giovedì, Settembre 19

L’uccello estinto e l’albero ricomparso

Mammuth feroci, pinguini giganti, tigri con denti enormi, elefanti pelosi…

Sono solo alcuni dei tanti animali del passato che si sono estinti, sia prima che dopo l’arrivo dell’uomo sulla Terra. Scomparsi o per gravi calamità naturali, come glaciazioni improvvise o altri eventi climatici estremi, o per interventi negativi umani, diretti, come la caccia eccessiva, e indiretti, come l’inquinamento e il deterioramento dei loro ambienti di vita. Purtroppo questa tendenza pericolosa continua ancora oggi e molte altre specie viventi, sia vegetali che animali, si stanno estinguendo.

Ormai da circa tre secoli e mezzo non c’è più il Dodo, uno strano pennuto tipo piccione, pesante, piuttosto lento e goffo, (in portoghese il suo nome significa “sempliciotto”), spesso affamato, non più capace di volare, che si trovava soltanto nelle isole Mauritius, al largo del Madagascar. Aveva un singolare becco ricurvo ad uncino, che gli permetteva di aprire le noci di cocco, belle penne molto ricercate e zampe gialle. Oltre a quello comune, c’era pure il bianco, nella sola isola di Réunion.

 Purtroppo i Portoghesi nel ‘600 oltre a cacciare questi docili animali, penalizzati anche dalla mancanza di volo e dai nidi fatti a terra, introdussero maiali, cani e topi, che ne divennero predatori. L’estinzione del Dodo si colloca nella seconda parte del 1600. Questi animali in precedenza avevano vissuto senza grossi problemi nel loro ambiente naturale, dove si alternava una stagione secca ad una umida, in cui essi facevano riserva di grassi.

Si nutrivano in particolare dei frutti  di un albero tipico di quelle isole, la Calvaria major, i cui semi racchiusi da un involucro durissimo, nel passaggio attraverso i loro organi digerenti, si ammorbidivano e, portati più lontani dalle feci, potevano facilmente germogliare. Quindi si era stabilita una vera relazione di simbiosi tra Dodo e Calvaria. Allora, quando si notò che gli esemplari di Calvaria erano tutti molto antichi, risalenti al 1700, se ne dedusse che ciò fosse legato all’estinzione dell’uccello, dello stesso periodo.

Si pensò allora di far fare lo stesso “lavoro” dei Dodo ai piccioni attuali, in modo che i semi vecchi, una volta ammorbiditi,  potessero permettere lo sviluppo di  alberi nuovi. Per il ritorno dei Dodo, non  è però ancora detta l’ultima parola. Infatti alcuni ricercatori, utilizzando le nuove tecniche di ingegneria genetica, vorrebbero tentarne la “de-estinzione”.

Ma non è affatto facile: bisognerebbe raccogliere frammenti di DNA dell’uccello dai pochi resti disponibili, ricomporli e poi introdurre i nuclei nelle uova di una specie affine di oggi, come il piccione. Questa procedura si potrebbe fare per i mammuth e persino per l’uomo di Neanderthal, mentre è già stata iniziata per una particolare rana, la Rheobatractus silus, che risulta estinta di recente in Australia negli anni 80: aveva la straordinaria capacità di far sviluppare le uova, prima ingerite, nel proprio stomaco fino allo stadio adulto.

Purtroppo il tentativo  di riproduzione si è fermato allo stadio di gastrulazione. Molti oppongono remore di tipo morale a pratiche di questo tipo e di ordine anche pratico: ormai gli ecosistemi sono cambiati e ci sarebbero grosse difficoltà di riadattamento, quindi sarebbero pratiche inutili e fini a se stesse. Secondo altri invece, permetterebbero lo studio interessante di animali che non ci sono più. Anche in questo caso è da deprecare l’impatto devastante dell’uomo, portatore   solo in apparenza di civiltà, ma in realtà, a volte causa prima della rottura di equilibri ecologici assestati nel tempo, con conseguenti danni irreversibili sulla biodiversità. 

Fonti fotografiche: it.Wikipedia.org  /  postsritzum.it

Simpatico video animato:

Bacheca Linoit sugli uccelli:http://linoit.com/users/dante1955iagrossi/canvases/UCCELLI%2Csignori%20dell%27aria

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