L’aceto, di vino o derivante da altre materie prime vegetali, è un liquido acido prodotto da una doppia fermentazione (alcolica ed acetica) di mosti.
Questa bevanda, ha una storia abbastanza antica. I greci la chiamavano Oxycrat, i romani Posca. Era una bevanda ricavata da una mescolanza di acqua, aceto e miele, impiegata ai fini medici come disinfettante ma anche come rinvigorente (basti pensare all’aceto e acqua offerto a Cristo).
I romani lo usavano per preparare le loro salse (Garum), o le preparazioni a base di formaggio (Moretum). Nel medioevo si produceva, invece, l’Agresto, una bevanda a base di vino acidulo, mosto cotto e spezie.
Oggigiorno è uno dei mezzi più comuni di conservazione per gli ortaggi, oltre che un condimento prezioso, specialmente per l’economia che ci gira intorno. In Italia infatti, specialmente nell’Emilia (provincie di Modena, Reggio nell’Emilia), si trovano numerose acetaie che producono l’aceto balsamico, ognuna con la propria storia e tradizione produttiva, le cui prime testimonianze risalgono al medioevo e in particolare al 1747 risale la dicitura “balsamico” per quelli prodotti nelle Terre Estensi. Perse le botti e la storia produttiva con l’avvento napoleonico, è nel 1860, che l’enologo casalese Ottavio Ottavi chiede all’avvocato. Francesco Aggazzotti del Colombario come fare l’aceto balsamico, producendo così il documento principe che segna la nascita della tecnica di produzione dell’aceto balsamico.
Il processo fermentativo impiegato, è quello acetico, che in questo caso è apertamente voluto. Di per sé non è una vera fermentazione, poiché non avviene in anaerobiosi e non è carico dei lieviti, bensì di batteri Gram positivi, aerobi obbligati, appartenenti alla famiglia degli Acetobacter e Glucanobacter (Acetobacter aceti, A.hansenii, A.pasterianus), i quali sono in grado di ossidare l’alcool, e produrre acido acetico, in presenza di ossigeno (una mole di O2 per una di etanolo), per ossidazione dell’etanolo prodotto con la fermentazione alcolica.
L’alcool viene ossidato ad acetaldeide e, infine, ad acido acetico. Il processo è messo in atto dai batteri per la produzione di energia sotto forma di ATP. La fermentazione acetica si può ottenere partendo da un liquido alcolico, tipo il vino, a determinate condizioni, quali: una temperatura compresa tra i 20 e i 30° Celsius, un titolo di etanolo maggiore del 15% e la presenza di ossigeno. Gli Starter acetici (colture selezionate di batteri acetici), sono scelti sulla base della loro capacità di tollerare alte gradazioni alcoliche (più di 12°). I vini destinati a tale processo devono presentare un titolo alcolico di almeno 8,5% v.v. Il processo di acetificazione è suddiviso in due tipologie: per sommerso o superficiale.
Il processo in sommerso consiste nel sottoporre la massa di vino (sano, limpido, privo di zuccheri aggiunti o residui e di odori anomali), in un speciale tino, ad acidificazione e aereazione, mediante l’impiego di una massa di vino acidulo proveniente da un’acidificazione in parallelo pari al 20-30% della massa, e altro vino sino al 50-60% del totale.
Durante il processo si immetterà aria (ossigeno) mediante pompe, e si controlleranno le temperature sprigionate 28-32°C dato che il processo è esotermico). Quando il titolo alcolico finale risulterà pari o inferiore all’1-1,5% di acido acetico, il processo sarà concluso. Si provvederà a ripristinare il volume mediante aggiunta di vino, a cui seguirà una successiva fermentazione, quindi l’aceto andrà incontro alle operazioni di maturazione, filtraggio, pastorizzazione (77-80°C) ed imbottigliamento.
L’acetificazione in superficie, detta anche alla Orlens, viene impiegata nei procedimenti “casalinghi”, mediante acetaie (in legno, dalla capacità di 20-30 L) in cantina, attraverso rimasugli di vini, anche già in stato di acidificazione. Il processo consiste nel riempire per la metà o almeno 2/3 della botticella, così da permettere un contatto diretto fra l’ossigeno e la massa, sino a maturazione. La botte, contenendo già dell’aceto maturo, ricco di batteri acetici avvierà l’ossidazione dell’Etanolo in acido acetico, generando anche un sottile velo, così che il procedimento risulti abbastanza rapido (15-20 gg). Di questa esiste una variante detta per percolamento.
Per ciò che riguarda gli aceti balsamici, prodotti nelle Provincie di Modena e Reggio, si conoscono le seguenti tipologie:
Essendo prodotti a marchio IGP e DOP, necessiteranno del rispetto di un apposito Disciplinare e dal controllo mediante un Consorzio di tutela e il MIPAFF. Inoltre saranno disciplinati da diverse normative: D.M. 3-12-1965, D.M. 5-4-1985 , L.93-3-4-1986, D.M. 9-2-1987, D.M. 15 novembre 1989.
Dal D.M. 3-12-1965, apprendiamo che :
L’«aceto balsamico di Modena» è il prodotto ottenuto, con particolare e tradizionale tecnologia, dalla fermentazione alcolica ed acetica di mosti d’uva, eventualmente sottoposti a parziale fermentazione o concentrati anche a fuoco diretto, con l’aggiunta di una aliquota di aceto vecchio di almeno 10 anni, in modo da conferire al prodotto i caratteri organolettici tipici, e con o senza aggiunta di aceto ottenuto per acetificazione di solo vino. L’acetificazione del prodotto, eventualmente anche disacidificato, nonché l’invecchiamento e l’affinamento, devono avvenire in botti di legno pregiato, come rovere, castagno, quercia, gelso, ginepro.
L’«Aceto balsamico di Modena» destinato al commercio deve avere le seguenti caratteristiche: a) liquido di colore bruno scuro, sapore dolce acido, odore aromatico, gradito e caratteristico; b) acidità totale espressa in acido acetico non inferiore a grammi 6% ml; c) quantitativo di alcole non superiore all’1,5 per cento in volume; d) estratto secco, dedotti gli zuccheri, non inferiore a grammi 30 per litro. 3. All’«Aceto balsamico di Modena» è consentita l’aggiunta del caramello. 4. Dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale, è concesso un termine di mesi dodici per lo smaltimento dell’«Aceto balsamico di Modena» con caratteristiche non conformi a quelle sopra indicate.
Il processo produttivo avviene mediante botticelle in legno (castagno, ciliegio, ginepro, gelso, frassino, in n. dispari (5-7) con un dimetro decrescente (80-20-15 L), poste a batteria, e di un tempo di maturazione abbastanza lungo (anche 20 anni), con un volume finale di aceto pari a 2 L. da ognuna si opererà il travaso e il rincalzo di una quantità di aceto per la successiva botte. La materia prima consisterà nel mosto d’uva proveniente dal vitigno Trebbiano concentrato, il cui contenuto zuccherino è pari al 50%. Gli starter impiegati presentano una buona capacità di tollerare gli zuccheri presenti, con un processo di commensalismo fra lieviti e batteri acetici.
Bibliografia
Il fatto alimentare https://ilfattoalimentare.it/aceto-vino-antico-conservante-naturale-salumeria.html
Il fatto alimentare https://ilfattoalimentare.it/?s=aceto
Consorzio di tutela aceto balsamico di Modena https://www.consorziobalsamico.it/
Microbiologia degli alimenti fermentati, Zambonelli, Tini, Giuduci, Grazie, Calderini, 2011
D. M. 3-12-1965
Foto di Harry axalant da Pixabay
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