Lungo petalo di mare, è l’immagine figurata con cui si richiama il Cile, una nazione che Isabel Allende (classe 1942) tratteggia quasi come un’isola del continente sud americano: un lungo e stretto lembo di terra schiacciato tra l’Oceano Pacifico e la Cordigliera delle Ande.
La storia che si sviluppa per 352 pagine (ed. Feltrinelli, € 18,52 su Ibs) è un grande affresco di resilienza, amore ed integrazione che scorre sullo sfondo di sessanta anni di Storia del Ventesimo secolo. La grande scrittrice cilena ci consegna due straordinari personaggi i catalani Roser, la musicista e Victor, il medico che cavalcano i moti procellosi della Storia, dalla Guerra Civile Spagnola, all’esilio in Francia, all’approdo in Cile che diverrà la loro seconda patria. Una vicenda che si snoda dal 1936 alla metà degli anni Novanta dello scorso secolo.
Accanto a loro si muovono personaggi che la storia non l’hanno soltanto attraversata ma anche plasmata, come il poeta Pablo Neruda che nel 1938, su incarico dell’allora presidente cileno Pedro Aguirre Cerda organizzerà l’evacuazione dai campi di concentramento francese di oltre 2.000 esiliati spagnoli a bordo della nave Winnipeg o Salvador Allende, il presidente cileno ucciso l’11 settembre 1973 nel palazzo della Moneda dai golpisti di Pinochet sostenuti dagli Stati Uniti.
Il romanzo è però anche una lunghissima e singolare storia d’amore tra Roser e Victor, di quegli amori che a volte si faticano a riconoscere ma quando poi, infine, divampano, durano tutta una vita.
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