Siamo appena usciti dalla fase emergenziale della pandemia di Covid19 che un nuova, serio pericolo si prospetta all’orizzonte. L’influenza aviaria ha già iniziato ad infettare i mammiferi e siamo ad un passo dalla trasmissione del patogeno da uomo ad uomo. La comunità scientifica di virologi e immunologhi è seriamente preoccupata e i primi allarmi si stanno diffondendo per non farci trovare con le “brache calate” anche da questo pericolo, ma procediamo con ordine.
L’influenza aviaria è una malattia degli uccelli causata da un virus dell’influenza di tipo A, che può essere a bassa o ad alta patogenicità. Diffusa in tutto il mondo, l’influenza aviaria è in grado di contagiare pressoché tutte le specie di uccelli, sia in forma relativamente leggere che ad alta patogenicità. Nelle sue manifestazioni più virulente l’esito mortale per il volatile è pari al 100% dei contagi.
Serbatoio naturale del virus dell’influenza aviaria sono le anatre selvatiche, identificate come fonte di contagio per il pollame da allevamento, (polli e tacchini), particolarmente suscettibile alla malattia. Tutti i virus di tipo A sono noti per la loro frenetica mutagenicità e in base al tipo di proteina combinata con il virus (da N1 a N9), il virus acquisisce una denominazione diversa (H5N1, H7N2 ecc).
Il sottotipo più pericoloso è l’H5N1, circolante dal 1997 e che insieme alle sue varianti è il responsabile dell’allarme che si sta diffondendo nel mondo. Negli Stati Uniti l’epidemia di aviaria sta dilagando tra i bovini da latte a causa di un ceppo altamente patogeno di virus H5N1 ritrovato in frammenti anche nel latte pastorizzato in commercio Oltreoceano
La circolazione di questo virus tra i mammiferi (bovini e maiali) acuisce il rischio che si superi l’ultimo ostacolo che impedisce all’influenza aviaria di generare la prossima pandemia, ovvero il passaggio da uomo ad uomo. Fino ad oggi gli uomini che si sono ammalati di aviaria erano persone a stretto contatto con animali infetti ma non si è ancora registrato con certezza il passaggio del virus da uomo ad uomo.
Arnaldo Caruso, Presidente della Società Italiana di Virologia ha dichiarato che “il virus aviario è l’unico che preoccupa realmente” per più di una ragione. In sintesi queste ragioni sono la trasmissibilità per via aerea che da sempre è la più efficace per generare altissimi numeri di contagiati. La sua estrema diffusione grazie alle anatre selvatiche presenti ormai anche in Italia, lungo stagni e corsi d’acqua. E infine la grande mutagenicità di questo tipo di virus.
Non solo l’H5N1 muta freneticamente ma anche altri sottotipi lo stanno facendo. La circolazione tra i mammiferi è ormai l’anticamera del momento più temuto, ovvero quando l’uomo diventerà serbatoio e diffusore del virus. A quel punto se governi e autorità sanitarie non si preparano per tempo, sarà impossibile evitare una nuova pandemia e le caratteristiche di questo virus non fanno ipotizzare assolutamente una minore gravità rispetto a quella di Covid19.
“E’ indispensabile una sorveglianza stringente, molto attenta e molto pronta“, afferma Caruso. “Vanno monitorati non solo gli uccelli, come già si fa da tempo, ma anche altri animali e gli alimenti che ne derivano, dal latte alla carne. E bisogna cominciare a fare controlli, magari a campione, anche sull’uomo“. Soprattutto, “bisogna approntare in fretta dei vaccini da poter somministrare all’occorrenza. Non soltanto vaccini mirati al virus H5N1, ma anche ad altri ceppi che stanno passando ai mammiferi”.
L’Italia dal 1997 al 2005, è stata interessata da 6 epidemie di influenza aviaria, due ad alta e quattro a bassa patogenicità, che hanno colpito principalmente le aree ad alta densità di allevamenti avicoli del Veneto e della Lombardia. Nelle epidemie recenti, a partire dal 2003, è stata documentata la capacità di questo virus di contagiare direttamente anche gli esseri umani, causando forme acute di influenza che in molti casi hanno portato alla morte.
Per saperne di più:
Fonti:
Istituto Superiore di Sanità
ADNKronos
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