Storia

L’operazione Torch: vittoria o fallimento?

L’Operazione Torch: vittoria o fallimento? Già dalla fine del 1941 e con maggiore insistenza nel corso del 1942, la Russia di Stalin chiedeva insistentemente l’apertura di un secondo fronte per allentare la pressione delle armate hitleriane in territorio sovietico. Questa esigenza del leader sovietico venne cavalcata anche da Roosevelt che deisderava impegnare l’esercito statunitense direttamente sul teatro europeo, rimanrcando il suo desiderio di dare la priorità alla lotta contro la Germania nazista piuttosto che contro il Giappone.

La genesi dell’operazione Torch

Finalmente, sia pure scegliendo un obiettivo minore, Churchill e Roosevelt informarono Stalin della progettazione di uno sbarco in Marocco e Algeria, che venne denominato Operazione Torch (Torcia). I russi non mancarono di protestare, per loro, questo sbarco nell’Africa Settentrionale era un diversivo insufficiente e certamente non l’apertura del vero e auspicato secondo fronte. Gli alleati cercarono di indorare la pillola e assicurarono a Stalin che la conquista dell’Africa settentrionale avrebbe costituito la piattaforma ideale per quello che Churchill definiva l’attacco al ventre molle dell’Asse, ovvero l’Italia. Inoltre i convogli inglesi che attraversavano il Mediterraneo diretti verso il Medio e l’Estremo Oriente si sarebbero giovati di una sostanziale impunità una volta completata la conquista.

Per preparare Torch gli strateghi americani ebbero appena sei settimane di tempo, un’inezia rispetto alla complessità e al gigantismo di questa operazione, seconda soltanto allo sbarco in Normandia. Il piano prevedeva due flotte, stracariche di uomini e materiali, che avrebbero dovuto attraversare l’Atlantico dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. Dopo due settimane di viaggio le due flotte si sarebbero dovute incontrare al largo di Gibilterra. Si sarebbero poi separate verso i loro obiettivi, effettuando tre sbarchi simultanei su più di 1500 km di costa.

Venticinquemila statunitensi al comando del generale Patton sarebbero sbarcati nei pressi del porto di Casablanca, la task force centrale, composta da 39.000 soldati, anch’essi tutti americani, sarebbero sbarcati invece nei pressi di Orano e infine, ad oriente il maggior generale Ryder avrebbe sbarcato i suoi uomini nei pressi di Algeri, due divisioni, una statunitense e una britannica.

Molte cose sarebbero potute andare storte in un’operazione così complessa, preparata in pochissimo tempo, con l’esercito statunitense tutto da provare in combattimento e un comandante in capo, Dwight Eisenhower, che non aveva mia condotto prima truppe in battaglia. L’unico, vero obiettivo di Torch era la conquista del porto di Tunisi, in modo da chiudere in una trappola mortale le forze italo-tedesche, al comando di Rommel.

Il rebus francese

Lo sbarco però prevedeva grandi difficoltà anche dal punto di vista politico-diplomatico oltre che da quello squisitamente militare.
L’obiettivo era infatti evitare che le forze francesi presenti in Marocco e Algeria e tecnicamente sotto il comando del governo di Vichy si opponessero alle forze anglo-americane consentendo a queste ultime di sorprendere le truppe italiane e tedesche che andavano schierandosi in Tunisia.
Il cosiddetto Esercito d’Africa e l’Amministrazione coloniale francese erano violentemente anglofobi, cosi come la Marina francese che non aveva dimenticato l’aggressione inglese a Mers el Kebir nel 1940.

Si decise pertanto come prima mossa di dare una forte colorazione USA all’operazione, il comando supremo fu affidato al generale americano Dwight Eisenhower e la stragrande maggioranza delle truppe impegnate nell’operazione Torch fu statunitense, costituendo questa operazione militare il vero e proprio battesimo di fuoco sul teatro europeo degli yankee. L’altro grosso problema politico era rappresentato da Charles De Gaulle, il governo di Vichy lo considerava un traditore perchè si era opposto alla firma della capitolazione della Francia alla Germania, mentre ovviamente il generale De Gaulle, considerava gli uomini di Petain una manica di traditori e collaborazionisti con il nemico.

De Gaulle non risultava particolarmente simpatico né a Churchill né al Presidente americano, entrambi detestavano l’alterigia e l’arroganza del francese, convinti inoltre che egli non avesse un reale seguito in Francia. Per questo gli alleati decisero di non far partecipare all’operazione Torch alcun contingente francese, con l’unica eccezione del generale Giraud e si adoperarono per trovare dei contatti politico-diplomatici con l’amministrazione di Vichy in Africa al fine di ottenere almeno la completa neutralità in vista dello sbarco.

La missione del generale Clark

Tre settimane prima dello sbarco, un sottomarino condusse il generale Mark Clark in Africa per definire gli ultimi accordi di non belligeranza. Accordi che quando il 9 novembre 1942, una grande flotta di 850 navi provenienti dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti, sbarcò forti contingenti di truppe, sostanzialmente ressero. Alcuni reparti francesi si opposero ad Orano e Casablanca ma sostanzialmente le forze alleate marciarono spedite verso la conquista degli obiettivi.

Il generale Giraud, noto esponente di destra, unico militare francese aggregato all’Operazione Torch con il compito di curare i collegamenti con l’amministrazione coloniale francese fu accolto da quest’ultima molto freddamente. Un colpo di fortuna arrise agli americani, quando il figlio dell’ammiraglio Darlan, noto collaboratore con i tedeschi e probabile successore di Petain, colpito da una forma di paralisi fu ricoverato all’ospedale di Algeri.


Qui inevitabilmente entrò in contatto con Eisenhower che si convinse che Darlan era l’unica figura in grado non soltanto di impedire gli scontri tra le truppe francesi e gli alleati ma anche di convincere la flotta di stanza a Tolone a salpare e consegnarsi ai porti africani conquistati dagli americani.
Darlan iniziò a tergiversare, un giorno facendo mostra di voler concludere l’accordo con gli americani e il giorno dopo impuntandosi su dettagli o nuove richieste. Nel frattempo Petain via radio aveva fatto sapere che sconfessava l’operato del suo delfino. La realtà rese inutile ogni azione di Darlan, i  soldati francesi avevano iniziato ad arrendersi spontaneamente.

Torch alla prova dei fatti

Al netto dei tentativi di disinnescare la minaccia francese, i problemi durante l’Operazione Torch si presentarono ben presto. Il tentativo di assicurarsi il porto di Orano (operazione Reservist) si risolse in un clamoroso fallimento e furono proprio i francesi a sterminare 346 dei 393 uomini che con un colpo di mano avrebbero dovuto assicurarsi il controllo del porto. Nonostante il fallimento di questa operazione e di un’altra, ribattezzata Villan, sia pure in messo ad una confusione generalizzata, le forze statunitensi circondarono Orano e penetrarono nella città sbaragliando la resistenza francese.

Una situazione simile avvenne ad Algeri dove avvennero almeno sei sbarchi, ad est e ovest della città. Ma quando gli Alleati tentarono di conquistare direttamente il porto di Algeri e di catturarlo (Operazione Terminal) finirono sotto il fitto fuoco francese. Le perdite furono massicce: quasi tutto il Terzo battaglione del 135° Reggimento di fanteria, fu annientato.

La città fu presa il 9 novembre. Altre difficoltà le forze da sbarco incontrarono nel tentare di prendere il controllo di Casablanca. Il 10 novembre, un generale Patton sempre più frustrato ricevette un cablo dal suo vecchio amico Eisenhower.

“Caro Georgie”, recitava, “l’unica noce ancora da rompere è nelle tue mani. Spaccala in tutta fretta e dimmi cosa ti serve”. Quella notte Patton ordinò un furioso bombardamento di Casablanca dalla terra e dal mare e il giorno dopo le forze francesi si arresero. Il Marocco era stato infine conquistato al prezzo di oltre 1.100 vittime.

Fin li Torch fu contrassegnata da una grande confusione organizzativa e dall’inesperienza dei soldati statunitensi che al primo contatto con il fuoco nemico si gettavano a terra e in certi casi si ritiravano disordinatamente.

La corsa verso Tunisi

A quel punto era evidente per Hitler e il suo alleato Mussolini che se Tunisi non fosse stata difesa, oltre alle Sesta Armata di Paulus, anche quello che rimaneva dell’Afrika Corps sarebbe stato accerchiato e annientato. Per questo Kesserling su ordine diretto del Fuhrer organizzò a tempo di record la difesa della città. Il 12 novembre Tunisi era in mano alle forze tedesche, mentre la Wermacht occupava la Francia di Vichy e la Corsica.

L’importante porto di Dakar passò nelle mani degli alleati. Il 25 novembre le forze alleate si trovavano a meno di 30 km dalla Tunisia, la conquista della quale sembrava ormai cosa fatta. I giorni persi però nella ricerca di un accordo politico con i francesi e i pochi ma virulenti focolai di opposizione trovati, la confusione organizzativa e i problemi della logistica, avevano permesso ad Hitler di occupare la Tunisia.

Nuove truppe inviate dal continente e poste al comando del generale Hans-Jürgen von Arnim furono inviate per rafforzare il dispositivo difensivo. Nel frattempo il feldmaresciallo Rommel si ritirava nel ridotto del Mareth, facilmente difendibile anche con poche truppe, peraltro in maggioranza veterani dell’Afrika Korps e delle divisioni italiane superstiti dalla battaglia di El Alamein.

Lì l’avanzata alleata venne contrastata efficacemente, anche con alcune vittorie contro le forze americane avanzanti, la cui inesperienza venne duramente messa in risalto nelle battaglie di Sidi Bou Zid e di Kasserine. L’obiettivo iniziale di Torch degli gli Alleati era fallito ed essi furono costretti ad una lunga campagna di attrito e logoramento che si concluse soltanto fino alla inevitabile resa tedesca, il 13 maggio 1943.

Per saperne di più:

Henri Giraud

Natale Seremia

Appassionato da sempre di storia e scienza. Divoratore seriale di libri e fumetti. Blogger di divulgazione scientifica e storica per diletto. Diversamente giovane. Detesto complottisti e fomentatori di fake news e come diceva il buon Albert: "Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi."

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