Chissà come ci è finito, ma L’albero degli Zoccoli (1978) di Ermanno Olmi è su Netflix Italia. Fortunatamente, la società ha comprato i diritti e ha reso così disponibile al grande pubblico uno dei 100 film italiani da salvare. Questa felice presenza è un’occasione per tornare a parlare di un film che compirà presto 50 anni. È molto difficile dire qualcosa di nuovo considerati i fiumi d’inchiostro già versati a riguardo, ma tentar non nuoce.
Fine Ottocento. Si narrano le vicende di quattro famiglie in una cascina di Palosco, un villaggio nella campagna bergamasca. La vita e le mansioni dei contadini sono cadenzate dall’alternarsi delle stagioni. La realtà rappresentata ne L’albero degli zoccoli stride con la frenesia della contemporaneità non tanto per i ritmi di lavoro – al giorno d’oggi pochi sarebbero in grado di sostenere quelli del mondo contadino – ma piuttosto per il carattere esistenziale e il valore profondamente umano che danno forma e spessore a ogni gesto compiuto dai protagonisti.
L’uccisione e la pulitura del maiale è fondamentale per procurarsi riserve di cibo sufficienti per affrontare l’inverno. Il figlio quattordicenne della vedova Runc deve lavorare al mulino per aiutare la madre a sostentare la famiglia. Batistì si prende il rischio di abbattere illecitamente un albero per fabbricare nuovi zoccoli al figlio e permettergli così di tornare a scuola.
Ma l’esempio più significativo è la scena del racconto di Batistì nella stalla. Il contadino narra la macabra storia di un uomo che scoperchia una tomba e taglia la mano di un cadavere per impossessarsi degli anelli. Uscendo dal cimitero, egli incontra una donna che chiede un passaggio sul suo calesse per tornare a casa. L’uomo accetta, e al momento di scendere fa un gesto inteso a prendere la mano della signora per aiutarla.
A questo punto Batistì, impersonando la donna, spaventa il suo pubblico esclamando: “la mia mano ce l’hai te!”. Il racconto si conclude tra le risate generali e con un ragazzo che, dallo spavento, cade nel luogo prescelto da un bovino per depositare i propri scarti.
Anche (o soprattutto) questo episodio ha un significato profondo. La storia, e con essa la risata, diventa un potentissimo strumento di unione tra le famiglie di Palosco. L’unione, tuttavia, è costantemente minacciata dalle incombenze della vita e i protagonisti combattono per preservarla.
L’opera di Olmi è un baluardo contro i caratteri sempre più effimeri che contraddistinguono determinati modi vivendi della nostra epoca. Ancor più lo diventa se inserita nel mutevole catalogo di Netflix. Prima o poi lo spazio nel database della piattaforma si esaurirà, e occorrerà dare spazio a nuovi contenuti. Ma non è escluso che L’albero degli zoccoli continuerà a resistere negli anni. Staremo a vedere.
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