lunedì, Settembre 16

“Moti” globali della società

È un mondo in veloce movimento quello in cui viviamo; un costante flusso di scambi, di relazioni tra “elementi” che costituiscono e trasformano la realtà quotidiana; una declinazione globale dell’idea di moto.

“Tutto scorre”: i giorni, le emozioni, i passi per raggiungere i nostri obiettivi, desideri; scorrono le ore di una quotidianità che è in continua trasformazione. Anche quando la nostra vita può sembrare “piatta“, accade che in un luogo del mondo qualcosa stia invece accadendo e trasformando una porzione di realtà; questo mantiene in movimento anche noi.

La dimensione della globalità implica il coinvolgimento di sempre più luoghi nel mondo, e dunque, ci porta attraverso le cose quotidiane anche quando ci sembra di rimanere fermi, in piedi davanti alla finestra.

Un nuovo marchio d’abbigliamento, un problema ambientale, la nascita di una nuova vita o l’elezione politica di un presidente.. Qualunque sia la circostanza per cui da qualche parte accade un fatto, la declinazione di interdipendenza tra le varie realtà politiche, economiche, culturali (…) favorisce la procreazione di realtà, garantendo l’inarrestabilità del movimento, nel luogo in cui quel “qualcosa accade”, così come dove tutto pare fermo.

“La vita è incessantemente in movimento; ci si potrebbe mai fermare?”

Di per sé, la società come elemento e frutto di “relazioni” esiste come moto, spostamento, trasformazione – si potrebbe pensare ad una società ferma? –; non si può discutere la condizione necessaria del mondo di perpetuare – concettualmente – il moto, e di garantire – socialmente (la società è comunque una costruzione, un incontro tra “relati”) – lo sviluppo del ben-essere. “Il fardello dell’uomo bianco” ottocentesco ha contribuito profondamente nell’incentivazione alla spinta creatrice delle civiltà – in particolare, della civiltà occidentale -, allo slancio inarrestabile della riproduzione della condizione di movimento vitale; tanto da farne sia causa che fine a cui volgere.. tanto da essere giunti a temere l’arresto, la quiete.

Quale senso può acquisire allora la nostra irrefrenabile ricerca di movimento, se include “tutto purché non ci si fermi”?

Il moto a cui la società è devota non funge da strumento di relazione tramite cui raggiungere un fine – “tramite il movimento si può realizzare quell’obiettivo, quella realtà, quell’incontro..” ; è al contrario il moto ad essere servito dalla società: “il movimento è lo scopo della relazione sociale, per la cui realizzazione gli uomini impiegano determinati mezzi”.

L’incessante “ricerca del meglio” diviene una spinta alla trasformazione perpetua, al volgere costantemente verso altre direzioni da quelle in cui ci si trova..

La quotidianità – il moto della vita come concetto all’interno della cornice sociale, che, inevitabilmente è incessante –  della Globalizzazione (sintesi delle complessità e parzialità) realizza l’ideale di efficienza del movimento dell’uomo nella civiltà – con le trasformazioni che ha comportato questo tipo di ricerca degli uomini per secoli -, ma rivela anche la sua fattività disgregante, attraverso l’impiego (per buona parte) intenzionalmente smisurato che se ne fa per rimanere al passo “coi tempi; con il futuro che arriva, e che ripassa in un attimo..”.

Ricerche, innovazioni; modi di vivere e convivere, per migliorare la qualità del tempo della relazione umana, del suo movimento, portano dopo secoli a domandarsi cosa possa significare muoversi, volgere ovunque, rischiando di rimanere sempre nell’ “hic et nunc”..

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