore e fumo e poco danno. In tutto il fronte non esiste un solo vero carro armato italiano, tranne una trentina di carri leggeri Modello L, delle scatolette di circa 3 tonnellate, più leggeri di un grosso camion della logistica e vulnerabili anche alle più leggere armi anticarro sovietiche. Armi anticarro che mancano totalmente ai nostri soldati.

L’artiglieria è scarsa e obsoleta, tanto per avere un’idea vengono schierati anche i pezzi someggiabili 75/13 della Grande Guerra. Insomma tra il nostro armamento e quello sovietico non esiste alcun termine di paragone possibile, sia in termini di quantità che di qualità ed efficienza.

Anche la situazione logistica è disperata. Gli autoreparti sono pochi e il carburante scarseggia. Nelle nostre retrovie ci sono anche alcuni magazzini pieni di vettovaglie e munizioni ma per la disorganizzazione e la mancanza di mezzi di trasporto non riescono a raggiungere la prima linea. Li, i nostri soldati sono costretti spesso a sopravvivere con mille sotterfugi, sottraendo patate e grano ai tedeschi. L’equipaggiamento è totalmente inadeguato al clima russo.
I soldati italiani vestono divise di finta lana invece che divise trapuntante e il 90% delle truppa è costretta per combattere il gelo ad indossare sotto la divisa indumenti borghesi spediti dall’Italia.

Il ridicolo si raggiunge nelle scarpe. Tutta l’Armir è dotata del modello Standard indossato dai nostri reparti in Africa settentrionale, nella campagna francese o in quella greco-albanese. Scarpe che causeranno migliaia di amputazioni di piedi congelati dalle bassissime temperature dell’inverno russo. I tedeschi invece indossano i “valenchi” comodi, rozzi e caldi stivaloni di feltro, tipici dei contadini russi. Anche le nostre unità avrebbero dovuto indossare i valenchi, per altro facilmente realizzabili anche da un’economia autarchica ed arretrata come la nostra, ma burocrazia e disorganizzazione faranno si che soltanto pochissimi reparti riceveranno queste indispensabili calzature.

Se la situazione alimentare non tracollerà prima del previsto è anche grazie alle migliaia di pacchi provenienti dai parenti dei soldati che oltre a capi di vestiario conterranno castagne, fichi secchi, farina, pane, salumi. Nelle retrovie infuria la borsa nera che aggiunge danno al danno sulle già scarse razioni alimentari della truppa. Le temperature, per altro a fine novembre ancora non rigidissime (la media è intorno ai 10 gradi sottozero, ma presto si arriverà anche a -20 e -30°!) necessiterebbe di un’alimentazione ricca di grassi e proteine, ma i nostri soldati si nutrono essenzialmente di patate bollite e pane abbrustolito.

Nonostante questa gravissima situazione strategica e logistica, il morale dell’Armir, prima della bufera che sta per investirlo, è buono.

……continua…..

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