giovedì, Settembre 19

L’ottica adattiva e le sue applicazioni

Dopo quasi trenta anni di perfezionamenti la tecnologia dell’ottica adattiva è adesso uno degli strumenti più affidabili ed importanti per gli astronomi. Insieme allo speckle imaging è una delle moderne tecniche utilizzate dai telescopi terrestri per contrastare l’effetto della turbolenza atmosferica che degrada le immagini limitando il potere risolutivo del telescopio rispetto a quello ottenibile dalla semplice diffrazione data dall’apertura del telescopio stesso (dalla pupilla del telescopio).

Atmosfera e fotoni

L’atmosfera terrestre modifica in continuazione il percorso dei fotoni a causa della sua turbolenza. La luce è rifratta quando percorre mezzi diversi, lo stesso accade quando attraversa aria di diverse temperature. Questo è il motivo per cui di notte le stelle sembrano brillare e per gli astronomi è difficile acquisire immagini nitide della volta celeste.

L’impatto della turbolenza è misurata da un parametro chiamato seeing che descrive la dimensione angolare del punto sfocato di una stella quando la si vede al telescopio. Più l’atmosfera è turbolenta, peggiore è il seeing. La conoscenza della forma effettiva del fronte d’onda permette, tramite un sistema di uno o più specchi a deformazione controllabile (specchi deformabili), di recuperare una forma più simile a quella piana, precedente all’ingresso in atmosfera, migliorando la qualità dell’immagine. Una correzione perfetta corrisponde ad un fronte d’onda piano che una volta focalizzato restituisce l’immagine di diffrazione del telescopio.

Specchi delle mie brame

Per ottenere però risultati ottimali i telescopi devono avere specchi di diametro sempre più grande. Per questo è vantaggioso portare telescopi nello spazio, oltre l’atmosfera terrestre. Nonostante questo ci sono ancora valide ragioni per continuare a costruire telescopi terrestri. Trasportare telescopi troppo grandi nello spazio è un problema logistico di difficile soluzione così come inviare periodicamente squadre di manutenzione per mantenerli in piena efficienza.

Il più grande telescopio spaziale ancora in costruzione ed il cui lancio è stato già diverse volte rinviato è il James Webb Telescope con uno specchio di 6,5 metri di diametro, a terra i telescopi più grandi superano i 10 metri di diametro ed addirittura l’Extremely Large Telescope, in fase di costruzione, avrà uno specchio primario di ben 39 metri! A questo si aggiunge la facilità di aggiornamento e di manutenzione dei telescopi terrestri rispetto a quelli collocati nello spazio.

L’ottica adattiva multiconiugata

Per utilizzare però al meglio questi strumenti occorre rimuovere gli effetti dell’atmosfera. Ed a questo scopo l’ottica adattiva perfezionata nel corso degli anni assolve brillantemente a questa necessità. L’ottica adattiva multiconiugata, o MCAO (Multi-Conjugate Adaptive Optics), ovvia al limite che ha l’AO di operare correttamente solo per limitate porzioni di cielo, dai pochi secondi a decimi d’arco a seconda della lunghezza d’onda campionata. Questa tecnica utilizza specchi deformabili modellati per compensare la corrugazione dell’onda di luce e diverse stelle guida che consentono di calcolare le aberrazioni d’onda e ricostruire tomograficamente l’onda di luce ed inviare correzioni di puntamento agli specchi deformabili.

Questo nuovo approccio apre finestre di osservazione astronomica prive di disturbi atmosferici che sono da 10 a 20 volte più ampie di quanto permette l’ottica adattiva classica, anche se a un costo assai più elevato. Non è lontano il momento nel quale un telescopio sia dotato di un sistema di ottica adattiva autonomo e questa tecnologia inizia ad essere usata oltre la ricerca astronomica.

I detriti spaziali

Uno dei campi su cui viene applicata questa tecnologia è il monitoraggio ed il controllo dei detriti spaziali. I satelliti funzionanti o dismessi in orbita terrestre sono migliaia (circa 34.000) ed il rischio di collisioni è sempre più alto. Come paventava il  consulente NASA Donald J. Kessler, già nel lontano 1978, si potrebbe realizzare uno scenario inquietante nel quale il volume di detriti spaziali che si trovano in orbita bassa intorno alla Terra diventa così elevato che gli oggetti in orbita vengono spesso in collisione, creando così una reazione a catena con incremento esponenziale del volume dei detriti stessi e quindi del rischio di ulteriori impatti. La conseguenza diretta del realizzarsi di tale scenario consiste nel fatto che il crescente numero di rifiuti in orbita renderebbe impossibile per molte generazioni l’esplorazione spaziale e anche l’uso dei satelliti artificiali.

Una situazione del genere è stata illustrata dal film di fantascienza Gravity (2013) nel quale un grosso detrito collide con la Stazione Spaziale Internazionale. La spazzatura spaziale, se non tenuta sotto controllo, potrebbe avere un riflesso importante sulla nostra vita quotidiana, che sempre di più dipende dalle tecnologie spaziali (cellulari, internet, televisioni, navigatori, servizi bancari, previsioni meteo, trasporti e risposte d’emergenza a catastrofi naturali).

Il ruolo dell’ottica adattiva nel controllo dei detriti

I progetti per “ripulire” lo spazio sono molto complessi e costosi. L’ottica adattiva può essere usata per acquisire immagini di satelliti e detriti spaziali nell’orbita bassa terrestre e migliorarne il tracciamento. In questo caso, una delle tecniche usate è la LIDAR, acronimo dall’inglese Light Detection and Ranging o Laser Imaging Detection and Ranging), che permette il  telerilevamento della distanza di un oggetto o di una superficie utilizzando un impulso laser.

L’ottica adattiva e le tecniche correlate però non serviranno in un prossimo futuro soltanto a tracciare i detriti spaziali ma se le ricerche in corso daranno esito positivo anche per spingere fuori rotta gli oggetti a rischio collisione.

Altre applicazioni

Un’altra applicazione per la quale si utilizza l’ottica adattiva riguarda le comunicazioni crittografate, essenziali per i servizi di pagamento da smartphone e per i servizi bancari online ed il commercio in rete. La crittografia usata per proteggere queste delicatissime transazioni si basa su problemi matematici di difficile soluzione e funziona solo perché i computer attuali non sono in grado di risolverli ad una velocità sufficiente per violare la cifratura dei dati.

La messa a punto dei computer quantistici potrebbe mettere a grave rischio la crittografia tradizionale potendo contare su una vertiginosa potenza di calcolo computazionale. La crittografia quantistica sarebbe quindi l’unica risposta affidabile. Quest’ultima si basa sulla natura della luce e sulle leggi della fisica quantistica. Alla base c’è una chiave generata una sola volta ad altissima velocità e costituita da un numero pressocché infinito e casuale di numeri.

Per inviare una comunicazione crittografata quantistica su lunghe distanze dobbiamo trasmettere la luce laser da un telescopio ottico al suolo ad uno ricevente su un satellite e viceversa. Il problema di questa comunicazione è lo stesso che si deve affrontare quando intendiamo osservare una stella o un esopianeta: la turbolenza dell’atmosfera che modifica il percorso dei fotoni.

E qui entra in ballo l’ottica adattiva che oltre tutto ci permette di aumentare notevolmente la mole di dati da inviare. Gli scienziati stanno lavorando intensamente su come evitare di “disturbare” lo stato quantistico durante le operazioni di instradamento e di memorizzazione dei dati. L’ottica adattiva è parte integrante di questa ricerca che potrebbe aprire un futuro più sicuro e veloce nell’ambito delle comunicazioni crittografate.

L’ottica adattiva nata come integrazione fondamentale dei telescopi attualmente viene impiegata anche autonomamente in campi estremamente importanti come la diagnostica medica e l’oftalmologia, per correggere le aberrazioni introdotte dall’acquisizione di immagini attraverso i tessuti viventi e l’occhio.

Altre applicazioni riguardano i laser militari anti missili ed alcuni impieghi per puntamenti laser ottimali in strumenti industriali. Il futuro di questa tecnologia sembra insomma soltanto all’inizio.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Le Scienze, giugno 2021, ed. cartacea

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights