Certe zone del mar Mediterraneo appaiono di un azzurro chiaro, altre invece molto più scure, ma non a causa dell’inquinamento: le prime corrispondono a fondi sabbiosi, le altre sono vere e proprie praterie sommerse. Queste praterie non sono formate da alghe, bensì di una pianta vera e propria, la Poseidonia oceanica, dotata di tessuti e organi specializzati: radici, fusto, foglie, fiori e frutti.
Nel 1813 lo studioso Delile la rinominò “Posidonia oceanica”. Il genere Posidonia appartiene, secondo la maggior parte dei botanici, alla famiglia delle Posidoniaceae, ma ci sono autori che la attribuiscono ad altre famiglie. Anche per quanto riguarda l’ordine non vi è accordo tra gli studiosi. Il nome generico Posidonia deriva dal greco Poseidone, il dio del mare, mentre l’epiteto specifico oceanica si riferisce al fatto che questa specie aveva una distribuzione ben più ampia di quella attuale.
La sua fioritura avviene nel periodo autunnale, mentre i frutti, galleggianti, detti “olive di mare”, sono prodotti in primavera. Può trovarsi generalmente tra 1 e 30 metri di profondità, talvolta anche a 40, in acque molto limpide, con salinità costante, formando ampi e densi banchi. Le vecchie foglie imbrunite formano raggruppamenti sulla costa e, anche con i rizomi, forme tondeggianti, le Egragopili.
La riproduzione è di due tipi: asessuata e sessuale. La prima è quella più frequente, con la moltiplicazione e l’accrescimento dei rizoidi, orizzontali e verticali. La seconda avviene mediate le infiorescenze, composte da 3 o 5 fiori ermafroditi.
Sono diverse e fondamentali le funzioni svolte dalle poseidonie sia per la vita del mare che per la salvaguardia delle sue coste. Le sue praterie, che occupano nel Mediterraneo il 3% della sua superficie, circa 38.000 km quadri, oltre a produrre ed esportare biomassa, ospitano fino a 350 specie di animali in un solo ettaro.
Ogni metro quadrato produce ben 20 litri di Ossigeno al giorno, circa 4 volte quello che viene dalle foreste tropicali. Inoltre produce mediamente circa 65 g di Carbonio all’anno, contribuendo in modo significativo a combattere l’effetto serra. Queste praterie svolgono un efficace barriera alla erosione costiera, non solo in acqua, ma anche con gli strati serrati di foglie secche sulla spiaggia (banquettes).
Si tratta di piante il cui riformarsi richiede un centinaio di anni, soggette a vari rischi. Innanzitutto le varie forme di inquinamento, in particolare gli scarichi fognari, l’eutrofizzazione di alghe, e persino la competizione con alcune specie di alghe, come le Caulerpe taxifolia e racemosa, che in certe zone stanno avendo la meglio. Anche la costruzione di dighe e il rimpascimento delle spiagge sono spesso dannosi.
Non bisogna assolutamente fare la pesca a strascico e gettare l’ancora su di esse. Inoltre dobbiamo evitare lo sversamento di idrocarburi, detergenti, vernici, oli solari, rifiuti solidi. Ci sono comunque attività di recupero, come la riforestazione di un’area di 100 metri quadri della “Foresta blu” a Golfo Aranci con 2500 piante di Poseidonia.
Il Mediterraneo, anche se ancora molto ricco di specie, più di 12.000 , ne presenta diverse in costante diminuzione. In particolare, sono 5 le specie più minacciate: oltre alle poseidonie, anche i coralli bianchi, la Nacchera di mare, la foca monaca e la Patella ferrosa. La vita di questi animali è comunque strettamente collegata alle Poseidonie, che creano ecosistemi ottimali per la loro sopravvivenza.
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