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Machu Picchu, la città perduta degli Inca

Il sito archeologico di Machu Picchu è uno dei più spettacolari del mondo, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco fin dal 1983. I panorami sono letteralmente mozzafiato anche perché si trova a 2430 metri sul livello del mare e questa altitudine può comportare per molti turisti seri problemi di respirazione a causa della rarefazione dell’aria.

La città inca costruita su Machu Picchu che in lingua quechua significa “vecchia montagna” risale con ogni probabilità alla metà del XV secolo e.v. e fu abbandonata meno di un secolo più tardi, verso il 1532 e.v., al tempo della Conquista spagnola. La posizione della città era un segreto militare ben custodito, in quanto i profondi dirupi che la circondano erano la sua migliore difesa naturale. Difatti, una volta abbandonata, la sua ubicazione rimase sconosciuta per ben quattro secoli, entrando nella leggenda. 

Si suppone che fosse una sorta di residenza estiva dei sovrani inca. Il merito della scoperta si attribuisce a Hiram Bingham, professore di Yale, nel 1911. In realtà Bingham non scoprì la città che gli fu semplicemente mostrata dalla gente del posto che ne conosceva perfettamente esistenza ed ubicazione. Potrebbe perfino non essere stato il primo esploratore occidentale ad averla trovata, ma ne ha comunque rivendicato il merito come accadeva di frequente negli anni pionieristici dell’archeologia.

Bingham fece ritorno al sito nel 1912 con il patrocinio della National Geographic Society e dell’Università di Yale e vi scavò per circa quattro mesi, pur senza avere alle spalle una vera formazione come archeologo.

L’anno successivo la rivista dedicò un numero monografico al Machu Picchu e nell’articolo principale scritto da Bingham emergeva tutta la meraviglia per il terzo sito archeologico più grande del mondo dopo Pompei ed Ostia Antica:

«Ci trovammo nel bel mezzo di una foresta tropicale, all’ombra dei cui alberi riuscivamo a scorgere un labirinto di muri antichi, le rovine di edifici in blocchi di granito, alcuni dei quali erano magnificamente incastrati insieme nel più raffinato stile architettonico inca. Qualche decina di metri più avanti raggiungemmo una piccola radura, dove sorgevano due splendidi templi o palazzi. L’eccellente lavorazione della pietra, la presenza di quegli edifici grandiosi e di un numero insolitamente elevato di abitazioni in pietra di fattura sì pregevole mi portò a credere che Machu Picchu si sarebbe rivelato il più grande e importante sito scoperto in Sud America sin dai giorni della Conquista spagnola».

Dopo il 1915 Bingham scrisse numerosi libri sull’argomento, il più celebre dei quali è certamente La città perduta degli Inca. Se osserviamo il sito dall’alto possiamo notare come sia suddiviso in una città alta ed una bassa. Nella prima risiedeva l’entourage del sovrano, nella seconda viveva la gente comune. inca. E poi ci sono templi, magazzini, canali per l’irrigazione e un gran numero di terrazzamenti agricoli. Tutte le costruzioni inca sono eseguite secondo la classica tecnica inca: le pietre venivano tagliate e incastrate fra loro talmente bene da rendere superfluo l’uso della malta per tenerle insieme.

Dopo gli scavi condotti a Machu Picchu nel 1912 prima e nel 1914-1915 poi, Bingham portò con sé a Yale numerosi manufatti. Soltanto 90 anni dopo in seguito al fermo interessamento dell’allora moglie del Presidente del Perù, che era un’archeologa, gran parte di essi sono ritornati nella disponibilità dello stato andino.

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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