lunedì, Settembre 16

Mercurio e il suo nucleo di ferro

Lo studio che è stato pubblicato sulla rivista Progress in Earth and Planetary Science, dimostra in quale modo il magnetismo solare presente nelle prime fasi della formazione planetaria, potrebbe aver influenzato la struttura interna dei pianeti rocciosi. Tra questi è presente il grande e denso nucleo di ferro di Mercurio.

La studio ha riprodotto il gradiente nel contenuto e nella densità di metalli osservato nei pianeti del sistema solare. Inoltre, mette in discussione l’ipotesi più accreditata, ossia per quale motivo Mercurio possiede un nucleo molto più grande rispetto al mantello, lo strato presente tra il nucleo di un pianeta e la sua crosta.

I ricercatori, per molti decenni, hanno sostenuto che le collisioni avvenute con altri corpi, durante la formazione del sistema solare, avessero eliminato gran parte del mantello roccioso di Mercurio, facendo così rimanere all’interno il grande e denso nucleo metallico.

Mercurio e il magnetismo solare

La nuova ricerca rende noto che in realtà il vero responsabile di com’è oggi Mercurio potrebbe essere un altro, ossia il magnetismo solare.

William McDonough, professore di geologia all’Università del Maryland, e Takashi Yoshizaki, della Tohoku University, a riguardo hanno realizzato un modello. Questo illustra che la densità, la massa e il contenuto di ferro del nucleo di un pianeta roccioso, sono influenzati dalla distanza dal campo magnetico del Sole.

William McDonough, ha spiegato che: “I quattro pianeti interni del sistema solare, che sono Mercurio, Venere, la Terra e Marte, sono costituiti da diverse proporzioni di metallo e roccia. C’è un gradiente con il quale il contenuto di metallo nel nucleo diminuisce man mano che i pianeti si allontanano dal Sole. Il nostro articolo spiega come ciò sia avvenuto, mostrando che la distribuzione delle materie prime, nelle fasi iniziali della formazione del sistema solare, erano controllate dal campo magnetico del Sole”.

Il nuovo studio mostra che, durante la formazione dei pianeti, il campo magnetico del Sole ha attratto a sé il ferro verso il centro del sistema solare. Questo spiegherebbe per quale motivo Mercurio, che è il più vicino al Sole, ha un nucleo di ferro più grande e più denso rispetto ai suoi strati esterni e agli altri pianeti rocciosi come la Terra e Marte.

William McDonough, precedentemente, aveva già ipotizzato un modello per quanto riguarda la composizione della Terra. Questo modello è comunemente usato dagli scienziati planetari per poter determinare la composizione degli esopianeti.

Il nuovo studio rivela che durante le fasi iniziali della formazione del sistema solare, periodo in cui il giovane Sole era solo circondato da una nube vorticosa di polvere e gas, i grani di ferro sono stati attratti verso il centro dal campo magnetico solare.

La formazione dei pianeti

Nel momento in cui i pianeti hanno cominciato a formarsi, attraverso gli ammassi della polvere e dei gas presenti, quelli più vicino al Sole hanno accumulato una quantità maggiore di ferro rispetto a quelli situati più distanti.

I ricercatori, inoltre, hanno scoperto che la densità e la proporzione di ferro nel nucleo di un pianeta roccioso, è direttamente proporzionale alla forza del campo magnetico attorno al Sole, presente durante la formazione planetaria.

Lo studio svolto suggerisce che il magnetismo dovrebbe una condizione di cui tener conto per quanto riguarda i futuri tentativi di caratterizzare la composizione dei pianeti rocciosi, anche per quelli al di fuori del sistema solare.

La composizione del nucleo di un pianeta è una condizione molto importante per quanto riguarda le potenzialità di sostenere la vita. Nel caso della Terra, il suo nucleo di ferro fuso forma una magnetosfera, in grado di proteggere il pianeta dai raggi cosmici. Inoltre, il nucleo possiede a maggior parte del fosforo del pianeta, un nutriente fondamentale per poter sostenere la vita che si basa sul carbonio.

I modelli esistenti della formazione planetaria

William McDonough, sfruttando i modelli esistenti di formazione planetaria, è riuscito a determinare la velocità con cui il gas e la polvere sono stati attratti verso il centro del sistema solare durante la sua formazione.

Il ricercatore ha esaminato il campo magnetico generato dal Sole quando si è attivato, determinando così in quale modo quel campo magnetico potrebbe avere attirato il ferro presente nella nube di gas e di polvere.

La polvere e il gas, nel momento in cui il sistema solare ha iniziato a raffreddarsi, che non erano stati attratti dal Sole, hanno cominciato ad ammassarsi insieme. Gli addensamenti presenti nei pressi del Sole sono stati esposti ad un campo magnetico più potente. Ed è per questo che possiedono più ferro rispetto a quelli più distanti.

Le forze gravitazionali e i nuclei

Le forze gravitazionali dei pianeti rotanti, mentre i grumi di polvere e di gas si addensavano e raffreddavano, hanno spinto il ferro all’interno del loro nucleo.

William McDonough, incorporando nel suo modello i calcoli relativi alla formazione planetaria, ha riscontrato che il gradiente del contenuto e della densità di metalli, corrisponde perfettamente a ciò che gli scienziati osservano nei pianeti del sistema solare.

Mercurio possiede un nucleo metallico che costituisce circa i tre quarti della sua massa, mentre i nuclei della Terra e di Venere sono solamente un terzo della loro massa. Infine Marte, il più esterno dei pianeti rocciosi, possiede un piccolo nucleo che è solo un quarto della sua massa.

Questo nuovo modo di valutare il ruolo svolto dal magnetismo nella formazione planetaria, determina un impasse nello studio degli esopianeti. Questo perché ad oggi non esiste ancora un metodo per poter determinare le proprietà magnetiche di una stella dalle osservazioni terrestri.

I ricercatori possono solo ipotizzare la composizione di un esopianeta. Le deduzioni si basano sullo spettro della luce irradiata dalla stella presente. I diversi elementi in una stella emettono differenti radiazioni con diverse lunghezze d’onda. Per questo riuscire a misurare le lunghezze d’onda, può rivelare di cosa sono fatti la stella e presumibilmente i pianeti presenti intorno ad essa.

Conclusioni

William McDonough, ha dichiarato che: “Non si potrà più dire semplicemente, oh, la composizione di una stella assomiglia a questa, di conseguenza i pianeti intorno ad essa devono assomigliare a questo”.

William McDonough, conclude affermando che: “Adesso bisognerà ipotizzare che ogni pianeta potrebbe avere più o meno ferro in base alle proprietà magnetiche della stella presenti nelle prime fasi di formazione del sistema stellare analizzato”.

I ricercatori adesso vogliono individuare un altro sistema planetario simile al nostro, che possiede pianeti rocciosi disposti su ampie distanze dalla loro stella.

Se la densità di questi pianeti dovesse diminuire con la distanza dalla loro stella, così come accade nel nostro sistema solare, allora i ricercatori potrebbero confermare questa nuova teoria. Inoltre, potrebbero ipotizzare che un campo magnetico ha potuto influenzare la formazione planetaria.

FONTE:

APPROFONDIMENTI:

https://progearthplanetsci.springeropen.com/articles/10.1186/s40645-021-00429-4

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