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L’invasione degli Ungari

Tra il X e l’XI secolo l’Europa occidentale fu sconvolta da una nuova ondata di invasioni “barbariche”. Una delle più devastanti proveniva da est ad opera degli ungari. Si trattava di nomadi spinti dalla pressione di genti turche e cinesi, che nel IX secolo lasciarono le steppe orientali per riversarsi a ondate nel cuore dell’Europa.

Il loro aspetto e le loro grida belluine terrorizzavano le popolazioni che avevano la iattura di subirne le invasioni, così li descrive Reginone di Prum, abate dell’omonima abbazia:

«Nell’anno 889 la ferocissima gente degli Ungari, crudele più delle belve più crudeli, sconosciuta nei tempi passati, tanto da non venire neppure nominata, diedero l’addio alla loro terra e si misero in marcia alla ricerca di nuove sedi dove stabilirsi. Dapprima si procurarono i sostentamento con la caccia e la pesca, ma poi presero a fare continue incursioni e scorrerie. In queste incursioni hanno sterminato migliaia di persone con le frecce, scoccate dagli archi con tanta abilità che è difficilissimo schivarle. Non vivono come uomini, ma come bestie. A quel che si dice, mangiano carni crude, bevono sangue, fanno a pezzi e poi mangiano il cuore dei prigionieri, non conoscono pietà.»

Nell’anno 900 gli ungari o magiari irrompono in Italia e così riportano le cronache di Giovanni Diacono: “Nell’anno 900, il popolo pagano e crudelissimo degli ungari giunse in Italia e cominciò a devastare tutto con incendi e rapine, uccidendo un gran numero di uomini e facendone schiavi molti altri. Passando per Treviso, Padova, Brescia e altre terre, essi giunsero a Pavia e a Milano, devastando ogni cosa.”

A tal punto il terrore di questi invasori entrò nell’immaginario collettivo dei popoli europei che il termine “orco” deriva da ogro una storpiatura di ungaro. Queste scorrerie che si protrarranno per oltre mezzo secolo produssero il fenomeno dell’incastellatura ovvero la fortificazione di postazioni difensive per salvare gli abitanti del luogo da queste micidiali scorrerie.

A porre fine all’invasione degli ungari fu nel 955 il re di Germania Ottone I di Sassonia nell’epica battaglia di Lechfeld, nei pressi di Augusta. E’ il 10 agosto del 955 quando nel desolato pianoro di Lechfeld, nei pressi delle mura di Augusta Ottone monta il suo accampamento e unisce le proprie forze a quelle del morente Enrico I Duca di Baviera e a quelle del duca Corrado il Rosso, con il suo largo seguito di cavalieri franconi.

Ottone raccoglie intorno a se un esercito forte di circa 10.000 unità di cavalleria pesante per fronteggiare un esercito nemico al comando del gyula Bulcsú di almeno 50 000 unità di cavalleria leggera. Ottone sperava che i suoi cavalieri, pesantemente corazzati e ben armati, avrebbero avuto la meglio sulla cavalleria leggera avversaria. Infatti la tecnica militare dei Magiari era molto simile a quella degli Unni e dei Mongoli: prevedeva di evitare lo scontro diretto, tormentando gli avversari da lontano con lanci di frecce, approfittando poi di qualsiasi apertura nello schieramento nemico.

Ottone mosse il suo esercito sul terreno accidentato mettendo davanti tre reparti di bavaresi e nella retroguardia 2 reparti di svevi e un contingente di boemi, che avrebbero dovuto difendere le salmerie. Durante il cammino la colonna fu attaccata alle spalle dai Magiari, che colsero di sorpresa e misero in fuga boemi e sassoni.

La situazione era diventata drammatica per la coalizione capeggiata da Ottone I, il suo esercito già inferiore per numero era adesso circondato completamente dal nemico. Quello che salverà gli occidentali fu la bramosia di bottino degli ungari che avevano sbaragliato la retroguardia di Ottone. Scesi da cavallo i nomadi si erano dati al saccheggio ebbri di avidità ed ancora in piena trance guerresca. Ottone colse l’occasione e inviò i franconi in retroguardia: i magiari appiedati furono letteralmente massacrati. Con la retroguardia protetta Ottone schierò le truppe in una lunga linea davanti al centro delle forze ungare. Suonò la carica e si lanciò contro il nemico con i suoi cavalieri sbaragliando il campo avversario che rompendo lo schieramento si diedero ad una fuga scomposta e precipitosa.

Gran parte dei prigionieri di guerra vennero uccisi o rimandati in patria al cospetto del loro sovrano Taksony d’Ungheria con il naso e le orecchie mozzate. Si concludeva così l’incubo delle incursioni ungare in occidente e grazie a questo successo Ottone I, alcuni anni dopo, si recò a Roma facendosi incoronare imperatore dal Papa.

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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