Le prime elezioni anticipate della storia repubblicana

Quella che diverrà, almeno per una lunga fase della storia politica italiana, quasi una costante, si manifesta per la prima volta nel maggio del 1972. Quell’anno, per la prima volta il Presidente della Repubblica constatato il fallimento di Giulio Andreotti nel tentativo di formare il suo primo governo è costretto a sciogliere le Camere ed indire le elezioni anticipate.

L’Italia si avvia al voto del 7 ed 8 maggio in un clima cupo e teso. Gli effetti della strategia della tensione inaugurata con le bombe del 1969, ad iniziare da quella di Piazza Fontana, si sono dispiegati avvelenando il clima politico e civile del paese. Le tensioni operaie e studentesche, il coagularsi di quel blocco sociale fortemente anticomunista che verrà battezzato come “la maggioranza silenziosa”, i depistaggi di pezzi deviati dell’apparato dello Stato, le azioni terroristiche di gruppi fascisti come Avanguardia Nazionale ed Ordine Nuovo, la lunga rivolta nera di Reggio Calabria dipingono un paese lacerato, inquieto, sempre sull’orlo di un possibile colpo di Stato come ammetterà in una sibillina dichiarazione pubblica mai chiarita lo stesso Segretario della Democrazia Cristiana, il marchigiano Arnaldo Forlani, soprannominato in seguito “Coniglio Mannaro”. Il PCI, il più grande partito comunista dell’Occidente è da poco sotto la direzione di Enrico Berlinguer, una vera e propria rottura generazionale con il quadro dirigente del partito, il segretario del Partito Socialista è il cosentino Giacomo Mancini. La destra fascista è guidata dal repubblichino Giorgio Almirante. Si attende con curiosità la prova del nove elettorale del PSIUP e della lista che si rifà al Manifesto.

Si vota con il sistema proporzionale puro, le soglie di sbarramento sono diverse per le singole circoscrizioni, la più alta è quella di Roma, perché i voti siano validi si deve superare l’1,5%. Basta raggiungere il quorum in una singola circoscrizione perché tutti i voti raccolti nelle altre siano validi per quella lista, a prescindere che abbiano superato gli sbarramenti previsti. Si possono dare fino a quattro preferenze.

La partecipazione elettorale è bulgara: va a votare il 93% degli aventi diritto. D’altra parte circola una leggenda metropolitana che chi non va a votare viene “segnalato” e questo comporta una preclusione nella partecipazione ai concorsi pubblici. Il risultato elettorale certifica la tenuta democristiana, una leggera avanzata del PCI e soprattutto l’impetuosa crescita nel meridione dei neofascisti missini che sfiorano il 9%. Ciccio Franco, il leader dei “Boia chi molla” di Reggio Calabria entra trionfalmente in Senato. Clamoroso invece l’insuccesso del PSIUP che non supera in nessuna circoscrizione la soglia di sbarramento e rimane fuori dal Parlamento, così come Il Manifesto. Questi i risultati: