lunedì, Settembre 16

L’opposizione nei primi anni della dittatura nazista

Nelle ultime libere elezioni svoltesi in Germania nel 1932 i partiti di sinistra, socialdemocratici e comunisti, avevano ottenuto 13 milioni di voti contro gli 11,7 dei nazisti. Nonostante questo preponderante appoggio popolare non disponevano di alcuna forza efficace per contrastare la violenza nazista.

Nei primi mesi del 1933 tutto il loro apparato, comprese le formazioni paramilitari come la Lega dei Combattenti del Fronte Rosso o i Vessilli dell’Impero, insieme ad altre organizzazioni collaterali come i sindacati furono spazzati via dal nascente regime nazista utilizzando le armi della violenza e dell’arbitrio. I capi del movimento operaio furono arrestati o costretti a fuggire in esilio lasciando centinaia di migliaia di militanti senza una guida proprio nel momento più grave della nazione.

Eppure il movimento socialista aveva resistito in passato, riuscendo sempre a ricostituirsi, a spietate forme di repressione come quelle operate dal principe Metternich e successivamente dal grande Bismarck. Doveva quindi, teoricamente, essere preparato ad una nuova lotta clandestina per resistere alla presa del potere di Hitler. Se uno statista dalla fama internazionale di Bismarck non era riuscito a schiacciare il movimento operaio non c’era ragione di dubitare che ci sarebbe riuscito un demagogo da birreria. Come sappiamo le cose andarono diversamente.

In parecchie zone della Germania, soprattutto nei distretti industriali che avevano una forte tradizione sindacale socialdemocratica e comunista si formarono gruppi clandestini intenzionati a resistere all’ondata nera. Ad Hannover, per esempio, un giovane Werner Blumemberg fondò il Fronte Socialista forte di 250 membri che produceva un bollettino mimeografato ( apparecchio di riproduzione affine al ciclostile, da cui differisce per il fatto che la scrittura sul foglio di carta paraffinata si effettua con una punta tagliente anziché con la macchina dattilografica) che diffondeva in circa 1500 copie.

Gruppi analoghi sorsero in molte città, compreso Monaco di Baviera, “la capitale del nazismo”. La loro attività consisteva nell’affiggere durante la notte manifesti contro il regime, o diffondere volantini nei luoghi di lavoro e persino per strada, magari invitando a votare NO al plebiscito del 19 giugno. La maggior parte di questi oppositori conduceva una doppia vita, di giorno apparentemente devoti seguaci del regime nazista e di notte, coraggiosi oppositori della montante barbarie.

Eppure queste attività resistenziali non sortirono l’effetto sperato di mantenere salde le file dei militanti socialdemocratici. Le ragioni erano molteplici. Innanzi tutto mancavano di una guida salda e sicura, gran parte degli esponenti di primo piano del movimento socialdemocratico erano riparati in esilio e i pochi rimasti in Germania erano ben conosciuti dalle forze di sicurezza naziste e furono rapidamente internati nei campi di concentramento e più brutalmente assassinati. Nel caos organizzativo che seguì le epurazioni naziste alcuni gruppi socialdemocratici dettero vita a sparute formazioni autonome spesso in polemica con i vertici del partito che erano riparati a Praga, dissentendo non soltanto sui programmi ma anche sulla tattica da seguire per contrastare il regime hitleriano.

La Gestapo riuscì ad eliminare un numero notevolissimo di attivisti responsabili di aver fatto propaganda per il NO al plebiscito del 19 giugno 1934, oltre 1200 nella sola zona della Rurh. Alla fine dell’anno l’organizzazione ufficiale clandestina dei socialdemocratici era stata completamente sgominata.

Un pugno di socialdemocratici, poco più di 100, dell’ala più radicale che già nel 1929 avevano costituito il gruppo “Nuovo Inizio” peroravano la riunificazione delle forze socialiste e comuniste separate da un’aspra rivalità come unico modello per contrastare la dittatura nazista. Il manifesto scritto dal leader politico di Nuovo Inizio nel 1933 Walter Loewenheim stampato clandestinamente in 12.000 esemplari creò una forte polemica negli ambienti resistenziali. E lo stesso Loewenheim due anni dopo dovette ammettere che non c’erano gli spazi politici per comporre la profonda frattura tra socialdemocratici e comunisti.

L’intransigenza dei comunisti rendeva impraticabile la costituzione di un fronte unito. Sin dalla fine degli Anni Venti il Partito Comunista tedesco (KPD) aveva adottato la linea oltranzista di Mosca che bollava come “socialfascisti” i socialdemocratici addebitando loro la principale responsabilità dell’insuccesso della rivoluzione proletaria. Nonostante i fatti che tra il 1933 e il 1934 consolidarono il regime brutale e totalitario di Hitler questa posizione non cambiò ed anche i pochi esponenti comunisti favorevoli ad un dialogo con i socialdemocratici furono sbrigativamente espulsi dal partito.

Questa profonda acrimonia tra i due principali partiti del movimento operaio affondava le radici fin dal 1919 quando la rivoluzionaria comunista Rosa Luxemburg venne rapita e in seguito assassinata, insieme con Karl Liebknecht, dai soldati dei cosiddetti Freikorps, i gruppi paramilitari agli ordini del governo del socialdemocratico Friedrich Ebert e del ministro della Difesa, Noske. 

Anche se nel 1933 i socialdemocratici potevano contare su oltre un milione di iscritti contro i 180.000 del Partito Comunista, quest’ultimo era molto più forgiato a lottare in clandestinità, caratteristica che permise, superato il trauma degli avvenimenti del 1933, a costituire una vasta rete di cellule in tutta la Germania. Ciò nonostante questo coraggioso sforzo produsse ben poca cosa: qualche piccolo sabotaggio, qualche tentativo di carpire segreti militari da passare a Mosca ed i soliti volantinaggi clandestini fatti più che altro per tentare di mantenere vivo il movimento in attesa di un irrealistico repentino crollo del regime nazista.

Nel corso dei primi anni del Terzo Reich i comunisti svolsero comunque la più tenace, organizzata e disperata forma di resistenza alla dittatura hitleriana. Questo portò la Gestapo a concentrare su di loro l’opera di repressione del regime in questo aiutati da una mentalità molto burocratica che portava le cellule a conservare verbali, ricevute di iscrizioni, elenchi di attivisti. Ogni qualvolta una retata della Gestapo smantellava una cellula metteva le mani su una quantità incredibile di documenti che gli permetteva di azzerare l’intera organizzazione di un’area.

Infine nel 1935 l’Internazionale Comunista iniziò a propugnare un Fronte Popolare contro il nazismo entrando in collisione con l’ala più settaria ed intransigente del partito comunista tedesco. L’acredine maturata però tra il 1919 ed il 1923 vanificherà in buona parte questa esigenza di unità, essendo troppo profondo il solco ormai scavato tra i militanti dei due principali partiti del movimento operaio tedesco.

Ed agli inizi del 1935 la resistenza al regime nazista era stata di fatto stroncata definitivamente.

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