Nel sud est della Spagna ed esattamente nella provincia di Almeria, si può osservare sia attraverso le immagini satellitari che con Google Earth, una distesa bianca che contrasta i colori semi desertici dell’Andalusia. Si tratta di una distesa sterminata di serre piccole e grandi, da cui proviene una buona parte del fabbisogno di ortaggi dell’intera Europa.
Sono circa 40.000 ettari di serre nelle quali la manodopera locale e africana producono annualmente (con temperature estreme che spesso superano i 40°C) quasi 3 milioni di tonnellate di ortaggi prematuri e fuori stagione (pomodori, peperoncini, fagiolini, zucchine, melanzane, meloni) e qualche frutto, l’80 per cento dei quali è esportato verso altri Paesi dell’Unione europea.
Per far arrivare sulle nostre tavole melanzane e peperoni anche a dicembre però ci sono costi economici, ambientali e sociali molto seri.
Per produrre questi ortaggi senza tener conto della loro stagionalità il primo costo rilevantissimo è quello energetico. Ad esempio i pomodori cresciuti in serra sono tra le colture che ricevono la maggiore quantità di fertilizzante: a parità di area di terreno coltivato, ricevono fino a 10 volte l’azoto (e anche il fosforo) impiegato per la produzione del mais, il cereale dominante negli Stati Uniti. Senza contare i prodotti chimici necessari a debellare gli insetti dannosi e i funghi che possono minarne la produzione.
A questi vanno aggiunti i costi energetici corralati all’esportazione di questi ortaggi verso il resto del continente. Un camion impiegato nel trasporto di 13 tonnellate di pomodori da Almería a Stoccolma percorre 3.745 chilometri e consuma circa 1.120 litri di gasolio. A cui vanno aggiunti i costi energetici per lo stoccaggio e la distribuzione locale dei prodotti.
Al termine di questo ciclo, produzione ed esportazione, per ogni pomodoro di dimensioni medie occorrono 4 cucchiai di gasolio, con buona pace per la decarbonizzazione dell’economia e la svolta green predicata da qualche anno da diversi governi europei.
Uno dei principali danni ambientali di questo tipo di colture è la dispersione di frammenti di plastica che si staccano da queste serre e si infiltrano sia nel terreno che nelle acque. Uno studio pubblicato nel 2021 ha analizzato in particolare i sedimenti marini della costa, dove le particelle sono filtrate meccanicamente dalle alghe: da qualche decina di particelle per kg di sedimento degli anni 50/60 si è passati a concentrazioni di 2000 – 3800 part/kg degli ultimi dieci anni.
Il principale costo sociale di questo sistema produttivo è lo sfruttamento su larga scala di lavoratori immigrati. Un problema che non riguarda soltanto la Spagna ma anche altri paesi del bacino mediterraneo e non solo, con l’Italia in testa. Alla remunerazione che si colloca ampiamente sotto qualsiasi soglia di minimo sindacale e alla fatica per turni massacranti, si aggiungono le condizioni estreme di lavoro.
Sotto le serre infatti si raggiungono temperature di 40-45 gradi con un alto tasso di umidità che mettono a durissima prova il fisico di questi lavoratori. A questo dobbiamo sommare l’esposizione continuativa a pesticidi ed altre sostanze chimiche potenzialmente cancerogene con ripercussioni a medio e lungo termine sulla salute di questi “forzati” del ventunesimo secolo.
Quasi tutta la manodopera lavora a “nero” e la stragrande maggioranza proviene dall’Africa subsahariana e dall’Est Europa. I lavoratori vivono in baracche senza servizi igienici o elettricità, senza poter accedere a cure mediche per la paura di essere arrestati in quanto clandestini. Nonostante le denunce di molte ONG, le autorità sono conniventi con i produttori e i grandi acquirenti europei e di fatto si “voltano dall’altra parte“.
Quando mangiamo frutta e verdura fuori stagione è bene essere consapevoli che una buona parte di essa proviene dall’inferno delle serre di Almeria e che dietro alla nostra parmigiana di melanzane decembrina ci sono gravissimi danni sociali, ambientali ed economici.
Fonti:
Smil, Vaclav. Come funziona davvero il mondo: Energia, cibo, ambiente, materie prime: le risposte della scienza
geopop.it
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