lunedì, Settembre 16

L’ascensore spaziale

Ancora oggi per mettere in orbita un satellite o inviare una sonda verso la Luna o altri pianeti del Sistema Solare ci dobbiamo affidare ai razzi e ad un notevole dispendio energetico per toccare la velocità di fuga che nel caso del nostro pianeta è di circa 11,2 km al secondo.

Alcuni visionari si sono posti il problema se fosse possibile salire gradualmente evitando di applicare il principio di conservazione del moto e contenendo i consumi energetici.

Il primo ad immaginare di poter costruire una struttura molto alta che permetta di “arrampicarci” progressivamente verso l’orbita geostazionaria ed oltre è stato nel 1894 il fisico e scienziato russo Konstantin Ciolkovskij, insegnante a San Pietroburgo, nel suo saggio dal sapore fantascientifico Sogni sulla Terra e sul cielo, ispirandosi alla Torre Eiffel, ipotizzò  un struttura a base molto larga capace di raggiungere il limite dell’orbita geostazionaria.

Una volta alla sommità della torre, un qualsiasi oggetto in movimento sincrono con essa avrebbe avuto una velocità angolare sufficiente a sfuggire all’attrazione terrestre e a essere lanciato nello spazio.

Lo stesso Ciolkovskij ammise subito che questa torre ipotetica era fisicamente irrealizzabile, non soltanto per la mancanza di materiali iper resistenti ma anche perché il diametro di base di una struttura alta 35.786 km avrebbe dovuta essere ampia alcune centinaia di chilometri.

Perché questa altezza specifica? Questa misura si evince dai calcoli della velocità orbitale e ci dice a che altezza dovremmo collocare la fine della torre per rimanere sempre sullo stesso punto perpendicolare della superficie terrestre. Si tratta dell’orbita geostazionaria dove vengono collocati i satelliti che stanno sulla “nostra testa”.

Nel 1957 un altro scienziato russo  Yuri Artsutanov introdusse una variante più realistica per costruire un ipotetico ascensore spaziale. Si trattava di utilizzare un satellite geosincrono come base da cui costruire la torre. Utilizzando un contrappeso, un cavo verrebbe abbassato dall’orbita geostazionaria fino alla superficie della Terra, mentre il contrappeso verrebbe esteso dal satellite allontanandolo dalla Terra, mantenendo il centro di massa del cavo immobile rispetto alla Terra. L’articolo fu pubblicato nel 1860 su una rivista sovietica del tempo.

Lungo questo cavo si potrebbe far salire una cabina ed avremmo quindi un vero e proprio ascensore spaziale. Un manufatto del genere permetterebbe di abbattere drasticamente i costi per mettere in orbita satelliti o trasportare rifornimenti alla Stazione Spaziale Internazionale. Attualmente per trasportare in orbita un chilogrammo di massa si spendono dai 25.000 agli 88.000 dollari.

L’idea di Artsutanov ha una base realistica maggiore di quella di Ciolkovskij, resta il fatto che costruire un cavo lungo più di 30.000 km ed in grado di resistere ad una tensione tremenda è alquanto complesso, anche se oggi con materiali leggeri e resistentissimi come il grafene o i nanotubi di carbonio si aprono prospettive interessanti.

Secondo stime dell’Accademia Internazionale di Astronautica potremmo disporre della tecnologia necessaria per costruire un cavo del genere e conseguentemente un ascensore spaziale tra una ventina di anni ed il costo per una simile impresa sarebbe di svariati miliardi di euro.

Uno studio recente ha ipotizzato che l’ascensore spaziale potrebbe collegare addirittura la Terra con il suo satellite naturale, la Luna. Il cavo verrebbe teso dalla superficie lunare ed arriverebbe fino al livello dell’orbita geostazionaria sfruttando il punto in cui le forze gravitazionali dei due corpi si annullano.

Rimane il fatto che per un eventuale ascensore spaziale dovremo attendere ancora molti anni, al momento la sua idea è stata “applicata” soltanto dalla fantascienza. Il grande Arthur C. Clarke introdusse il concetto dell’ascensore spaziale a un pubblico più ampio nel suo romanzo del 1979 Le fontane del Paradiso in cui gli ingegneri costruiscono un ascensore spaziale sulla cima di un picco montano sulla fittizia isola equatoriale di Taprobane, ispirata al Picco di Adamo nello Sri Lanka.

Con questo romanzo Clarke vinse sia il Premio Hugo che il Premio Nebula, i due maggiori riconoscimenti per la letteratura fantascientifica. Arthur C. Clarke ha ripreso l’ambientazione dello Sri Lanka come base per un ascensore spaziale anche nel suo ultimo romanzo, L’ultimo teorema del 2008 (The Last Theorem), scritto con Frederik Pohl.

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