Il letargo è un comportamento caratteristico di alcuni mammiferi e rettili che durante la stagione fredda riducono le proprie funzioni vitali e rimangono in stato di quiescenza. In ambienti freddi e con penuria di cibo, animali come l’orso bruno, il tasso, la marmotta, alcune specie di lemuri rallentano il battito cardiaco e il ritmo della respirazione, riducono il metabolismo ed abbassano la temperatura corporea a qualche grado sopra lo zero.
Queste condizioni sono controllate dall’apparato endocrino ed in particolare dagli ormoni delle ghiandole surrenali e paratiroidi. Se le riserve di grasso e di vitamina D accumulate prima del letargo non sono adeguate si possono verificare effetti collaterali quali il riassorbimento osseo nel tessuto trabecolare e forme anche gravi di rachitismo.
Ed è proprio partendo da questi effetti indesiderati che è ad Antonis Bartsiokas, professore in pensione di un’università greca, è scaturita l’idea che i nostri avi neandertaliani, vissuti tra i 400.000 ed i 500.000 anni fa, in una delle ere più fredde del Pleistocene Medio, potessero utilizzare il letargo per sopravvivere ad un ambiente ostile.
Bartsiokas è riuscito a convincere Jean-Louis Arsuaga, uno dei leader del progetto Atapuerca ad intraprendere una ricerca per avvalorare questa teoria. Atapuerca è uno dei siti archeologici più importanti del mondo perché custodisce testimonianze della presenza e dello stile di vita degli ominidi di milioni di anni fa. Si trova nel piccolo comune di Atapuerca, a circa 20 chilometri a nord-est da Burgos. Nella Sima de los Huesos sono stati ritrovati resti di almeno 32 persone di età e sesso diversi: si tratta di una delle migliori testimonianze della popolazione del tempo.
Ad oggi sono stati raccolti la bellezza di 7500 fossili umani che hanno portato alla ricostruzione di crani e di vari distretti ossei. Il sito è datato intorno ai 430.000 anni fa, proprio l’epoca su cui si appunta la ricerca dei due professori. Sono state quindi effettuate indagini microscopiche, istologiche e tomografiche sui campioni fossili. I risultati hanno rilevato tracce di iperparatiroidismo secondario, rachitismo e osteodistrofie renali. Tutte anomalie compatibili con condizioni di letargo mal tollerato.
I due professori in un articolo pubblicato su “L’Anthropologie” a fine 2020 hanno quindi sostenuto come sia altamente probabile che l’Uomo di Neanderthal, in determinate fasi della sua esistenza, caratterizzate da periodi di freddo particolarmente intenso, di scarsa luce solare e di penuria di cibo, abbia praticato una qualche forma di letargo per poter sopravvivere.
Per essere certi che questa affascinante teoria sia inattaccabile scientificamente saranno però necessarie altri studi e ricerche.
Nell’ambito del programma Horizon Europe è stato finanziato, per il biennio 2024 e 2025, dalle…
La sonda spaziale Europa Clipper ha superato un traguardo fondamentale. Ciò porta la missione sulla…
Alberi killer Il suo appellativo è piuttosto minaccioso, “fico strangolatore”, e per certi versi si…
Piccolo asteroide nell’atmosfera terrestre sopra le filippine. L’oggetto spaziale è stato del tutto innocuo è…
Walter Richard Rudolf Hess era ancora nominalmente il Vice Fuhrer nel maggio del 1941 ma ormai da quasi due anni…
L'esplorazione lunare è da tempo al centro dell'attenzione degli scienziati, con il progetto di creare…