giovedì, Settembre 19

Nebbia d’Autunno, l’ultima grande offensiva di Hitler

Nell’inverno del 1944 il destino della Germania nazista è segnato. L’unico, forse che non vuole rendersene conto è Adolf Hitler che nonostante il parere contrario di molti dei suoi generali progetta un’audace quanto disperata offensiva sulle Ardenne.

Questo nonostante i rigori dell’inverno, l’inesistenza di un’efficace copertura aerea, la scarsità di carburante e di truppe d’elite. L’obiettivo era riprendersi Anversa e spezzare in due tronconi il fronte alleato. Per l’offensiva furono create due nuove armate corazzate, raccolte 30 divisioni ed accumulata una preziosa scorta di carburante.

In un ordine del giorno del 16 dicembre il Furher scrive: “Se sarete coraggiosi, intraprendenti e volenterosi viaggerete su veicoli americani e mangerete del buon cibo americano. Se invece sarete codardi, indolenti e stupidi, soffrirete la fame ed arriverete a piedi alla Manica.”

Due giorni dopo, il 18 dicembre, l’operazione Nebbia d’Autunno, come era stata ribattezzata, in origine si sarebbe dovuta chiamare “guardia sul Reno”, viene scagliata contro la parte ritenuta debole del fronte tenuto dalla Prima Armata di Hodges.

La sorpresa tattica e strategica è assoluta, i tedeschi sfondano le linee americane per un fronte di 70 chilometri. I soldati americani presi di sorpresa cadono nel panico e fuggono disordinatamente davanti alle colonne dei carri armati delle SS.

La fitta nebbia che grava sulla zona impedisce agli aerei alleati di intervenire per arrestare l’avanzata delle forze tedesche. Per due giorni le truppe tedesche dilagano nella breccia aperta. Uno dei responsabili di questo disastro è il capo del servizio informazioni di Eisenhower il maggior generale britannico Kenneth Strong che nonostante gli accurati dispacci di ULTRA interpreta l’ammassarsi delle truppe tedesche nel punto dell’offensiva come semplici operazioni di riorganizzazione.

Strong comunque condivide le sue responsabilità con la maggioranza degli alti comandi alleati che nutrivano l’inossidabile convinzione che la loro supremazia in termini di armamenti e uomini rendesse impossibile per il nemico qualunque manovra offensiva di natura strategica.

La paura regnava ovunque” scrisse Donald Burgett della Centounesima divisione avio trasportata unità che ebbe un ruolo preminente nella stabilizzazione del fronte, “Quando il primo uomo in preda al panico scappa, gli altri lo imitano ed è tutto finito. Sembrano una mandria impazzita, corrono con gli occhi sbarrati, spinta dalla paura.” Durante l’offensiva delle Ardenne i civili belgi soffrirono terribilmente per mano di entrambi gli schieramenti.

Durante la breve rioccupazione di alcuni centri da parte delle forze tedesche queste si abbandonarono oltre che a saccheggi, anche a giustiziare decine di civili accusati di complicità con la Resistenza o semplicemente come monito per gli altri.

I bombardamenti indiscriminati alleati da parte loro fecero moltissime vittime di innocenti civili come ad esempio nella piccola città di Houffalize dove 184 persone morirono in seguito agli attacchi aerei o al tiro di artiglieria. Di questi 27 avevano meno di quindici anni. L’incursione di piccoli reparti di commandos nazisti guidati da Otto Skorzeny vestiti con le uniformi americane provocarono una vera e propria sindrome da “quinta colonna” ed i soldati americani giustiziarono sul posto tutti i tedeschi catturati con le loro uniformi addosso.

Nonostante il successo iniziale dello sfondamento gli Alleati avevano dalla loro parte tutti i numeri necessari per respingere l’offensiva tedesca, ad iniziare dalla totale supremazia nei cieli. Un numero sufficiente di unità americane riuscì a resistere con accanimento soprattutto lungo i lati della breccia impedendo così che lo sfondamento diventasse una rotta.

Con il passare dei giorni invece la situazione per i tedeschi si faceva sempre più complicata ad iniziare dall’approvvigionamento di carburante e munizioni che doveva affrontare enormi difficoltà logistiche lungo le strette e tortuose gole delle Ardenne. Inoltre dietro le formazioni di elite dei Panzer delle SS la fanteria che seguiva era la pallida copia delle unità che il Reich era stato in grado di schierare nel 1940-41.

Le formazioni di Model iniziarono ad essere rallentate dalla penuria di carburante. Il 22 dicembre il tempo migliorò al punto di permettere agli aerei alleati di decollare con conseguenze devastanti per i panzer tedeschi. Le avanguardie corazzate tedesche riuscirono a proseguire ancora per un centinaio di chilometri verso Foy-Notre-Dame ma poi si dovettero fermare perché erano praticamente a secco.

Il 3 gennaio 1945, mentre era già in progressione l’attacco della 3ª Armata di Patton nel settore meridionale della sacca, anche la 1ª Armata statunitense del generale Hodges, passata sotto il controllo del maresciallo Montgomery, incominciò la sua controffensiva nel settore settentrionale della sacca. I tedeschi avevano perso un quinto dei soldati impegnati nell’operazione Nebbia d’Autunno e quasi tutti i carri e gli aerei. Il capitano della Wehrmacht Rolf Helmut Schroder scrisse in seguito: “Concludemmo la battaglia la dove l’avevamo iniziata ed allora capii che era proprio finita”.

Gli Alleati non ebbero abbastanza coraggio da intercettare la ritirata tedesca limitandosi a seguirla e lasciando quindi a Model la possibilità di mettere in salvo quello che rimaneva dello schieramento iniziale. L’eredità che l’offensiva delle Ardenne lasciò a molti comandanti alleati fu un’eccessiva cautela nel condurre le successive operazioni militari che contraddistinguerà tutte le azioni intraprese fino alla conclusione del conflitto.

L’offensiva delle Ardenne si concluse in modo estremamente negativo per i tedeschi che subirono perdite pesanti di uomini e materiali tra le loro formazioni migliori senza ottenere risultati strategici significativi; al contrario l’indebolimento del fronte est favorì l’avanzata sovietica del gennaio 1945, costringendo alla fine Hitler e l’OKW a rinunciare a ulteriori offensive all’ovest e a trasferire in fretta forze a est per proteggere il cuore della Germania.

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