domenica, Settembre 8

Libri e autori “fantasma”

La storia della letteratura è piena di libri firmati da autori “fantasma”. È difficile capire perché spesso scrittori di talento abbiano sentito la necessità di attribuire le loro opere ad altri autori, molto spesso inventati di sana pianta. Gli esempi sono numerosissimi e impossibili da citare tutti. Non si tratta di un fenomeno recente, anche se nell’ultimi mezzo secolo ha assunto caratteri ancora più significativi.

L’esempio de “I canti di Ossian”

Nel 1760 esce in forma anonima una raccolta di antichi canti gaelici attribuiti ad un leggendario bardo  chiamato Ossian, subito ridefinito come “l’Omero del Nord“. La figura di Ossian si basa su Oisín, figlio del guerriero Finn Mac Cumhaill e della poetessa Sadhbh. I primi cenni a Ossian si trovano negli scritti di Giraldo Cambrense, del XII secolo. I Canti di Ossian pubblicati nel 1760 erano in realtà un abilissimo falso letterario, l’opera era stata composta da un poeta scozzese James MacPherson (1736-1796).

MacPherson finse di aver tradotto fedelmente le originali poesie di Ossian, mentre in realtà si basò su dei frammenti e inventò la quasi totalità dei “canti”. Il successo delle sue presunte traduzioni, nondimeno, fu straordinario. La prosa potente, il riferimento a una natura selvaggia, ne fanno un’opera preromantica che influenzò profondamente il movimento Sturm und Drang e poeti del calibro di Goethe e Foscolo.

Il caso J.T. Leroy

Molto più recentemente, a cavallo del terzo millennio, la letteratura registra l’incredibile caso di J.T. Leroy. Secondo fonti rilasciate dalla sua casa editrice Jeremiah “J.T.” Leroy nasce il giorno di Halloween del 1980 in un piccolo paese della Virginia Occidentale. Tra il 1999 e il 2005 diventa una vera e propria star mondiale della letteratura, grazie ad una serie di best sellers che spopolano in tutto il mondo: Sarah, Ingannevole è il cuore più di ogni cosa e La fine di Harold, in cui con forti accenni autobiografici racconta la sua gioventù tra violenze e prostituzione.

J.T. Leroy è un giovane esile, efebico che in pubblico indossa sempre occhiali scuri, con i capelli ossigenati e mille tic che ne fanno immediatamente un personaggio di successo come i suoi romanzi. La sua fama cresce esponenzialmente, l’attrice Asia Argento fa capire di aver avuto un flirt con il giovanissimo scrittore.

Leroy fa diverse comparsate televisive sotto il patrocinio di star pop come Bono e Tom Waits, mentre iniziavano già ad uscire saggi sulla sua scrittura e sulla sua vita. 

Il colpo di scena

Poi improvvisamente il colpo di scena. Il 9 gennaio 2006 il New York Times rivela che J.T. Leroy non esiste. A   scrivere tutti i romanzi di Leroy era sempre stata Laura Albert, quarantenne autrice di Brooklyn Heights che aveva deciso di contrastare i suoi insuccessi editoriali con l’invenzione di un alter ego da Nobel.

Ad impersonare J.T. Leroy nelle sue rare apparizioni pubbliche, dove si presentava sempre con parrucca e grandi occhiali da sole, era invece Savannah Knoop, sorellastra venticinquenne di Geoffrey Knoop, l’altro musicista, compagno da anni di Laura Albert, al quale si deve la confessione finale, arrivata in seguito alla separazione dalla compagna.

Savannah Knoop volto pubblico di JT Leroy

Qualche settimana dopo la Albert conferma il grande bluff alla rivista Paris Review. L’idea di creare un romanziere maledetto e fasullo le viene per cercare di entrare in contatto con lo scrittore gay Dennis Cooper e per questo si inventa J.T. Leroy, un’invenzione corredata da un tris di romanzi di pregevole fattura.

Il 22 giugno 2007, i giudici di Manhattan condannano per frode Laura Albert, che avrebbe infranto la legge firmando col suo pseudonimo un contratto con una casa cinematografica per i diritti del suo libro “Sarah”.

La scrittrice statunitense aveva romanzato anche l’autore dei suoi romanzi chiudendo il cerchio della finzione letteraria. Nel 2018 sulla vicenda veniva tratto un film “J.T. Leroy” per la regia di Justin Kelly basato sul libro di memorie Girl Boy Girl: How I Became JT Leroy scritto da Savannah Knoop.

Laura Albert la vera autrice dei romanzi firmati JT Leroy

Altri casi di falsi autori per veri libri

Casi del genere si susseguiranno con una certa regolarità negli anni a venire. Nel febbraio del 2008 si scopre che “Love and Consequences“, autobiografia di Margaret B. Jones, una fantomatica ragazza pellerossa cresciuta nel mondo degli emarginati, è in realtà un’opera scritta da Margaret Seltzer, bianca, cresciuta nel benessere di una famiglia altoborghese.

Pochi giorni prima un caso analogo: il bestseller di Misha Levy Defonseca,  “Sopravvivere coi lupi“, racconto autobiografico di una piccola ebrea scampata ai nazisti grazie alla protezione di un branco di lupi era opera di una cattolica belga tale Monique de Wael, che pensò bene di sfruttare il dramma dell’Olocausto fino in fondo, inventando romanzo ed autore.

Il caso italiano: Elena Ferrante

In Italia il caso mediaticamente più famoso è quello di Elena Ferrante che ha firmato numerosi romanzi di successo, da “L’amore molesto” alla quadrilogia de “L’amica geniale“, da cui è stata tratta anche una serie televisiva di grande successo. Come nel caso di JT Leroy, Elena Ferrante dopo il successo dei suoi primi romanzi partecipa attivamente alla vita pubblica e letteraria del paese.

Contrariamente però a Leroy lo fa sempre in forma anonima, rilasciando interviste via mail, firmando appelli e petizioni, curando rubriche letterarie. Fin dal suo romanzo d’esordio, “L’amore molesto” (1992) circola insistentemente negli ambienti letterari la convinzione che Elena Ferrante, sia uno pseudonimo sotto il quale si cela uno sconosciuto/a autore.

Si accende così un animato dibattito tra chi rivendicava l’indipendenza dell’opera dalla biografia e coloro invece che accusavano l’autrice (o l’autore) di aver fatto del suo mistero un motivo efficace di marketing che ha inevitabilmente contribuito al successo.

Il dibattito si è infiammato a partire dal 2011 quando esce il primo dei quattro romanzi della saga “L’amica geniale” e contemporaneamente parte una caccia senza quartiere ed esclusione di colpi per rivelare la vera identità che si cela sotto il nom de plum di Elena Ferrante.

Caccia alla “Ferrante”

Dopo aver indicato nel tempo una serie di nominativi alcuni invero piuttosto improbabili, l’attenzione si è focalizzata su una coppia di coniugi Domenico Starnone e a sua moglie Anita Raja, traduttrice dal tedesco, ambedue amici degli editori di Elena Ferrante. Già nel 2005, lo studioso Luigi Galella pubblicò sulla «Stampa» un saggio in cui mostrava significative coincidenze con Starnone, in particolare tra il romanzo d’esordio della Ferrante e Via Gemito, romanzo dello Starnone.

Domenico Starnone

Per scovare il vero nome di Elena Ferrante si sono cimentati studiosi e romanzieri, usati sofisticati algoritmi come quello dell’Università di Roma e perfino il tracciamento di flussi finanziari. Nel 2016 e proprio un’inchiesta che segue la pista del denaro di Claudio Gatti, pubblicata sul “Il Sole 24 ore” che di fatto dice l’ultima parola sulla vera identità di Laura Ferrante.

Seguendo i movimenti economici della casa editrice e nello specifico i versamenti fatti da questa ad Anita Raja per non specificate collaborazioni, Gatti evidenzio come i conti della casa editrice e/o e quelli della traduttrice si erano impennati incredibilmente anno dopo anno, avvalorando l’ipotesi che quelle cifre non fossero altro che diritti d’autore della sedicente Ferrante (a questo punto probabilmente identificabile nella coppia Raja-Starnone, senza escludere ulteriori mani).

Anita Raja

Successivi analisi e studi confermarono le forti assonanze letterarie tra i romanzi della Ferrante e “Via Gemito”, il romanzo di Domenico Starnone. Il mistero è di fatto svelato anche se a tutt’oggi i diretti interessati si rifiutano di ammettere l’evidenza.

La letteratura ha spesso infranto il patto tra lettori ed autori, attraverso una spregiudicatezza, come quella di inventare finti autori, che si giustifica soltanto con la volontà disperata di prendere delle scorciatoie verso il successo commerciale e la fama.

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