Il 14 aprile del 1900, il Presidente della Repubblica francese Emile Loubet, inaugurando l’Esposizione Universale di Parigi pronunciava parole accorate sulla giustizia e l’amicizia tra i popoli. Quella che si sarebbe conclusa nel mese di novembre dello stesso anno era l’apoteosi del progresso e del benessere che avevano fatto dell’Europa, negli ultimi trent’anni, il centro del mondo.
La stampa francese fu meno tenera e commentò duramente il fatto che il cantiere di questa colossale esposizione dell’ingegno umano fosse ancora incompiuto e che la grande distesa polverosa su cui sorgevano i vari padiglioni presentasse ancora l’aspetto un po’ caotico dei lavori in corso. Eppure il successo dell’Esposizione di Parigi fu semplicemente straordinario. Oltre 50 milioni di visitatori, provenienti da mezzo mondo la visitarono e più recentemente soltanto quella di Osaka del 1970 e quella di Shangai del 2010 raggiunsero quel livello di partecipazione.
Ogni Stato partecipante caratterizzò con le proprie identità culturali, economiche e tecnologiche il proprio padiglione. Quello canadese era un inno alle pelli e alle pellicce, quello finlandese al legname, quello portoghese richiamava la vocazione marittima della nazione.
La Cina realizzò una parziale replica della CIttà Proibita di Pechino, il Siam costruì una pagoda. Il padiglione dell’Impero Ottomano, ancora sterminato ma in fase di dissoluzione, era una congerie di stili che volevano rispecchiare le molte etnie che vivevano sotto il governo del Sultano. Il padiglione tedesco, la più giovane tra le potenze europee, era aperto dalla gigantesca statua di un araldo che soffiava una tromba.
All’interno si poteva ammirare una fedele riproduzione della Biblioteca di Federico il Grande. Il padiglione dell’altro impero multietnico, anch’esso attraversato da fibrillazioni nazionalistiche, quello dell’Austria-Ungheria era equamente diviso in due parti: quella austriaca e quella magiara. La parte austriaca era un tripudio di art nuveau, lo stile decorativo che faceva furore in quel periodo.
Erano in mostra opere di artisti ed artigiani polacchi, jugoslavi, cechi. La zona ungherese era improntata ad un fiero e un pò tetro nazionalismo con una riproduzione quasi perfetta della fortezza di Kormoran che nel XVI secolo aveva arginato l’avanzata turca verso il cuore dell’Europa.
L’Italia aveva modellato il suo padiglione con le sembianze di una cattedrale esponendo alcune delle espressioni artistiche del suo passato più glorioso, il Rinascimento. La Gran Bretagna aveva optato per una presenza più sobria affidando ad un architetto di successo Edwin Lutjens la costruzione una villetta in stile Tudor ed esponendo soprattutto dipinti del Diciottesimo secolo.
Alla Russia, all’epoca alleata della Francia, era stato riservato il posto d’onore. Un enorme numero di tesori dal valore incommensurabile fu inviato dallo Zar all’Esposizione parigina e distribuita su diverse aree. Un di esse era caratterizzata dalla riproduzione di un palazzo che imitava lo stile del Cremlino, un altro spazio era costituito da un padiglione sontuosamente decorato, dedicato alla Zarina.
La Francia, padrona di casa, non aveva un singolo padiglione ma le testimonianze della sua cultura, della sua ricchezza, dell’economia e persino della forza militare erano disseminate in tutti gli spazi collettivi dell’Esposizione. Oltre quaranta nazioni erano rappresentate, per la maggior parte europee, ma non mancavano paesi dagli altri continenti come Stati Uniti, Cina, Giappone e diversi stati sudamericani.
L’Esposizione di Parigi fu l’entusiastica celebrazione di un secolo che aveva conosciuto, per l’Europa, uno dei più lunghi periodi di pace, innescando un’era di crescita, progresso e prosperità. Il culto del progresso o come si scriveva allora, il Progresso andava a braccetto con la fiducia nella ragione e nella scienza (il positivismo) e sembrava affermare che quest’era di pace e prosperità sarebbe durata a lungo.
Come sappiamo oggi, non sarà così e pochi anni dopo, l’Europa e il mondo precipiteranno in quell’immane carneficina che va sotto il nome di Grande Guerra.
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