giovedì, Settembre 19

Nuove informazioni sul perché la Terra è diventata ospitale per la vita e il suo gemello no

Nuove informazioni sul perché la Terra è diventata ospitale per la vita e il suo gemello no. Gli scienziati si sono sempre chiesti se Venere sia stato sempre così inospitale, oppure se in qualche modo poteva apparire oggi come una terra desolata. La nuova ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature.

Gli studi precedenti ipotizzavano Venere come un pianeta ricoperto da oceani. Il nuovo studio, invece, ha scoperto esattamente il contrario, ossia che probabilmente Venere non è mai stata in grado di ospitare gli oceani. I ricercatori hanno inoltre stabilito che una sorte simile sarebbe potuta accadere alla Terra, se ci fossero state delle condizioni leggermente diverse.

Venere, il gemello della Terra

Venere, il nostro vicino planetario, è definito gemello della Terra per via delle sue dimensioni e densità molto simili al nostro pianeta. Per il resto i due pianeti sono completamente diversi.

La Terra è un luogo ospitale per la vita, mentre Venere, invece, è un pianeta senza vita caratterizzato da un’atmosfera tossica di anidride carbonica 90 volte più spessa della nostra, nuvole di acido solforico e temperature superficiali che raggiungono gli 864 gradi Fahrenheit, equivalenti a 462 gradi Celsius, talmente calde da riuscire a sciogliere il piombo.

Un team di astrofisici, per riuscire a comprendere cosa sia accaduto ai due pianeti rocciosi e per quale ragione siano divenuti così diversi, ha simulato le loro condizioni iniziali, ossia quando i pianeti del nostro sistema solare si sono formati, esattamente 4,5 miliardi di anni fa. Il team ha utilizzato i modelli climatici simili a quelli usati dai ricercatori quando simulano i cambiamenti climatici sulla Terra, per poter osservare indietro nel tempo sia la giovane Venere che la primordiale Terra.

La ricerca

La Terra e Venere, 4 miliardi di anni fa, erano delle fornaci bollenti ricoperte di magma. Gli oceani si creano solamente quando le temperature sono abbastanza fresche da consentire all’acqua di condensarsi e cadere sotto forma di pioggia per migliaia di anni. La Terra, in questo modo, nell’arco di decine di milioni di anni ha creato gli oceani. Venere, invece, ha continuato a rimanere rovente.

Il nostro Sole, durante il periodo di formazione dei pianeti, era all’incirca il 25% più debole di come è adesso. Questa condizione però non ha permesso a Venere di raffreddarsi, dato che è il secondo pianeta più vicino al Sole. Il team di ricercatori si è quindi chiesto se la presenza di nuvole avrebbero potuto aiutare Venere a raffreddarsi.

Il modello climatico creato dai ricercatori ha contributo a far comprendere il ruolo delle nuvole, scoprendo però delle informazioni completamente inaspettate. Le nuvole, durante la simulazione, si sono raggruppate sul lato notturno di Venere, finendo così per non proteggere il lato diurno del pianeta dal Sole. Venere, nonostante sia bloccata in marea rispetto al Sole, dove quindi un lato del pianeta è sempre rivolto verso la stella, possiede comunque una velocità di rotazione estremamente lenta.

Le nuvole nel lato notturno, invece di schermare Venere dal calore, hanno contribuito a creare un effetto serra, che ha intrappolato il calore all’interno della densa atmosfera del pianeta, mantenendo così le temperature elevate. Venere, con questo calore costante, era troppo calda da poter far piovere. L’acqua, a causa di queste condizioni, è rimasta sotto forma gassosa, intrappolata sotto forma di vapore acqueo nell’atmosfera.  

Martin Turbet, autore principale dello studio, ricercatore presso il Dipartimento di Astronomia della Facoltà di Scienze e Scienze dell’Università di Ginevra e membro del National Center of Competence in Research PlanetS, Svizzera, ha dichiarato che: “Le alte temperature presenti su Venere, hanno fatto si che l’acqua rimanesse presente sotto forma di vapore, come in una gigantesca pentola a pressione”.

Per quale ragione la Terra poteva avere lo stesso destino?

Le cose sarebbero potute andare allo stesso modo per la Terra, se il nostro pianeta fosse stato leggermente più vicino al Sole o se la nostra stella fosse stata luminosa allora come lo è adesso.

La Terra, grazie al fatto che il Sole era molto più debole miliardi di anni fa, è stata in grado di raffreddarsi abbastanza dal suo stato fuso, tanto da consentire all’acqua di formare e mantenere gli oceani. Il debole giovane Sole è stato quindi un ingrediente chiave per poter formare i primi oceani sulla Terra”, secondo quanto riportato da Martin Turbet,

Secondo quanto affermato da Emeline Bolmont, coautrice dello studio e professore all’Università di Ginevra : “Questa nuova informazione capovolge completamente il modo in cui guardiamo quello che è stato a lungo denominato il paradosso del debole giovane Sole”.

Emeline Bolmont, continua spiegando che: “È sempre stato considerato un grosso ostacolo alla comparsa della vita sulla Terra. Ma invece si scopre che per la giovane Terra molto calda, questo debole Sole potrebbe essere stato in effetti un’opportunità insperata”.

I ricercatori, precedentemente, credevano che se la radiazione solare fosse stata più debole miliardi di anni fa, la Terra si sarebbe potuta trasformare in una palla di neve. Ma invece era vero il contrario. I risultati della ricerca mostrano la varietà dei modi in cui i pianeti rocciosi si sono evoluti nel nostro sistema solare.

L’oceano terrestre esiste da quasi 4 miliardi di anni. Esistono prove tangibili che Marte fosse coperto da fiumi e laghi tra i 3,5 miliardi e i 3,8 miliardi di anni fa. La nuova ricerca ora ha fatto comprendere che su Venere non ci sono mai state le condizioni adatte per poter creare acqua allo stato liquido sulla sua superficie.

Ben oltre il nostro sistema solare

La nuova ricerca potrebbe essere applicata anche agli esopianeti, ossia i pianeti presenti al di fuori del nostro sistema solare. Martin Turbet, ha dichiarato che: “I nostri risultati hanno fornito delle forti implicazioni per gli esopianeti, in quanto suggeriscono che una grande frazione di essi, che si pensava fossero in grado di avere oceani di superficie di acqua liquida, sono probabilmente ora essiccati, perché non sono mai riusciti a condensare, e quindi, a formare i loro primi oceani”.

Martin Turbet, continua spiegando che: “Queste informazioni sono particolarmente importanti per gli esopianeti presenti attorno a stelle di piccola massa come TRAPPIST-1, che saranno i principali obiettivi della NASA e del James Webb Space Telescope dell’ESA, che sarà lanciato a dicembre di quest’anno”.

Conclusioni

Le future missioni su Venere potrebbero aiutare a testare la teoria avanzata da Martin Turbet e dal suo team. Il ricercatore termina spiegando che: “I nostri risultati si basano su modelli teorici e sono un elemento importante per rispondere a molti quesiti. Ma servono comunque osservazioni per pronunciarsi definitivamente sulla questione! Speriamo che le future missioni spaziali EnVision, VERITAS e DAVINCI+ ci forniscano una risposta definitiva”.

Queste missioni della NASA e dell’Agenzia spaziale europea, il cui lancio è previsto per la fine del decennio, aiuteranno gli scienziati a comprendere le più antiche caratteristiche della superficie di Venere, definite tessere. Queste “potrebbero contenere prove di tracce passate della presenza, o dell’assenza di liquidi di acqua sulla superficie di Venere”, secondo quanto riportato da Martin Turbet.

FONTE:

https://edition.cnn.com/2021/10/13/world/venus-oceans-earth-scn/index.html

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