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Ossigeno: nuova tecnologia per le future missioni spaziali

Ossigeno: nuova tecnologia per le future missioni spaziali. I ricercatori hanno trovato un nuovo metodo per produrre ossigeno per le future missioni sulla Luna e su Marte. La tecnologia non è ancora pronta, ma potrebbe essere presto disponibile. L’ossigeno verrebbe prodotto utilizzando la tecnologia solare sperimentale.

Le future missioni sulla Luna e su Marte potrebbero utilizzare una combinazione high-tech di energia solare e reazioni chimiche per produrre ossigeno. Questo elemento potrebbe persino essere usato come carburante per missili, partendo dal ghiaccio lunare o dall’anidride carbonica presente nell’atmosfera marziana.

Per comprendere meglio la tecnologia basta pensare ad una versione high-tech della fotosintesi, ossia il processo che aiuta le piante a convertire la luce solare e l’anidride carbonica in energia chimica e ossigeno. Gli ingegneri hanno lavorato per anni sulla tecnologia, denominata celle fotoelettrochimiche (PEC).

Ossigeno: la ricerca

La ricercatrice di fotosintesi dell’Università di Warwick Katharina Brinkert e i suoi colleghi in un recente studio, hanno calcolato dei dati che suggeriscono che le cellule PEC potrebbero funzionare abbastanza bene, tanto da essere utilizzate sulla Luna e, infine, anche su Marte. Basta solo utilizzare la luce solare.

Le celle PEC sono una tecnologia all’avanguardia, ma il principio alla base è piuttosto semplice. Innanzitutto, la luce solare colpisce un materiale chiamato fotosensibilizzante. Esistono diversi materiali che possono essere fotosensibilizzatori. Le piante sono la versione naturale di questa tecnologia. Ma anche alcuni materiali che sono semiconduttori, sono fotosensibilizzatori. L’obiettivo centrale del fotosensibilizzatore è quello di trasmettere l’energia della luce solare ad altre molecole attraverso una reazione chimica.

Il risultato finale, senza approfondire la chimica, è che la luce del Sole aiuta a innescare reazioni chimiche, che possono scomporre le molecole d’acqua in ossigeno, da respirare, e idrogeno, da usare come carburante per i missili, o anidride carbonica in ossigeno e carbonio per ogni sorta di scopo. Katharina Brinkert e i suoi colleghi affermano che i futuri coloni lunari potrebbero realizzare dei fotosintetizzatori con dei materiali che sono già presenti sulla Luna.

Ossigeno: i dettagli della tecnologia

Riuscire a dividere l’acqua nei suoi atomi componenti non è un’idea nuova, ed esistono già una manciata di tecnologie per farlo. Ma la maggior parte di esse sono ingombranti, complesse e costose. I sostenitori delle celle PEC affermano che sono un’alternativa compatta, che potrebbe essere sufficientemente ampliata per supportare un insediamento lunare.

I pannelli solari a bordo della Stazione Spaziale Internazionale generano elettricità per tutto ciò che si trova a bordo, tra cui il dispositivo che divide le molecole d’acqua per produrre ossigeno. In un dispositivo PEC, invece, la luce solare è direttamente coinvolta nella reazione chimica, non solo una fonte di energia per un’altra apparecchiatura. Questa tecnologia è meno efficiente della configurazione della ISS, ma è molto più compatta e coinvolge meno parti mobili. Il che è un vantaggio per qualsiasi apparecchiatura che potrebbe dover essere portata sulla Luna.

Katharina Brinkert e i suoi colleghi volevano capire se le celle PEC potessero effettivamente aiutare i futuri coloni della Luna a convertire il ghiaccio in aria respirabile e idrogeno liquido. Un modo per testarle potrebbe essere quello di mettere le celle PEC in un ambiente che simula le condizioni sulla Luna, dalla temperatura alla presenza di una fine polvere rocciosa chiamata regolite.

Un modo invece molto più semplice per testarlo era mettere le reazioni chimiche che avvengono in una cella PEC in una serie di equazioni, che includevano anche fattori come la temperatura, la quantità di luce solare che avrebbe raggiunto le cellule e gli effetti della regolite.

Conclusioni

I risultati della ricerca sembrano promettenti, secondo un articolo pubblicato sulla rivista Nature. Katharina Brinkert ha spiegato che: “Abbiamo dimostrato che l’applicazione di questi dispositivi potrebbe andare oltre la Terra, e potenzialmente contribuire alla realizzazione dell’esplorazione umana dello spazio”.

Una grande sfida arriva dalla complicata relazione che c’è tra la Luna e la Terra. La Luna è bloccata in ordine di marea, il che significa che ruota una volta ogni volta che orbita attorno alla Terra. Di conseguenza, lo stesso lato della Luna è sempre rivolto verso il pianeta. Questo comporta che un giorno lunare dura circa un mese e metà di quel mese è nella completa oscurità.

Le cellule PEC, quindi, dovranno essere molto efficienti, da riuscire a generare abbastanza ossigeno per poter supportare gli astronauti per un mese con solo due settimane di luce. Inoltre, dovranno assicurarsi che questi dispositivi siano sufficientemente efficienti a lungo termine, un aspetto su cui gli ingegneri qui sulla Terra stanno ancora lavorando.

Katharina Brinkert e i suoi colleghi affermano anche che migliori elettrocatalizzatori potrebbero rendere le celle PEC più efficienti. I rivestimenti autopulenti per la superficie, che assorbe la luce solare, potrebbero impedire alla polvere di diventare un problema. Un aspetto molto importante, soprattutto per le future esplorazioni di Marte. La tecnologia ha quindi un vero potenziale, ma è ancora molto lontana dall’essere pronta per gli astronauti.

FONTE:

https://www.inverse.com/science/this-is-how-future-moon-missions-could-turn-lunar-ice-into-air-fuel

Fabiana Leoncavallo

Laureata in architettura, mi ritengo una persona piuttosto poliedrica. Grande appassionata di scienze, astronomia, storia, letteratura, cinema e serie tv, tutti argomenti che amo descrivere nei miei articoli, che si basano su ricerche valide. Inoltre, amo molto effettuare studi sulla natura, sugli animali, sui cambiamenti climatici, sulla salute e l’alimentazione.

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